Cancro, Laura Marziali: “Diritto all’oblio oncologico un primo passo contro le discriminazioni”

L’attivista marchigiana dopo cancro ha dovuto fare i conti con una serie di pregiudizi: “Non ero più considerata una persona normale”. Oggi si impegna ad estirparli con la sua organizzazione C’è Tempo OdV

di GUIDO GUIDI GUERRERA -
10 giugno 2024
Laura Marziali

Laura Marziali

Con due lauree, una in giurisprudenza e l’altra in scienze psicologiche, Laura Marziali è una giovane donna 34enne di origini marchigiane molto apprezzata per la sua tenace presenza sui social, con cui punta a sensibilizzare su importanti temi legati alle malattie oncologiche e al necessario diritto all’oblio.

A soli 28 anni le viene diagnosticato un cancro a causa del quale dovrà affrontare l’odissea di un intervento chirurgico seguito da chemio e radioterapia. Un duro colpo che non è riuscita ad abbatterla, perché con grande lucidità e coraggio ha saputo trasformare quei brutti momenti dando ancora più senso alla propria esistenza. Ha tradotto in un libro la sua esperienza, portandola anche sul palcoscenico del teatro, una dimensione di enorme forza terapeutica che ama da sempre e che la vede protagonista alla scuola di improvvisazione teatrale nella sua città.

L’attivismo di Laura Marziali

Quatto anni fa, poi, Marziali ha dato vita all’organizzazione di volontariato C’è Tempo OdV, presentissima sui canali social, profondendo il suo impegno nel riconoscimento dei diritti non solo dei malati di cancro, ma di quanti sono affetti da varie forme di disabilità. Un ponte ideale gettato tra istituzioni, medicina e tutti quei soggetti coinvolti nelle complesse e delicate questioni che sono state portate all’attenzione nel 2023 alla Camera dei Deputati proprio dalla dottoressa Marziali. Per l’occasione, l’attivista ha insistito sulla necessità della rapida approvazione di una legge che regoli il diritto all’oblio a favore di quanti, troppi, a causa di malattie oncologiche pregresse, si vedono negato l’accesso a concorsi pubblici, a finanziamenti e alle adozioni. Legge (n. 193) che è poi entrata in vigore a dicembre dello scorso anno, dopo l’approvazione di Camera e Senato della proposta.

Laura Marziali
Laura Marziali

Laura, come si sente? O meglio come si sente una persona con i suoi trascorsi nel nostro paese?

“In questa nuova fase della mia esistenza mi sento assolutamente rumorosa. Mi sento una persona che ha imparato in che modo il silenzio possa e debba essere rotto per trasformarsi in parola. Un atto politico che voglio abbia la forza di difendere chi ha vissuto il cancro, o chi lo vive oggi, dalla sostanziale indifferenza di un sistema sociale, culturale e politico la cui tendenza è quella all’esclusione dei tanti che vengono etichettati come persone fragili e quindi sostanzialmente inutili”.

In quali occasioni ha avuto la certezza di essere discriminata e indifesa?

“Dopo l’intervento, la chemioterapia e la radioterapia, sono tornata a vivere la quotidianità, tanto da desiderare, tra le altre cose, di comprare un’auto nuova (che ancora non sono riuscita a comprare). Di fronte al mancato – necessario – finanziamento a causa dell’assenza di copertura assicurativa mi sono accorta che non ero più una persona considerata ‘normale’. Il fatto di aver dovuto dichiarare la mia malattia all’assicurazione mi aveva privata del necessario status sociale di ‘economicamente affidabile’. Ero un soggetto debole. Ero vulnerabile. Quindi non potevo offrire alcuna garanzia. All’inizio avevo pensato che tutto dipendesse dal periodo di terapie prima e dopo il covid, a causa delle quali avevo lavorato poco e perciò non ero riuscita a costruirmi una solida indipendenza economica. Ben presto ho però realizzato come quella fosse decisamente una terribile forma di discriminazione legata alla mia malattia, cosa che certamente non toccava soltanto me. Da quel momento ho deciso di urlare al mondo queste ingiustizie e disuguaglianze che fanno sentire inermi e indifesi i cittadini di fronte a uno Stato troppo incline a trattarci ancora alla stregua di sudditi”.

Quanto sono riusciti a ferirla quei tanti no sbattuti in faccia a causa della sua malattia?

