La musica come terapia perché ha più privilegi della parola e in gravidanza e nei primi mesi di vita del bambino abitua al benessere come null’altro. La musica, ovvero suono e voce: il battito del cuore e il respiro della madre sono le prime melodie che il feto ascolta nel ventre e quindi sono propedeutiche di tutto ciò che sentirà successivamente.
Elisa Ridolfi, 46 anni, da Fano, è musicoterapeuta, psicologa evolutiva, educatrice di asili nido ma anche cantautrice: ha cominciato a sette anni in un coro, quindi una continua evoluzione dall’Accademia del Fado alla musica d’autore che scrive e interpreta: il suo album “Curami l’anima” ha vinto la Targa Tenco 2024 come Opera prima e il suo show a Sanremo è stato salutato con entusiasmo da critica e pubblico.
Nella sua vita artistica ha collaborato con grandi personaggi come Lucio Dalla, Eugenio Finardi, Peppe Servillo, Francesco di Giacomo; e con artisti internazionali quali Argentina Santos, Jorge Fernando, Ana Moura. Nella sua attività di musicoterapeuta perinatale collabora con l’Associazione LiberaMusica di Pesaro e col Centro Diego Fabbri di Forlì.
Elisa, che cosa l’ha spinta a occuparsi di questa materia?
“Ho avuto due figlie a distanza di poco tempo e avevo sempre la pancia. Ho scoperto questo corso all’università di Padova e ho cominciato a lavorare con le pance altrui...”.
Perché la musica e come funziona questo approccio?
“Intanto perché la musica viene pensata come intrattenimento, come un qualcosa in mano agli addetti ai lavori e invece si tratta di un elemento naturale dell’uomo: qualsiasi cosa si faccia si accompagna sempre canticchiando”.
Ma come la terapia musicale aiuta la gravidanza?
“Dagli albori della vita siamo a contatto con la musica, il suono è il primo riferimento che cesciamo in pancia, la nostra vita è attaccata al suono a cominciare dal battito del cuore della gestante e dal suo respiro che il feto percepisce chiaramente”.
Lei parla di “gravidanza sonora” che è più lunga della gestazione: come mai?
“Parlo di endogestazione ed esogestazione: fino ai 9 mesi di vita l’apporto della musicoterapia è basilare per il bambino che già come embrione e poi feto vive tre fasi di ascolto nella pancia della mamma: il primo trimestre di gravidanza come fase vibratoria, il secondo come fase recettiva, il terzo lo possiamo definire come fase reattiva”.
Come viene “aiutata” questa crescita?
“Facendo ascoltare una voce e un suono armonico, acustico, accompagnato da uno strumento, e spronando la gestante a utilizzare la propria voce indirizzata alla vita in grembo per dire una filastrocca o cantare una musica semplice: questo fatto lega ancora di più la donna al bambino che crescerà nel ventre in modo migliore visto che la madre rilassata dalla musica libera dopamina, seratonina, ossitocina con cui limita lo stress e armonizza lo sviluppo del feto”.
E dopo la nascita?
“Anche qui ci sono tre fasi: fino al terzo mese si ripropongono suoni bianchi e suoni destrutturati come quelli ascoltati in pancia; dopodiché il bambino intorno al quarto mese diventa prensile, sviluppa anche la vista e il suono può essere accompagnato dal desiderio di toccare lo strumento che si suona o la bocca di chi canta; infine nella fase fino ai nove mesi la colonna sonora è ancora fondamentale per non creare degli strappi e permettere di acquisire ancora più sensibilità. E continuando a crescere, di vivere ancora meglio la realtà che abitano”.
Lei parla di musicofilia: come la descriverebbe?
“Amore nella musica perché quando c’è la musica si vive con più naturalezza”.
Ma il bambino che cresce aiutato da questi suoni, sarà un artista?
“Attenzione: non è una didattica musicale, non si tratta di una medicina ma di un accompagnamento; certo questi bambini avranno un’attitudine musicale maggiore e sapranno meglio sviluppare il linguaggio, favorire relazioni ed emozioni; sapranno comprendere la bellezza, ma non saranno per forza musicisti”.
Ma neppure stonati...
“Il nostro lavoro aiuta la musicalità delle persone. Ma intonare è un lavoro di riorganizzazione anche nervosa molto forte e si può fare a ogni età; il cervello è plastico e per un certo tempo bisogna risintonizzare l’ascolto e fare sì che la coordinazione diventi naturale. Chi segue la gravidanza sonora ha più facilità di superare le difficoltà ritmiche e di intonazione della voce”.
La musicoterapia fa bene anche alla musica?
“Dobbiamo recuperare l’esperienza acustica che stiamo svalutando e fortunatamente il bambino ha una gamma d’ascolto totale. E quindi sì: la musica in questo caso fa bene anche a se stessa”.
Ma Elisa nasce musicista o… scienziata?
“Nasce prima la musicista, ma so che cosa significa la musica per me e quindi quando ho fatto dei figli ho sentito il dovere di lasciare una testimonianza alle nuove generazioni di come sia vitale la musica”.
La sua personale terapia musicale quale è stata?
“Quella degli anni settanta e ottanta quando nascevano tanti gruppi musicali che ho vissuto intensamente grazie ai miei genitori. E poi quella della musica dal vivo che dà una emozione senza eguali”.
Quale genere predilige?
“La musica onesta che racconta le cose senza rivolgersi a un linguaggio lontano. E che rispetti la tradizione”.
Infine, che cosa chiede adesso Elisa Ridolfi alla musica?
“Che le composizioni nascano con l’intenzione di diffondere bellezza e allo stesso modo di comunicare concetti importanti per muovere il mondo a fin di bene”.