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Home » Lifestyle » Morta a 20 anni l’influencer Elena Huelva: da anni lottava contro il sarcoma di Ewing

Morta a 20 anni l’influencer Elena Huelva: da anni lottava contro il sarcoma di Ewing

Aveva scelto di raccontare la malattia e la sua battaglia tramite i social. Il suo motto era “la mia volontà vince”

Barbara Berti
4 Gennaio 2023
L’influencer spagnola Elena Huelva (Instagram)

L’influencer spagnola Elena Huelva (Instagram)

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E’ morta l’influencer spagnola Elena Huelva che da anni lottava contro il sarcoma di Ewing, un tipo di cancro che si forma nell’osso o nei tessuti molli che lo circondano. La ragazza, 20 anni, di Siviglia, si è spenta nella giornata del 3 gennaio. A diffondere la notizia è stata la famiglia su Instagram. “Da stamattina Elena balla per te e ti guarda dalla sua stella. Grazie di tutto” si legge nella storia pubblicata sul profilo stesso della ragazza.

La storia su Instagram in cui la famiglia annuncia la morte di Elena Huelva
La storia su Instagram in cui la famiglia annuncia la morte di Elena Huelva

La giovane influencer, ormai da quattro anni, utilizzava i social proprio per raccontare la sua lotta quotidiana contro la malattia. Quando le è stato diagnosticato un cancro alle ossa, la ragazza ha preso una decisione: mostrare al mondo la sua vita, la sua battaglia, la sua voglia di resistere. Dopo la diagnosi – un Sarcoma di Ewing – ha aperto uno spiraglio su Instagram, arrivando alla cifra di più di 950mila follower, tra cui Sara Carbonero, una sua grande sostenitrice. Simbolo di resilienza e di onestà – non ha mai nascosto le difficoltà legate alla malattia – Huelva ha anche pubblicato un libro, “I miei desideri vincono”, in cui ha raccontato il suo percorso di vita. “Nessuno ci ha promesso un domani, vivi nel presente”, questo il suo motto, e il suo sogno più grande, poter ispirare gli altri a non sprecare ogni singolo giorno. Perché, fino alla fine, ha sempre emanato energia e voglia di vivere. La sua parola d’ordine era, infatti, “la mia volontà vince” (#MisGanasGanan). Tra i suoi obiettivi anche la sensibilizzazione sull’urgenza di dedicare maggiori risorse alla ricerca sul cancro.

L’influencer spagnola Elena Huelva (Instagram)
L’influencer spagnola Elena Huelva (Instagram)

Quando le hanno diagnosticato il tumore aveva 16 anni e una grande paura nel cuore. Ma non ha mai smesso di vivere e ha sempre fatto le cose che amava di più. Quando sono iniziati i primi sintomi – un dolore costante alla gamba destra, che in seguito si è diffuso verso il basso – è andata dal dottore, che inizialmente pensava fosse tutto dovuto alla sciatica. Ma così non era. Visite mediche, traumatologo, risonanza magnetica, un percorso difficile per giungere alla diagnosi finale: cancro alle ossa, Sarcoma di Ewing con metastasi ai polmoni. Al giornale “Hola” aveva detto: “Avevo 16 anni, ero adolescente, avevo programmato viaggi con gli amici, studiavo. E tutto si è bloccato”. Fino alla fine, fino all’ennesima ospedalizzazione, non si è lasciata vincere e ha continuato a contrastare il dolore, per rimanere in vita. Nell’ultimo mese lo stato di salute era peggiorato. Ai follower, infatti, aveva detto che “le cose non andavano bene” e che le avevano riscontrato più malattie alla trachea. E nei giorni scorsi la ragazza aveva fatto un video mandando un ultimo toccante messaggio, un inno alla vita, ai fan: “Voglio chiarire che ho già vinto grazie a tutto l’amore e alle persone che ho al mio fianco. Qualunque cosa accada, so che la mia vita non è stata vana perché ho lottato e ho ottenuto ciò che voglio, rendere visibile”.

 

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Cos’è il tumore di Ewing

Come spiega l’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma, il tumore di Ewing è un tumore che si sviluppa soprattutto dalle ossa ed è causato da alterazioni del Dna che non sono ereditarie. Oggi la terapia porta a guarigione la maggioranza dei bambini con questo tumore. Può localizzarsi in aree diverse del corpo. Pur potendo comparire a qualsiasi età, è più frequente negli adolescenti e nei giovani adulti.

