I “Papà per scelta” si raccontano: “I nostri figli stanno scoprendo il mondo”

A due anni dalla prima intervista, la lotta per i diritti delle famiglie arcobaleno si è amplificata, ma tanti sono ancora gli ostacoli. In occasione della giornata conclusiva del pride di Milano, i papà di Julian e Sebastian saranno testimonial dell’iniziativa inclusiva di LEGO Italia

di CATERINA CECCUTI
29 giugno 2024
Christian De Florio e Carlo Tumino "Papà per scelta"

Christian De Florio e Carlo Tumino "Papà per scelta"

Sono trascorsi due anni dall’ultima volta che li abbiamo intervistati, ma in tutto questo tempo Carlo e Christian – i ben noti “Papà per scelta” che appassionano il pubblico dei social e non solo – non si sono mai fermati. La loro battaglia per il riconoscimento dei diritti di uguaglianza ed inclusività per tutte le famiglie – poco importa se omogenitoriali, composte da genitori single o tradizionali – è cresciuta irrobustendosi così come il legame che li lega ai loro figli, i gemelli Julian e Sebastian.

A proposito, Carlo, come stanno i bambini? “Stanno bene, ormai hanno sei anni e stanno attraversando una fase nuova, quella delle scoperte e delle perplessità, quella dell’accelerazione mentale e dell’affrancamento da ciò che noi chiamiamo “Il regno dei due papà”. Ci mettono più spesso alla prova, cercano l’indipendenza e sono super curiosi. È un momento impegnativo quanto stimolante, anche per noi genitori, perché ci permette di imbastire con loro ragionamenti più articolati. Ma è una fase anche molto delicata, perché è proprio adesso che si crea quell’imprinting rispetto al mondo esterno che si porteranno per il resto della vita, ciò che, insomma, gli permetterà di capire cosa c’è fuori dalle quattro mura di casa.”

Carlo e Christian, "Papà per scelta"
Carlo e Christian, "Papà per scelta"

Pensa che stiano facendo i conti con la “diversità” della loro famiglia rispetto alle altre? “La loro normalità è quella di avere due papà, ma anche io e Christian all’inizio eravamo preoccupati di quella che avrebbe potuto essere la loro reazione o quella della società. Invece siamo riusciti a creare una bolla di contesti soft in cui cerchiamo di inserire i nostri figli. Stiamo quattro volte più attenti a tutto, per esempio abbiamo voluto che frequentassero una scuola internazionale perché potessero crescere con il seme della diversità e dell’inclusività: ogni giorno frequentano bambini di etnie e religioni differenti e fin da piccolissimi hanno imparato a confrontarsi con la diversità senza farsi troppe domande. Inoltre, io e Christian ci siamo sempre dati una regola di base genitoriale, che probabilmente è stato anche il nostro punto di forza: ai gemelli raccontiamo sempre la verità. Sin da piccolissimi hanno sempre saputo di avere due papà e che le famiglie possono essere di varie tipologie. Una volta, quando aveva solo tre anni, Julian mi disse “Non ho mai conosciuto un bimbo che avesse due papà”, voleva semplicemente capire. Noi abbiamo risposto che ciascuna famiglia ha la propria identità, ma che tutte hanno qualcosa in comune: cercano il benessere dei figli e costruiscono ricordi, un po’ come si fa con i mattoncini LEGO. L’importante è stare bene insieme, e noi crediamo che quando genitori e figli hanno voglia di passare del tempo insieme, si tratti di fare una gita, giocare o guardare un film in TV, significa che stanno bene.”

