È partito a
Lecce il
progetto M.I.L.I.A. dove modelli sperimentali di intervento per il lavoro e l
’inclusione attiva delle persone
in esecuzione penale si fondano portando alla nascita di una vera e
propria start up carceraria per la produzione di
manufatti in legno che andranno a soddisfare, attraverso il
lavoro degli stessi detenuti, l’
intero fabbisogno nazionale di arredi carcerari. Il progetto è finanziato tramite il
Pon Inclusione, per un valore complessivo di
750mila euro, e mette in rete gli
istituti penitenziari di Lecce e Sulmona. Per la sua realizzazione, è stata sottoscritta apposita convenzione di sovvenzione tra la
Direzione Generale per la
Coesione del Ministero della Giustizia e la Regione Puglia. L’obbiettivo di ridurre la vulnerabilità dei soggetti che escono dal circuito carcerario e garantire continuità lavorativa al momento del ritorno in libertà.
Con il progetto M.I.L.I.A i detenuti del carcere di Lecce e Sulmona possono pensare al loro futuro lavorativo
L'avvio del progetto per il riciclaggio della vita
Dal riciclaggio del legno, dunque, al ‘
riciclaggio’ di una vita, che può rinascere attraverso la
formazione al lavoro. La sperimentazione di questi percorsi di inserimento lavorativo intramurario trova ispirazione nell’esperienza spagnola di
C.I.R.E. (Centre d’Iniciatives para la Reinserciò). Il Ministero della Giustizia ha deciso di puntare sui
settori delle produzioni agricole e delle falegnamerie, proprio per consentire ai detenuti di acquisire
competenze “spendibili” al termine del periodo di detenzione. Un approccio sistemico e innovativo, mai attuato prima in Italia. I percorsi integrati coinvolgono infatti gli operatori territoriali dei servizi al lavoro, dei servizi di inclusione e dei servizi formativi Nei giorni scorsi, è stata completata la prima fase del progetto: un gruppo di operatori del
Centro per l’Impiego di Lecce e dell’
Ufficio coordinamento Servizi per l’Impiego dell’Ambito di Lecce di Arpal Puglia ha proceduto alla presa in carico globale di
127 detenuti attraverso colloqui individuali finalizzati a mettere in luce le
esperienze pregresse, i profili psico-sociali e il potenziale di ciascuno di loro. Un’attività cruciale, che è alla base della successiva erogazione di specifica formazione nel settore della falegnameria. Dai colloqui con le persone sono emersi bisogni di formazione soprattutto tra i più giovani, non di rado approdati nella struttura di
Borgo San Nicola direttamente
dagli istituti penali minorili. L’attività effettuata dal personale Arpal, inoltre, ha permesso di rilevare un patrimonio di competenze specifiche e titoli già posseduti dai detenuti più adulti, un “saper fare” che – se messo a frutto – è importante punto di partenza per il loro futuro.
Molti dei detenuti del carcere di San Nicola arrivano dagli istituti penali minorili
Recuperare e rafforzare le competenze delle persone detenute
Il
lavoro dunque come
fondamento della cittadinanza e strumento di affermazione della dignità dell’uomo: l’esperienza di Lecce si basa su questi principi costituzionali ed ha l’ambizione di fornire ai detenuti una formazione ed un’attitudine che possa essere un buon viatico per il reinserimento nella vita attiva una volta usciti dalle mura carcerarie. “L’obiettivo del progetto – spiega
l’assessore alla Formazione e Lavoro della Regione Puglia –
è il recupero e il rafforzamento delle competenze delle persone detenute, ma anche l’acquisizione di professionalità richieste dal mercato del lavoro: è noto che il tasso di recidiva è di gran lunga inferiore tra chi, durante il periodo di esecuzione della pena, ha svolto attività formative e lavorative finalizzate al reinserimento nel tessuto produttivo. Incentivare la dimensione lavorativa diventa, così, non soltanto un elemento di rieducazione, ma anche un’alternativa per coltivare il riscatto sociale ed evitare che, successivamente, si ricorra al crimine come mezzo di sussistenza”