Nella maggior parte dei casi si sviluppa dalle ossa, ma può avere origine anche dai tessuti molli adiacenti all’osso. Le ossa più frequentemente coinvolte sono il femore, la tibia, il bacino, le costole e raramente le vertebre. In più dell’80% dei casi, l’alterazione consiste nello scambio di materiale genetico tra il cromosoma numero 11 e il cromosoma numero 22. Lo scambio di materiale genetico coinvolge in particolare i geni EWSR1 e FLI1 che si fondono e producono una proteina anomala che, in ultima analisi, è responsabile dello sviluppo del tumore. Chemioterapia, chirurgia e radioterapia sono queste le risposte al tumore di Ewing. In caso di scarsa risposta alla chemioterapia oppure in caso di malattia metastatica alla diagnosi, viene utilizzata la chemioterapia ad alte dosi. Questa terapia distrugge, oltre alle cellule tumorali, anche le cellule del midollo osseo. È quindi necessario procedere a un trapianto autologo di cellule staminali emopoietiche.

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  • Messaggi osceni, allusioni, avances in ufficio e ricatti sessuali. La forma più classica del sopruso in azienda, unita ai nuovi strumenti tecnologici nelle mani dei molestatori. Il movimento Me Too, nel 2017, squarciò il velo di silenzio sulle molestie sessuali subite dalle donne nel mondo del cinema e poi negli altri luoghi di lavoro. Cinque anni dopo, con in mezzo la pandemia che ha terremotato il mondo del lavoro, le donne continuano a subire abusi, che nella maggior parte dei casi restano nell’ombra.

«Sono pochissime le donne che denunciano – spiega Roberta Vaia, della segreteria milanese della Cisl – e nei casi più gravi preferiscono lasciare il lavoro. Il molestatore andrebbe allontanato dalla vittima ma nei contratti collettivi dei vari settori non è ancora prevista una sanzione disciplinare per chi si rende responsabile di molestie o di mobbing».

Un quadro sconfortante che emerge anche da una rilevazione realizzata dalla Cisl Lombardia, nel corso del 2022, su lavoratrici di diversi settori, attraverso un sondaggio distribuito in fabbriche, negozi e uffici della regione. Sono seimila le donne che hanno partecipato all’indagine, e il 44% ha dichiarato di aver subìto molestie o di «esserne stata testimone» nel corso della sua vita lavorativa.

A livello nazionale, secondo gli ultimi dati Istat, sono 1.404.000 le donne che nel corso della loro vita lavorativa hanno subito molestie fisiche o ricatti sessuali sul posto di lavoro. Quando una donna subisce un ricatto sessuale, nell’80,9% dei casi non ne parla con nessuno sul posto di lavoro. Quasi nessuna ha denunciato il fatto alle forze dell’ordine: appena lo 0,7% delle vittime.

✍🏻di Andrea Gianni

#lucenews #istat #donne #molestie #lavoro #diritti
  • II problema è che sei sola. Arrivi lì persino convinta: è la cosa più naturale che tu, donna, sia mai stata chiamata a fare: partorire. 

Te lo hanno ripetuto per 9 mesi nei corsi preparto, e te l’hanno ripetuto ancora prima che tu venissi al mondo: non c’è niente che sia più naturale, per una donna, nei secoli dei secoli. E il bello è che aver ottenuto la possibilità di scegliere che il tuo parto non sia "medicalizzato", che il tuo neonato non ti sia strappato subito dalle braccia e che resti, subito dopo, al tuo fianco nella tua stanza, e non nella nursery, è il risultato di una lunga battaglia, intrapresa oltre 30 anni fa. 

Una battaglia vinta? No, se si è passati dal troppo medicalizzato all’abbandono. 

Il problema è che c’è un’altra verità – nei secoli dei secoli – ed è il paradosso: nell’esatto momento in cui vieni pervasa dalla furiosa coscienza che sei onnipotente perché sei come Dio e hai dato la vita, vieni pure annientata dalla furiosa consapevolezza che la sopravvivenza di quella vita dipende da te, dipende da te tutto, la sua felicità o la sua infelicità, e non sai se sarai in grado di accudirla, quella nuova vita, come devi, e hai paura, la paura più pura e cristallina e terribile che tu abbia mai provato, e altro che Dio, sei l’ultimo dei miserabili. 

