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Home » Lifestyle » India, bambina di otto anni diventa suora e rinuncia al patrimonio da 60 milioni di dollari

India, bambina di otto anni diventa suora e rinuncia al patrimonio da 60 milioni di dollari

Devanshi Sanghvi si è votata al giainismo, una delle religioni più antiche del mondo. E' figlia di una ricca famiglia di commercianti di diamanti

Barbara Berti
26 Gennaio 2023
Devanshi Sanghvi insieme ai genitori (Bbc)

Devanshi Sanghvi insieme ai genitori (Bbc)

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Se Suor Cristina si è spogliata della tonaca per inseguire il suo sogno come cantante, c’è anche chi compie il percorso inverso. E’ il caso di Devanshi Sanghvi, una bambina di otto anni che sarebbe potuta crescere e studiare per gestire l’attività di diamanti multimilionaria appartenente alla sua facoltosissima famiglia, con un patrimonio stimato di 60 milioni di dollari.

La cerimonia dei voti di Devanshi Sanghvi (Ansa)
La cerimonia dei voti di Devanshi Sanghvi (Ansa)

Ma la piccola ha scelto di farsi suora, vivendo così una vita spartana, vestita con sari bianchi, a piedi nudi e andando di porta in porta a chiedere l’elemosina. La storia è stata raccontata dalla Bbc che spiega che i Sanghvis sono tra i 4,5 milioni che seguono il giainismo, una delle religioni più antiche del mondo, nata in India più di 2.500 anni fa. Gli studiosi religiosi affermano che il numero di giainisti che rinunciano al mondo materiale è aumentato rapidamente nel corso degli anni, sebbene i casi che coinvolgono bambini giovani come Devanshi siano rari.

 

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La nuova vita di Devanshi Sanghvi, la maggiore delle due figlie di Dhanesh e Ami Sanghvi, è iniziata la scorsa settimana quando, nella città di Surat, nello stato occidentale del Gujarat, ha preso i “diksha” – i voti di rinuncia – alla presenza di anziani monaci giainisti. La bimba è arrivata alla cerimonia ingioiellata e vestita di sete pregiate. Sulla sua testa poggiava una corona tempestata di diamanti. Dopo la cerimonia, a cui hanno partecipato migliaia di persone, è rimasta in piedi con altre suore, vestita con un sari bianco che le copriva anche la testa rasata. Nelle fotografie, la si vede con in mano una scopa che ora dovrà usare per spazzare via gli insetti dal suo cammino per evitare di calpestarli accidentalmente. I sanghvis appartengono all’unica setta giainista che accetta monaci bambini mentre le altre tre ammettono solo adulti.

La cerimonia dei voti di Devanshi Sanghvi (Ansa)
La cerimonia dei voti di Devanshi Sanghvi (Ansa)

Da dopo la cerimonia la piccola vive in un upashraya, un monastero di monaci e monache giainisti. “I suoi genitori non sono più i suoi genitori, ora è una sadhvi (una suora). La vita di una suora giainista è davvero austera. Ora dovrà andare ovunque a piedi, non potrà mai prendere nessun tipo di trasporto, dormirà su un lenzuolo bianco per terra e non potrà mangiare dopo il tramonto” racconta un’amica della bambina alla Bbc. I genitori della bimba erano già famosi per essere “estremamente religiosi” e Devanshi viene descritta come “incline alla vita spirituale sin da quando era piccola”: pare che non abbia mai guardato la televisione e non sia mai stata in centri commerciali e ristoranti, come riporta il “Times of India”: “Fin dalla tenerissima età, Devanshi prega tre volte al giorno e ha persino seguito un digiuno all’età di due anni”.

Quasi tutta la comunità giainista sostiene la scelta di Devanshi, ma la vicenda ha sollevato un dibattito acceso: sono in tanti a chiedersi perché la famiglia non potesse aspettare che la bambina raggiungesse l’età adulta prima di permetterle fare scelte così importanti.

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  • "Ora dobbiamo fare di meno, per il futuro".

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  • Per una detenuta come Joy – nigeriana di 34 anni, arrestata nel 2014 per possesso di droga – uscire dal carcere significherà dover imparare a badare a se stessa. Lei che è lontana da casa e dalla famiglia, lei che non ha nessuno ad aspettarla. In carcere ha fatto il suo percorso, ha imparato tanto, ha sofferto di più. Ma ha anche conosciuto persone importanti, detenute come lei che sono diventate delle amiche. 

Mon solo. Nella Cooperativa sociale Gomito a Gomito, per esempio, ha trovato una seconda famiglia, un ambiente lavorativo che le ha offerto “opportunità che, se fossi stata fuori dal carcere, non avrei mai avuto”, come quella di imparare un mestiere e partecipare ad un percorso di riabilitazione sociale e personale verso l’indipendenza, anche economica.