“I troppi ‘no’ ricevuti, perché dopo la questione della macchina negata se ne sono avvicendati degli altri, sempre duri e violenti su di me come macigni. Ne sentivo il peso ad ogni scelta personale, anche la più insignificante, finché ho fatto appello alla mia autostima, consapevole che dovevo finalmente prendermi cura di me stessa, della mia persona: evitando che mi si calpestasse negandomi ogni rispetto. Volevo smettere di pensarmi solo in funzione di quel cancro, che avevo lasciato alle spalle, esattamente alla stregua di tanti altri eventi della mia vita. Con fatica mi sono resa conto che dovevo pretendere una spiegazione per quei ‘no’, non soltanto per me stessa ma a vantaggio di tutti coloro che ogni giorno lottano perché i loro diritti vengano riconosciuti, spesso invano”.

Laura Marziali
Laura Marziali

Quindi c'è ipocrisia. Si esibisce il volto formale di una società empatica, mentre la cruda realtà è ben altra...

“La nostra società non è costruita per essere empatica. Lo sono magari alcune persone. La società in cui viviamo è giudicante e sfrenata nella sua corsa cieca, incapace di risparmiare chi resta indietro. Solo formalmente sembra abbracciare le fragilità ma nella realtà dei fatti è pronta ad emarginare. Il discorso è ampio, complesso e articolato. Quello che mi consola è che tutti noi abbiamo il potere di cambiare le cose, impresa possibile soltanto unendo gli sforzi e facendo fronte comune”.

Quando si è sentita più violata?

“Uno dei momenti in cui mi sono sentita terribilmente violata è stato quando, in risposta a certe mie informazioni legate al percorso di una ipotetica adozione, è stato sentenziato: ‘tu hai avuto il cancro, figuriamoci se ti daranno mai un figlio!’. Mi sono sentita allora fortemente esclusa, quasi fossi una persona di serie B. Un'altra forma non meno grave di violenza l’ho subita a causa di persone pronte a delegittimare il mio impegno attivo relativo al diritto all’oblio oncologico: il loro compito sistematico era quello di sminuire il mio operato, bollandolo come inutile e poco interessante”.

Ritiene che il fatto di essere donna la possa aver esposto con più facilità a certi ostacoli?

Essere donna è sempre difficile, in ogni contesto e ancora oggi. Spesso ho pensato che, fossi stata maschio, quel finanziamento lo avrei ottenuto. Poi ho avuto modo di conoscere persone che, al di là del proprio genere, sono state ugualmente discriminate. Quindi ho capito che il pregiudizio oncologico non ha né genere né età ed esiste a prescindere da orientamenti di qualsiasi tipo. Tuttavia, la donna è sempre vista come più debole, anche economicamente, quindi sì: alcuni ostacoli sono più duri da superare per noi donne.”

In chi ha potuto confidare?

“Ho potuto confidare su Clara, mia sorella gemella, su mia mamma Angela ma anche sul mio compagno. Poi sono stata sostenuta da tutte quelle persone che per me sono famiglia, mie sorelle di lotta, che si riconoscono in ‘C’è Tempo OdV’ acronimo di organizzazione di volontariato da me fondata nel 2020. Un particolare grazie va inoltre ai dottori e le dottoresse che mi sono stati accanto con tanta umanità e competenza, seguendomi in tutto il periodo del post-cancro.”

Oggi Laura Daphne Marziali ha indossato la veste di influencer?

“Mi sento più comoda negli abiti di attivista. Mi stimola essere una persona che cerca il dialogo con le istituzioni, con la classe medica, con i/le pazienti e con i/le caregivers. Non mi sento perciò un’influencer, quanto piuttosto una persona che connette i vari stakeholders con l’intento di informare e divulgare, sempre supportata dall’ambiente medico. L’obiettivo principale resta quello di fare luce e lottare contro ogni forma di discriminazione in ambito oncologico e sanitario riuscendo a connettere persone e realtà, con l’intento di creare una nuova narrazione del cancro”.

Con l'ottenimento del diritto all'oblio per i malati di patologie gravi, la sua battaglia può dirsi vinta?

“No. Considero la legge sul diritto all’oblio oncologico soltanto un primo passo istituzionale. Le discriminazioni sono dure a morire e potrebbero sempre nascerne di nuove in attesa che l’intera materia venga opportunamente regolamentata tanto che ne possano beneficiare tutti i pazienti affetti da patologia oncologica cronica. Siamo solo all’inizio, con l’augurio di essere ascoltati ancora e fino in fondo”.