È stata la cultura patriarcale ad aver tramandato la maternità come destino ineluttabile della femminilità: la paura della donna non è mai stata né contemplata, né tanto meno accettata. È stata condivisa tra le donne, quando vi era un tessuto sociale che lo permetteva. È stata omessa dalla contemporaneità anche dalle donne stesse perché ammetterla comporta arretrare dall’emancipazione, dalla rivendicazione della parità: partorisci naturalmente, allatti naturalmente, naturalmente performi due giorni dopo come nulla fosse. 

Ma non c’è nulla di naturale in questo. È un’altra storia di prevaricazione. E una nuova storia di solitudine. Tra le più feroci.

di Chiara Di Clemente✍🏻

#lucenews #editoriale #allattamento #maternita #ospedalepertini
  • Theodore (Teddy) Hobbs vive a Portishead, nella contea inglese del Somerset, insieme ai genitori, mamma Beth, 31 anni, e il padre Will Hobbs, 41 anni. Il piccolo, che ora ha quasi quattro anni, è entrato nel Mensa (l’associazione internazionale fondata nel 1947 per chi ha il Quoziente Intellettivo almeno 1,5 volte quello regolare, ndr) a tre anni dopo aver superato un test del QI e ottenendo un punteggio di 139 su 160 nel test di Stanford Binet, scioccando i suoi genitori, che non avevano idea di quanto fosse intelligente. 

Ma il bambino dei segnali li aveva già dati visto che ha imparato a leggere da autodidatta all’età di soli due anni e quattro mesi e ora è persino in grado di leggere i libri di Harry Potter, quando i genitori glielo permettono, ed è in grado di contare in sei lingue diverse, mandarino compreso. I suoi passatempi preferiti? Le ricerche su Google e recitare le tabelline.

I genitori ammettono di non essersi mai aspettati che il figlio entrasse nel gruppo e non avevano nemmeno pianificato di fare domanda per l’adesione. “Ci è stato detto che non era mai entrato un membro dell’età di tre anni. A essere onesti, è davvero un colpo di fortuna che sia entrato” sono le parole di mamma Beth che spiega: “Non avevamo intenzione di farlo entrare nella società. Volevamo solo fargli fare un test prima di mandarlo a scuola per capire quale scegliere”. Ad ogni modo, continua la madre, “prima del test gli abbiamo detto che avrebbe dovuto risolvere qualche puzzle con una signora che lo guardava per un’oretta, e lui ne è rimasto felicissimo”.

I genitori del bimbo, che si sono sottoposti alla fecondazione in vitro per concepire il figlio e la sorella minore di Teddy, scherzano persino sul fatto che potrebbe esserci stato un pasticcio alla clinica della fertilità. “Non sappiamo come ha fatto a venire fuori così. Si sta rendendo conto di essere più dotato degli altri bambini. Io e mio marito scherziamo sempre dicendo che al dottore dev’essere sfuggita un’iniezione di qualche tipo. Da grande vuole fare il dottore perché gioca sempre a guarire i suoi giocattoli con il suo amico all’asilo”.

#lucenews #mensa #piccoligeni
  • “La lotta per garantire il diritto fondamentale delle donne all’assistenza sanitaria riproduttiva è tutt’altro che conclusa“.

In occasione del 50° anniversario della Roe v. Wade, lo scorso 22 gennaio, la storica sentenza della Corte Suprema che ha sancito il diritto costituzionale all’aborto, annullata la scorsa estate, la vicepresidente degli Stati Uniti Kamala Harris è stata in Florida per tenere un discorso di commemorazione.

