Giocare a calcio senza dover affrontare spese esorbitanti, perché lo sport possa essere accessibile a tutti e tutte. È questa l'idea alla base del Portland Community Football Club, fondato da Kaig Lightner con lo scopo di dare ai giovani del posto una possibilità divertirsi insieme a basso costo. E per lui, quel gruppo, è diventato un rifugio: dopo aver fatto coming out come transgender, quei ragazzi gli hanno dato un posto a cui appartenere. Durante l'adolescenza, Lightner ricorda la sensazione paralizzante, iniziata intorno ai 4 anni, di essere un ragazzo bloccato nel corpo di una ragazza. Mentre affrontava il bullismo, lo sport divenne per lui un rifugio. "Lo sport mi ha tenuto in vita", ha detto al New York Times.
Dare un'opportunità ai ragazzi svantaggiati
Kaig ha accettato un lavoro come educatore nel doposcuola della periferia operaia di Portland, in Oregon, dove vivono molti degli immigrati provenienti da Africa, Messico, America centrale e meridionale e Asia. Così si è accorto che per questi ragazzi non esistevano le opportunità sportive di cui dispongono invece le comunità più ricche della città. Allora ha lanciato un anno di raccolta di fondi e dopo un anno, nel 2013, Lightner ha fondato il Portland Community Football Club grazie anche ad una sovvenzione e all'attrezzatura donata da Nike. Un club unico, in cui tutti potevano trovare un posto, nessuno era tagliato fuori e il prezzo era accessibile e negoziabile. Kaig Lightner oggi guarda la sua squadra prima di scendere in campo e sente dentro di sé un misto di orgoglio e nervosismo. Pensava a questo momento fin dall'estate di 10 anni fa, quando ha creato il programma per l'insegnamento del calcio a giovani immigrati, per lo più di prima e seconda generazione, che vivevano nei quartieri più disagiati della sua città.La rivelazione: l'allenatore è transgender
Nei quattro anni successivi l'allenatore è diventato un amico, un alleato e persino, per alcuni dei suoi piccoli calciatori, una figura paterna. Però ha tenuto nascosta la sua vera identità, il fatto di essere un uomo transgender. Come avrebbero reagito quando avrebbe detto loro che era stato cresciuto come una ragazza? Aveva sempre chiesto ai suoi giocatori di essere aperti e onesti sulle loro vite e il fatto di non rispettare questo proposito di onestà lo riempiva di rimorsi. L'elezione nel 2016 di Donald Trump alla presidenza degli Usa e la sua politica fortemente conservatrice, contraria ai diritti degli omosessuali, aveva suscitato un ampio senso di timore e di incertezza nella comunità Lgbt. Anche Lightner ha avuto paura: temeva che i suoi ragazzi lasciassero il club. O che le loro famiglie avrebbero tagliato i ponti, a prescindere dalle sue capacità di educatore e dal fatto che era stato capace di fornire ai loro figli uno spazio sicuro in cui crescere. Arrivato ad un punto di non ritorno, nel 2017 ha capito che doveva parlare. "Non ho condiviso del tutto con voi qualcosa di me" ha detto alla squadra riunita per una chiacchierata prima degli allenamenti. "Io sono transgender". La risposta alla rivelazione è stata di totale accettazione: un giocatore ha sorriso nervosamente, ma si è avvicinato al coach per un abbraccio. La maggior parte degli altri osservava il proprio allenatore con una sorta di stupore e soggezione. Nessuno se n'è andato.Sport e identità di genere
Nata Katherine Jean Lightner e cresciuta in un tranquillo sobborgo a est di Seattle, l'adolescenza del giovane non è stata per nulla facile. Ripercorrendola nell'intervista al NYT ricorda la paura paralizzante, iniziata all'età di 4 anni, di essere un ragazzo bloccato nel corpo di una ragazza. Il nome troppo femminile, le lezioni di danza classica: tutto questo per lui era un supplizio.Con il passare degli anni, Kate ha iniziato a indossare pantaloni larghi, felpe e cappellini da baseball girati all'indietro. "Il modo in cui si presentava non sembrava quello di una tipica ragazza", ha ricordato Leslie Ridge, un'amica che ha frequentato il liceo con Lightner negli anni Novanta. "E per questo veniva presa in giro continuamente, soprattutto dai ragazzi. Era tremendo vedere quanto fosse doloroso per lei". Il bullismo e il senso di disagio hanno scatenato una terribile trauma interiore: "Ho iniziato a pensare a me stessa come a un fenomeno da baraccone", ammette oggi Kaig. "La sensazione era che il mio posto non fosse qui. Di non appartenere a nessuno spazio". Lo sport divenne quindi un rifugio: eccellente atleta di softball, basket e calcio, Lightner scoprì che sui campi da gioco poteva essere giudicato solo in base alle prestazioni.Visualizza questo post su Instagram