Portogallo, il questionario sul ciclo per “le persone mestruanti”, tra scienza e uguaglianza

La sostituzione del termine “donna” con la perifrasi inclusiva fa scattare una polemica intestina nel centrodestra alla guida del Paese. Ma i passi in avanti in termini di inclusione della comunità Lgbtq sono stati molti negli anni

di RICCARDO JANNELLO -
4 agosto 2024
questionario ciclo

Il Portogallo lancia il questionario sul ciclo per le "persone mestruanti"

Un documento redatto dal ministero della Salute del governo portoghese, guidato dal conservatore Luis Montenegro ha scatenato la reazione del… centrodestra che si è detto offeso dalle parole in esso contenute. Si tratta di un questionario online su come viene vissuta dal punto di vista sanitario la mestruazione con l’invito “a tutte le persone mestruanti a partecipare”.

“Persona mestruante” al posto di “donna”: il centrodestra litiga

Apriti cielo e così la ministra Ana Paula Martins – importante epidemiologa, già presidente dell’Ordine portoghese dei farmacisti, docente universitaria in patria e all’estero, direttrice sanitaria del più importante ospedale del Paese, quello di Santa Maria a Lisbona – è stata messa sotto attacco dal suo compagno del Partito socialdemocratico (la maggiore formazione del centrodestra di cui fanno parte anche il primo ministro Montenegro e il presidente della Repubblica, Marcelo Rebelo de Sousa) Bruno Vitorino, che parla di un linguaggio “falsamente” inclusivo che “deriva dall’ideologia difesa da alcuni e non dalla scienza”.

“Mi sembra – scrive il parlamentare – che una istituzione come la Direzione Generale della Sanità (che ha redatto fisicamente il questionario, ndr) dato il suo scopo e la ragione di esistere, dovrebbe essere la prima a usare la scienza come base per le sue azioni”. Nell’interrogazione alla ministra, Vitorino chiede i nomi di chi autorizzato “i termini di questa campagna” e soprattutto chi ha permesso che “la parola donna venga sostituita col termine persona mestruante”.

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La ministra Ana Paula Martins

La psichiatra: attenzione per le donne trans

Da parte della professoressa Martins al momento nessuna risposta: “La ministra non intende ribattere su questa polemica” ci siamo sentiti rispondere dalla segreteria del ministero, anche se essendo stata formalizzata la richiesta del Psd al Parlamento ci dovrà essere la risposta nell’Aula di Sao Bento entro il 24 agosto. Intanto la scelta linguistica del ministero è stata approvata ampiamente dalla opposizione. “Si tratta – sostiene la deputata Joana Mortagua, del Blocco di Sinistra – di una seria questione di comunicazione sanitaria e di uguaglianza che prescinde da qualsiasi tentativo di lanciare panico morale come quello che il pensiero ultraconservatore ha cercato di fomentare nella società”.

E visto che la maggioranza si appella contro se stessa alla scienza, ecco una scienziata che ha giustificato la destinazione del questionario. Si tratta di Zelia Figuereido, psichiatra e coordinatrice del Gruppo consultivo per la diversità sessuale e di genere – che fa parte della Direzione generale della Sanità e quindi del ministero della Salute –, che ribadisce quanto previsto nelle raccomandazioni inclusive emanate ad aprile dalla commissione che dirige. In caso contrario, spiega, “una persona che ha effettuato la transizione da femmina a maschio continua ad avere un utero, ma con il cambio anagrafico non appare più con il genere femminile, quindi non potrebbe essere sottoposta a screening”.

Le leggi per l’inclusività nel Paese cattolico 

Il Portogallo, Paese fortemente cattolico, ha comunque fatto molti passi avanti nell’inclusività, nella difesa delle persone non binarie e della comunità Lgbtq+. La prima legge sulla identità di genere risale al marzo 2011 e riguardava i maggiorenni, ma dal 2018 è possibile ratificarla a partire dai 16 anni e senza certificato medico, solo con il consenso dei genitori. E prima che le elezioni legislative del 10 marzo scorso consegnassero il governo al centrodestra, il Parlamento aveva approvato la legge che punisce le pratiche di conversione sessuale forzata, ossia il tentativo di trattare gli orientamenti sessuali come patologie da curare con terapie in soggetti non consenzienti. La pena massima prevista è di tre anni di carcere, ma può arrivare a cinque nei casi in cui tali pratiche provochino modifiche corporali irreversibili al livello dei caratteri sessuali della persona. Ai condannati sarà inoltre preclusa la patria potestà, la custodia di figli o famigliari minorenni, la pratica dell’adozione e ogni attività professionale che implichi un contatto regolare con minori per un periodo che, a seconda della gravità dei fatti, può arrivare fino a vent’anni.

Oltre a tutti i diritti concessi alla comunità Lgbtq, dal 2010 in Portogallo vige il matrimonio egualitario. Unico recente stop a questi passi avanti nei diritti civili è avvenuto lo scorso 30 gennaio, quando il presidente della Repubblica Rebelo de Sousa, ha bocciato la legge che avrebbe permesso agli studenti portoghesi, a partire dai 6 anni e con il consenso dei genitori, di cambiare nome e identità sui documenti scolastici. Legge che era stata approvata dal Parlamento il 21 aprile 2023 e che permetteva di essere riconosciuti a prescindere dal sesso biologica e all’identità sui certificato anagrafici. Fra l’altro prevedeva di poter scegliere con chi svolgere attività divise fra maschi e femmine e di indossare, dove esistesse, l’uniforme che si desidera, lasciando a “privacy e sicurezza l’utilizzo di bagni e spogliatoi”.

L’approvazione aveva portato a una ferma richiesta firmata da medici e giuristi cattolici perché il Capo di Stato non la promulgasse e così la “legge dei bagni” (anche se di bagni non si parlava), come conservatori ed estrema destra l’avevano chiamata con disprezzo, è stata bocciata, affinché, spiegava il presidente Rebelo de Sousa, il Parlamento “possa ponderare di introdurre un maggior grado di realismo su un tema in cui risulta poco utile affermare principi che, a causa del loro astratto geometrismo, si scontrano con persone, famiglie e istituti scolastici piuttosto che conquistarli alla loro causa in una scuola sempre più multiculturale”.