#lucenews #roevwade #usa #abortionrights
E’ morta l’influencer spagnola Elena Huelva che da anni lottava contro il sarcoma di Ewing, un tipo di cancro che si forma nell’osso o nei tessuti molli che lo circondano. La ragazza, 20 anni, di Siviglia, si è spenta nella giornata del 3 gennaio. A diffondere la notizia è stata la famiglia su Instagram. “Da stamattina Elena balla per te e ti guarda dalla sua stella. Grazie di tutto” si legge nella storia pubblicata sul profilo stesso della ragazza.
La storia su Instagram in cui la famiglia annuncia la morte di Elena Huelva
La storia su Instagram in cui la famiglia annuncia la morte di Elena Huelva
La giovane influencer, ormai da quattro anni, utilizzava i social proprio per raccontare la sua lotta quotidiana contro la malattia. Quando le è stato diagnosticato un cancro alle ossa, la ragazza ha preso una decisione: mostrare al mondo la sua vita, la sua battaglia, la sua voglia di resistere. Dopo la diagnosi – un Sarcoma di Ewing – ha aperto uno spiraglio su Instagram, arrivando alla cifra di più di 950mila follower, tra cui Sara Carbonero, una sua grande sostenitrice. Simbolo di resilienza e di onestà – non ha mai nascosto le difficoltà legate alla malattia – Huelva ha anche pubblicato un libro, “I miei desideri vincono”, in cui ha raccontato il suo percorso di vita. “Nessuno ci ha promesso un domani, vivi nel presente”, questo il suo motto, e il suo sogno più grande, poter ispirare gli altri a non sprecare ogni singolo giorno. Perché, fino alla fine, ha sempre emanato energia e voglia di vivere. La sua parola d’ordine era, infatti, “la mia volontà vince” (#MisGanasGanan). Tra i suoi obiettivi anche la sensibilizzazione sull'urgenza di dedicare maggiori risorse alla ricerca sul cancro.
L’influencer spagnola Elena Huelva (Instagram)
L’influencer spagnola Elena Huelva (Instagram)
Quando le hanno diagnosticato il tumore aveva 16 anni e una grande paura nel cuore. Ma non ha mai smesso di vivere e ha sempre fatto le cose che amava di più. Quando sono iniziati i primi sintomi – un dolore costante alla gamba destra, che in seguito si è diffuso verso il basso – è andata dal dottore, che inizialmente pensava fosse tutto dovuto alla sciatica. Ma così non era. Visite mediche, traumatologo, risonanza magnetica, un percorso difficile per giungere alla diagnosi finale: cancro alle ossa, Sarcoma di Ewing con metastasi ai polmoni. Al giornale “Hola” aveva detto: “Avevo 16 anni, ero adolescente, avevo programmato viaggi con gli amici, studiavo. E tutto si è bloccato”. Fino alla fine, fino all’ennesima ospedalizzazione, non si è lasciata vincere e ha continuato a contrastare il dolore, per rimanere in vita. Nell’ultimo mese lo stato di salute era peggiorato. Ai follower, infatti, aveva detto che “le cose non andavano bene” e che le avevano riscontrato più malattie alla trachea. E nei giorni scorsi la ragazza aveva fatto un video mandando un ultimo toccante messaggio, un inno alla vita, ai fan: “Voglio chiarire che ho già vinto grazie a tutto l'amore e alle persone che ho al mio fianco. Qualunque cosa accada, so che la mia vita non è stata vana perché ho lottato e ho ottenuto ciò che voglio, rendere visibile”.
 
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Cos’è il tumore di Ewing

Come spiega l’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma, il tumore di Ewing è un tumore che si sviluppa soprattutto dalle ossa ed è causato da alterazioni del Dna che non sono ereditarie. Oggi la terapia porta a guarigione la maggioranza dei bambini con questo tumore. Può localizzarsi in aree diverse del corpo. Pur potendo comparire a qualsiasi età, è più frequente negli adolescenti e nei giovani adulti. Nella maggior parte dei casi si sviluppa dalle ossa, ma può avere origine anche dai tessuti molli adiacenti all’osso. Le ossa più frequentemente coinvolte sono il femore, la tibia, il bacino, le costole e raramente le vertebre. In più dell'80% dei casi, l'alterazione consiste nello scambio di materiale genetico tra il cromosoma numero 11 e il cromosoma numero 22. Lo scambio di materiale genetico coinvolge in particolare i geni EWSR1 e FLI1 che si fondono e producono una proteina anomala che, in ultima analisi, è responsabile dello sviluppo del tumore. Chemioterapia, chirurgia e radioterapia sono queste le risposte al tumore di Ewing. In caso di scarsa risposta alla chemioterapia oppure in caso di malattia metastatica alla diagnosi, viene utilizzata la chemioterapia ad alte dosi. Questa terapia distrugge, oltre alle cellule tumorali, anche le cellule del midollo osseo. È quindi necessario procedere a un trapianto autologo di cellule staminali emopoietiche.
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