Il caso Imane Khelif: cosa vuol dire intersex?

La pugile algerina che non ha passato il gender test ai Mondiali 2023 e che è stata ammessa alle Olimpiadi per la seconda volta, questa mattina a Parigi ha vinto – per rinuncia – contro l’azzurra Carini

1 agosto 2024
Parigi: Algeria, contro Khelif attacchi maliziosi e non etici

Imane Khelif

Cosa vuol dire intersex? Dopo la vittoria di Imane Khelif – per ritiro dell’avversaria italiana Angela Carini – nel primo incontro di pugilato categoria 66kg welter femminile alle Olimpiadi, ma già da ieri sera, sono state migliaia le persone che hanno fatto questa ricerca sui motori di ricerca, proprio in riferimento alla pugile algerina. 

Debunkato il fatto che la 25enne nordafricana è una donna a tutti gli effetti, non è transgender – e qui facciamo mea culpa per essere anche noi caduti in errore all’inizio, credendo che si trattasse di un caso di donna socializzata come tale dopo aver compiuto un percorso di affermazione di genere da maschio a femmina, per questo ce ne scusiamo coi lettori – e posto come un fatto oggettivo il suo iperandroginismo, visto che dai test del Dna effettuati almeno in occasione dei Campionati Mondiali IBA 2023 è risultata avere i cromosomi XY e un elevato livello di testosterone che però, ad oggi, rientra nei limiti imposti dal Cio, a Khelif i più attenti hanno subito affiancato la parola “intersex” come aggettivo che descrive la sua persona. 

Ma cosa vuol dire essere intersex? 

Partiamo dal dire che si tratta di un termine ombrello, che include varie casistiche al suo interno che hanno a che fare con variazioni innate nelle caratteristiche sessuali. Viene usato per una varietà di condizioni nelle quali una persona nasce con l’apparato riproduttivo o l’anatomia sessuale che non corrispondono a quelli tipici delle definizioni di femmina o maschio. Ad esempio, una persona può avere, sin dalla nascita, l’aspetto esteriore femminile ma un'anatomia prevalentemente maschile. Oppure una persona può nascere con genitali che sembrano essere una via di mezzo tra i ‘tipici’ caratteri maschili e femminili o ancora una persona può nascere con una genetica a mosaico, per cui alcune delle sue cellule hanno cromosomi XX e altre XY. Ecco perché, pur essendo socializzata donna (lo dicono i suoi documenti e lei si definisce come tale), Khelif presenta anche cromosomi maschili nel suo organismo. 

Sebbene si parli di intersessualità come di una condizione innata, l'anatomia intersessuale non si manifesta sempre alla nascita. A volte si scopre che una persona presenta queste peculiari caratteristiche solo quando raggiunge l'età della pubertà, o si scopre adulta e sterile, o ancora non lo si scopre se non dopo la morte, grazie ad un’autopsia: alcune persone vivono e muoiono da intersessuali senza che nessuno (compresi loro stessi) lo sappia mai.

L'intersessualità, quindi, è una categoria socialmente costruita che però riflette una reale variazione biologica. Questo perché non è “la natura” a decidere dove si chiude la categoria “maschio” e inizia quella di “femmina”, o dove finisce questa e si apra la categoria di “intersessuale” e ancora dove questa termini per tornare ad essere quella maschile. Sono gli esseri umani a decidere. 

Ovviamente quando si tratta però di competizioni, di gare, in cui a valere come principio di base dev’esserci l’equità di ammissione e trattamento delle concorrenti, per poi lasciare spazio all’agonismo e alle capacità di ognuna, devono essere messi in campo anche dei criteri scientifici che garantiscano, ad esempio, che una donna intersessuale possa partecipare in una gara femminile senza che abbia un indebito vantaggio sulle sue avversarie dato dalla sua condizione anatomica o ormonale.

Cosa che è evidentemente accaduta nel caso della pugile algerina, ci perdonerà Angela Carini se stavolta non ci schieriamo per lei ma la ‘faccenda’ è ben più ampia, che ha lottato questa mattina contro l’azzurra sul ring olimpico: il suo testosterone, evidentemente, rientrava nei limiti richiesti dal Comitato olimpico internazionale, ergo può boxare a Parigi. Con buona pace degli omofobi.