Gli occhi spalancati di fronte a qualcosa che sembra troppo più grande di lei, l’atteggiamento di chi sa di essersi conquistata, centimetro dopo centimetro, quel ruolo che ora ‘indossa’ come un abito su misura di fronte ai grandi.
“Alla Marianna bambina direi di credere sempre, di non avere paura, di capire le proprie emozioni senza provare vergogna. Resta come sei…”. Un’emozionatissima BigMama, pseudonimo di Marianna Mammaone, si guarda intorno quasi intimorita di trovarsi lì, in quel corridoio laterale alla maestosa sala oro e blu del Palazzo di Vetro dell’Onu dove ha appena tenuto un discorso di fronte a centinaia di persone arrivate da tutto il mondo.
Da un piccolo paese in provincia di Avellino alla sede delle Nazioni Unite a New York. Passando dalla prima partecipazione al Festival di Sanremo. Un bel salto per quella ragazzina che fin da piccola ha dovuto fare i conti in primis con se stessa e poi col giudizio degli altri, implacabile.
Mentre parla coi giornalisti sembra quasi una bambina – dopotutto ha solo 23 anni – davanti al parco giochi in cui ha sempre desiderato andare, anche se gli argomenti portati sul podio riservato di solito ai più importanti leader mondiali sono tutt’altro che divertenti.
La rapper e attivista Lgbtq+ ha portato all’Assemblea Generale Onu il suo messaggio di uguaglianza, amore universale e di denuncia di bullismo e body shaming, per il programma di formazione “Gcmun talks” voluto da United Network, una organizzazione associata al Dipartimento di Global Communications delle Nazioni Unite. Ad ascoltarla una platea di duemila liceali arrivati da ogni angolo del pianeta.
Come in La Rabbia Non Ti Basta, il brano che BigMama ha portato in gara al 74esimo Festival di Sanremo, “credere nei propri sogni salva”. Salva da quelle emozioni distruttive come appunto la rabbia, salva dai giudizi crudeli che gli altri si sentono in diritto si esprimere. Avere una via di fuga, ritagliarsi uno spazio dove coltivare i propri desideri, piccoli o grandi che siano, salva.
“Per tutta la vita mi hanno fatto credere di essere completamente sbagliata. Il mio fisico faceva in modo che la gente mi valutasse come ‘non abbastanza’ prima ancora che mi si potesse davvero conoscere”. Marianna Mammone inizia così il suo discorso in inglese, senza risparmiare passaggi che riaprono ferite profonde, dolorose. Una persona grassa, spiega, “nell'immaginario degli altri è una persona svogliata, pigra, non attiva, non intelligente, che non ha voglia di migliorare. Per una persona come me sognare era inutile”, ha rievocato la giovane artista con i ragazzi venuti a New York per il programma di formazione.
Per la prima volta nella Grande Mela (dove però era stata vista su un maxischermo di Times Square in collaborazione con Spotify), visibilmente emozionata, la 23enne avellinese ha raccolto il testimone del podio dell'Onu dall'architetto Mario Cucinella, per ripercorrere le tappe della sua storia personale: “Vengo da un paese molto piccolo con una mentalità altrettanto piccola. Ho dovuto sopportare anni di bullismo, verbale e fisico. Ogni giorno della mia infanzia e adolescenza lo ricordo pieno di parole di odio. ‘Cicciona, fai una dieta, fai schifo’”. Parole scandite oggi con consapevolezza, che le sono state scagliate contro troppo a lungo come pietre o lame affilate pronte a incidere sul suo corpo un nuovo segno di violenza. “Ho cercato per anni di evitare la sofferenza stando in silenzio. La prima risposta è stata la rabbia. A 13 anni ho scritto il mio primo pezzo, charlotte, un rap che parla di suicidio e autolesionismo e per tre anni l'ho tenuto tutto per me. BigMama è nata quando ho avuto la forza di metterlo su YouTube”.
Mammone, 24 anni il prossimo 10 marzo, oggi è una donna che zitta non ci sta più, che grida, rivendica, canta le sue battaglie: per il rispetto, per l’amore che non conosca barriere di genere o di orientamento sessuale, per l’uguaglianza di tutte, tutti e tutt*, contro chi discrimina, chi offende, chi giudica.
Con un nuovo album, “Sangue” in uscita per la festa della donna, Marianna ha capito che BigMama per lei era “uno scudo e un’arma”. Pubblicare il nuovo progetto in una giornata così simbolica non è casuale: sarà un disco “dalle parole meno taglienti” per raggiungere più persone possibili, “Racchiuderà ogni pezzettino della mia vita”.
La rapper all'Onu ha infatti parlato dell'esperienza milanese quando si sentiva “più bella del solito ma aveva ancora paura delle persone”, poi della malattia, un linfoma di Hodgkin arrivato quando stava per firmare il suo primo vero contratto discografico e affrontato con 12 sessioni di chemioterapia: “È stato il periodo più buio della mia vita”, ha detto: “La musica mi ha salvata davvero. Sono guarita, e quel periodo mi ha insegnato finalmente che io merito il primo posto. Che se non amo me stessa, nessuno lo fa al posto mio. Che se non salvo me stessa, nessuno lo farà per me”.