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La situazione generale, rispetto a quando avete rilasciato al prima intervista a Luce! due anni fa, è migliorata o peggiorata a vostro avviso? “Sinceramente sono stati due anni probanti, se si considera la narrazione istituzionale, profondamente distorta e dis-informativa. Stiamo assistendo ad un accanimento, persino ad un’ossessione che sfiora il feticismo, sul capire in che modo sono nati i figli di coppie omogenitoriali, come se il valore genitoriale dovesse essere definito nel momento del concepimento. Ogni mattina io e Christian ci diciamo a vicenda: “Vediamo cosa spareranno oggi contro le famiglie arcobaleno”, ironizzando un po’. Basti guardare l’attuale esecutivo e la direzione che ha preso, peraltro contro tendenza rispetto alle politiche di Paesi amici come la Francia. Sta cercando di cancellarci, lotta apertamente contro l’omogenitorialità e ora promuove addirittura una legge per dichiarare la maternità surrogata un crimine universale. Anche la narrazione da parte dei mass media è peggiorata. Ci escludono, abbiamo ricevuto inviti da illustri emittenti televisive che, fatalità, il giorno stesso della registrazione ci comunicano di aver cancellato dal palinsesto il nostro intervento.”

Lo scenario non è dunque dei migliori… “Ogni mattina io e Christian ci chiediamo perché la lotta per i diritti umani debba essere una lotta di partito e perché nel nostro Paese le famiglie arcobaleno debbano essere usate come una bandierina elettorale. La realtà è che abbiamo ancora un problema di omofobia oggettivamente interiorizzata: i nostri figli hanno maggiori difficoltà nella registrazione anagrafica, nella richiesta dei documenti o dei vaccini ecc…esiste ancora una discriminazione nei nostri confronti. Anni fa, in aeroporto, un poliziotto della dogana davanti ai gemelli disse: “Impossibile, tutti i bambini hanno una mamma!” Ecco, vorremmo invece che il confronto avvenisse in maniera più civile, che si abbassassero i toni di una comunicazione tutt’oggi ancora estremamente violenta. Se i nostri figli vengono considerati un processo illegale e noi genitori dei criminali – come vorrebbe la nuova legge -, l’imprinting che si verrà a generare sulle future generazioni sarà problematico. Si deve fare un passo indietro e ricordarsi che la società non è crollata in quei Paesi che hanno invece approvato leggi favorevoli…oltretutto in Italia ci si lamenta tanto della carenza di natalità.”

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Fino a qui abbiamo parlato di burocrazia ed istituzioni…ma la gente che vi circonda? “C’è sempre uno scollamento tra ciò che qualcuno vuole farci credere dalla stanza dei bottoni e la realtà che invece ci tocca e ci riguarda nel quotidiano. A parte l’episodio del poliziotto, non abbiamo vissuto situazioni discriminatorie o offensive; certo facciamo più fatica, dobbiamo spiegare più cose ai bambini, ma da un certo punto di vista questa cosa può essere considerata anche un punto di forza che ci permette di confrontarci maggiormente con loro. La genitorialità è una disciplina di resistenza: il risultato non si vede subito, devi aspettare un po’, ma più semi si gettano da piccoli e più grande sarà il raccolto.”

Lego al Milano pride
Lego al Milano pride

In occasione della giornata conclusiva del Pride di Milano, LEGO promuoverà un’attività inclusiva che prevede a quanti vorranno recarsi negli stores di costruire il proprio arcobaleno di mattoncini e di portarselo a casa, mentre per la città gireranno delle cargo bikes personalizzate per ricordare a cittadini e turisti l’importanza del Pride. Voi siete testimonial di questa iniziativa, come e perché avete scelto di aderire? “Noi abbiamo dei brand lover che personalmente ci piacciono, e a LEGO siamo legati da generazioni. Si tratta dia uno dei primi brand ad aver preso una posizione favore verso le famiglie arcobaleno, dando visibilità a nuclei familiari diversi da quello tradizionale, e lo ha fatto senza giustificarsi, semplicemente perché rappresentavano una realtà. Dunque ci siamo voluti avvicinare ad un ideale, perché anche i brend scelgono di fare politica e hanno un ruolo importantissimo nel momento in cui si sostituiscono alle istituzioni e danno visibilità a chi resta invisibile. Inoltre LEGO rispecchia la sostanza della nostra famiglia: noi quattro viviamo di costruzioni, ricordi e momenti di confronto. Costruire insieme qualcosa rispecchia la nostra essenza, mattoncino dopo mattoncino speriamo di mettere in piedi una società più inclusiva, quella che i nostri figli si meritano, in un mondo in cui tutti quanti possano avere un posto a sedere, piuttosto che restare in piedi perché la società non li ha contemplati.”