Il Blue Monday non esiste (e ne abbiamo le prove)

Nato come stratagemma pubblicitario, il Blue Monday è un esempio di come le credenze possano influenzare la nostra percezione del benessere. Dietro si nasconde una strategia di marketing che, giocando sulle emozioni collettive, sfrutta il sentire comune per vendere soluzioni facili

di MARGHERITA AMBROGETTI DAMIANI
20 gennaio 2025
Oggi è il giorno più triste dell'anno, il Blue Monday

Oggi è il giorno più triste dell'anno, il Blue Monday

Sfatiamo questo falso mito una volta per tutte: il Blue Monday non esiste. È vero, in Italia in questi giorni si sta abbattendo una perturbazione che rischia di rendere i più meteoropatici un po' volubili e non proprio al massimo delle loro potenzialità. E sì, ammettiamolo: la sveglia del lunedì mattina, dopo un weekend di colazioni lente e passeggiate nella natura, può rivelarsi traumatica. Ma no, oggi non è il giorno più triste dell’anno. Quindi non usatelo come scusa per giustificare i vostri malesseri.

E volete sapere tutta la verità? L’idea del Blue Monday nasce, neanche a dirlo, dal marketing. A metà degli anni Duemila, nel 2005 per la precisione, qualche pubblicitario ha deciso di etichettare il terzo lunedì di gennaio come il peggiore dell’anno. Secondo questa teoria, tra buoni propositi già traditi, il Natale appena passato, le spese per i regali, gli impegni di lavoro e il freddo (nell’emisfero boreale), quel giorno non poteva che essere triste. Peccato che si tratti di una supposizione del tutto priva di fondamento.

Ma andiamo con ordine. A tirare fuori il Blue Monday è stato Sky Travel, un canale britannico dedicato ai viaggi. In uno spazio televisivo, lo psicologo Cliff Arnall, tutor in una scuola legata all’Università di Cardiff, presentò la "formula" del giorno più triste dell’anno. Formula che, a dirla tutta, bastava osservare con un po’ di logica per smascherarne l’assurdità: a quale meteo si dovrebbe fare riferimento, ad esempio? Quello di Londra? O quello di Palermo? Eppure, con soli due comunicati stampa, il Blue Monday è diventato una costante delle nostre vite, trasformandosi in uno strumento pubblicitario  nello strumento di marketing. Offerte per sentirsi meno tristi, promozioni su viaggi, suggerimenti per “superare la malinconia”: un business senza alcuna base scientifica.

Il paradosso è che tutto questo ha generato anche effetti negativi. Secondo Snopes, uno dei più famosi siti di fact-checking al mondo, parlare di Blue Monday rischia di essere dannoso per chi soffre di depressione, facendo credere che tutto si possa risolvere con un acquisto o una vacanza. Persino l’Università di Cardiff ha preso le distanze da Arnall, che nel frattempo aveva individuato anche il giorno più felice dell’anno, fissandolo tra maggio e giugno. Guarda caso, lo studio era stato commissionato da un’azienda produttrice di gelati (in Italia conosciuta come Algida).

Mettiamola così: se il Blue Monday può servire a farci riflettere sulla salute mentale, bene, prendiamolo pure come un’opportunità. Ma diciamocelo: sarebbe meglio non aggrapparci a una formula che ha la stessa credibilità scientifica di una dieta che ti promette di perdere 10 chili mangiando solo biscotti al cioccolato. Abbiamo davvero bisogno di un giorno ufficiale per sentirci tristi? Non ci bastano le sveglie che suonano sempre troppo presto, il Wi-Fi che smette di funzionare durante una serie TV o quel vocale da tre minuti che poteva tranquillamente essere un messaggio di due o al massimo tre parole? Forse, più che del Blue Monday, dovremmo liberarci da tutto ciò che ci viene spacciato come "scientifico" solo per venderci qualcosa. Di credenze infondate ne abbiamo già abbastanza.