Enrica Morandi, vice presidente e coordinatrice dei laboratori sartoriali del carcere di Rocco D’Amato (meglio noto ai bolognesi come “La Dozza”), si riferisce a lei chiamandola “la mia Joy”, perché dopo tanti anni di lavoro fianco a fianco ha imparato ad apprezzare questa giovane donna impegnata a ricostruire la propria vita: 

“Joy è extracomunitaria, nel nostro Paese non ha famiglia. Per lei sarà impossibile beneficiare degli sconti di pena su cui normalmente possono contare le detenute italiane, per buona condotta o per anni di reclusione maturati. Non è una questione di razzismo, è che esistono problemi logistici veri e propri, come il non sapere dove sistemare e a chi affidare queste ragazze, una volta lasciate le mura del penitenziario. Se una donna italiana ha ad attenderla qualcuno che si fa carico di ospitarla, Joy e altre come lei non hanno nessun cordone affettivo cui appigliarsi”.

L
  • Presidi psicologici, psicoterapeutici e di counselling per tutti gli studenti universitari e scolastici. Lo chiedono l’Udu, Unione degli universitari, e la Rete degli studenti medi nella proposta di legge ‘Chiedimi come sto’ consegnata a una delegazione di parlamentari nel corso di una conferenza stampa a Montecitorio.

La proposta è stata redatta secondo le conclusioni di una ricerca condotta da Spi-Cgil e Istituto Ires, che ha evidenziato come, su un campione di 50mila risposte, il 28 per cento abbia avuto esperienze di disturbi alimentari e oltre il 14 di autolesionismo.

“Nella nostra generazione è ancora forte lo stigma verso chi sta male ed è difficile chiedere aiuto - spiega Camilla Piredda, coordinatrice nazionale dell’Udu - l’interesse effettivo della politica si è palesato solo dopo il 15esimo suicidio di studenti universitari in un anno e mezzo. Ci sembra assurdo che la politica si interessi solamente dopo che si supera il limite, con persone che arrivano a scegliere di togliersi la vita.

Dall’altro lato, è positivo che negli ultimi mesi si sia deciso di chiedere a noi studenti come affrontare e come risolvere, il problema. Non è scontato e non è banale, perché siamo abituati a decenni in cui si parla di nuove generazioni senza parlare alle nuove generazioni”.

#luce #lucenews #università
  • La polemica politica riaccende i riflettori sulle madri detenute con i figli dopo la proposta di legge in merito alla detenzione in carcere delle donne in gravidanza: già presentata dal Pd nella scorsa legislatura, approvata in prima lettura al Senato, ma non alla Camera, prevedeva l’affido della madre e del minore a strutture protette, come le case famiglia, e vigilate. La dichiarata intenzione del centrodestra di rivedere il testo ha messo il Pd sul piede di guerra; alla fine di uno scontro molto acceso, i dem hanno ritirato il disegno di legge ma la Lega, quasi per ripicca, ne ha presentato uno nuovo, esattamente in linea con i desideri della maggioranza.

Lunedì non ci sarà quindi alcuna discussione alla Camera sul testo presentato da Debora Serracchiani nella scorsa legislatura, Tutto ripartirà da capo, con un nuovo testo, firmato da due esponenti del centrodestra: Jacopo Morrone e Ingrid Bisa.

“Questo (il testo Serracchini) era un testo che era già stato votato da un ramo del Parlamento, noi lo avevamo ripresentato per migliorare le condizioni delle detenute madri – ha spiegato ieri il dem Alessandro Zan – ma la maggioranza lo ha trasformato inserendovi norme che di fatto peggiorano le cose, consentendo addirittura alle donne incinte o con figli di meno di un anno di età di andare in carcere. Così non ha più senso, quindi ritiriamo le firme“.

Lo scontro tra le due fazioni è finito (anche) sui social media. "Sul tema delle borseggiatrici e ladre incinte occorre cambiare la visione affinché la gravidanza non sia una scusa“ sottolineano i due presentatori della proposta.

La proposta presentata prevede modifiche all’articolo 146 del codice penale in materia di rinvio obbligatorio dell’esecuzione della pena: “Se sussiste un concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti – si legge nel testo presentato – il magistrato di sorveglianza può disporre che l’esecuzione della pena non sia differita, ovvero, se già differita, che il differimento sia revocato. Qualora la persona detenuta sia recidiva, l’esecuzione della pena avviene presso un istituto di custodia attenuata per detenute madri“.

#lucenews #madriincarcere
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