Christian Volpi, in canoa da Livorno alle Paralimpiadi: “Oltre i limiti, voglio una vita felice”

Il 25enne toscano, vicecampione europeo, è il più giovane nella nazionale di canoa che parteciperà ai Giochi di Parigi 2024. “In art4sport siamo come in famiglia”

di MARIANNA GRAZI -
26 luglio 2024
Christian Volpi (Foto Novi)

Christian Volpi (Foto Novi)

È un campione di Canoa paralimpica, anche se per lui “il campione è quello che vince, ma comunque ci proviamo”. Non avrà ancora raggiunto l’oro in acqua (almeno a livello internazionale) Christian Volpi, ma la sua vittoria se l’è conquistata riuscendo a sopravvivere al terribile incidente in motorino nel 2021 che sì, gli è costato l’amputazione di entrambe gambe, ma non ha spento il suo sorriso e la sua grinta.

Livornese Doc, 25 anni, Christian appena uscito dall’ospedale ha ripreso in mano le redini della sua vita e della sua carriera sportiva, con la positività che lo ha sempre contraddistinto. Nel mirino, fin da subito, c’era un obiettivo: Parigi. Raggiunto anche grazie all’incontro con l’associazione art4sport Onlus e il progetto fly2paris.

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Christian, non è d’oro ma la medaglia d’argento europea ha un significato particolare?

“Diciamo che tra le medaglie che ho vinto questa è quella che conta di più finora. Venendo dal Mondiale dov’ero arrivato quarto, l’obiettivo era fare podio: sono andato in gara per dare il massimo e fortunatamente è arrivato questo argento.

E poi corona la qualificazione: ho avuto l’incidente nello stesso anno degli scorsi Giochi, il 2021, a maggio. Ho passato la prima fase successiva spesso a casa, per via delle cure, e tutta l’estate ho guardato Olimpiadi e Paralimpiadi. Quindi avevo già ben chiaro in testa il mio obiettivo, cosa volessi fare e dove volevo arrivare. Il percorso chiaramente è stato lungo ma noi – io e la mia squadra – siamo stati capaci di accorciare questo tempo: riuscire a fare quello che ho fatto in tre anni è una bella impresa. Arrivo da più giovane nella squadra nazionale di canoa e come più giovane entro nel gruppo paralimpico”.

Volpi è argento Europeo in carica di canoa paralimpica
Volpi è argento Europeo in carica di canoa paralimpica

Ora come cambia il suo percorso in vista dei Giochi?

“Abbiamo impostato il programma finalizzato alla gara più importante che era la selezione, a cui sono arrivato al massimo della forma. Il percorso che ora stiamo facendo farà sì che io mi trovi ad essere, speriamo, di nuovo al top della forma quando sarò a Parigi. Poi ogni gara è a sé, maggio è diverso da agosto. Comunque preferisco, in un periodo così breve –  eravamo a inizio luglio, ndr –, che il focus sia dato alla programmazione degli allenamenti che porteranno a quella gara. Il fine è solo quello. In questi due mesi però farò 4 raduni. L’esperienza che fai con la squadra paralimpica, con la nazionale, è bellissima, ma allo stesso tempo sei sempre lontano da casa, un fatto che può pesare dal punto di vista psicologico. Io per fortuna negli ultimi due anni ho imparato a vivere da solo, mettiamola così”.

Lei fa parte anche di quella di art4sport onlus: come è entrato in contatto con l’associazione?

“Allora l’ingresso in art4sport è stato quasi casuale: non siamo stati noi, per assurdo, a cercare Teresa (Grandis) e Ruggero Vio, ma sono stati loro a cercare me. È successo che la famiglia di Bebe ha una casa all’isola d’Elba, che è sotto il comune di Livorno, quindi la notizia del mio incidente si è sparsa in maniera veloce anche lì. Lì è venuta a saperlo la loro vicina di casa, che gliene ha parlato e Teresa è poi venuta a cercarmi. Ecco lei la vedo un po’ come la madre di tutto, nel senso più positivo e genuino della cosa, non solo la presidente. Quando siamo in art4sport con gli altri ragazzi la consideriamo come una mamma, un po’ per quello che è successo alla sua famiglia, per quello che l’associazione fa e per i motivi per cui è nata”.

E l’adesione al progetto di fly2paris?

“È stata naturale, perché avevo dentro di me fin da subito la voglia di tentare l’impresa e credo che Teresa, Ruggero e Bebe abbiano visto in me quello che io volevo raggiungere e fare, le mie potenzialità. Entrando nel progetto siamo riusciti a raggiungere l’obiettivo finale. Con i ragazzi di fly2paris mi sembra di vivere in famiglia, non ti vedi per mesi magari e quando li vedo mi sembra ieri. Lo viviamo tutti con tanta felicità”.

Christian Volpi (Foto Novi)
Christian Volpi (Foto Novi)

Avete fatto anche diversi raduni con loro. C’è uno che le è rimasto impresso?

“Quello più stimolante e divertente da atleta è stato quello in TechnoGym. Per me, che vengo da una piccola palestra, in cui nello spogliatoio non c’è riscaldamento e c’è un solo fon, entrare in una struttura dove nello spogliatoio c’è addirittura una tv al plasma è stato incredibile. Quando siamo stati lì, oltre ai vari test, l’esperienza da atleta è stata davvero produttiva”.

Pensa che possiate essere di stimolo per chi vi vede e vi segue da fuori, a seguire i propri sogni anche di fronte a quelle che sono le difficoltà o le barriere?

“È un grande segnale. Come me anche gli altri ragazzi sono impegnati in progetti con le scuole per parlare di situazioni riguardanti l’inclusività. Il messaggio che noi mandiamo è importantissimo. Mi ricordo la prima volta che sono andato con art4sport a Milano, pochi mesi dopo l’incidente, ho vissuto una delle esperienze che mi rimarrà impressa per tutta la vita: ho visto tutti questi bambini e ragazzi dell’associazione, tra i 5 e i 10 anni, tutti amputati, che giocavano su un divano enorme ad ‘acchiapparello’ rubandosi le protesi. Mi ha fatto morire dal ridere, è stata una cosa simpatica e mi ha fatto capire anche che non c’è differenza: nonostante ci sia qualcosa che a volte può essere letto come un limite i limiti li abbiamo tutti, alcuni si vedono altri no ma ci sono; ma la cosa fondamentale è che si può vivere una vita felice nonostante le difficoltà che ti mette davanti. La vita è bella perché lo vuoi te”.

C’è stato un momento di sconforto, in cui ha pensato di non farcela?

“C’è stato; chiaramente la vita di una persona che ha avuto un’esperienza come la mia cambia drasticamente. Ci sono dei momenti in cui si sta bene ma anche quelli dove si sta tanto male. Una delle poche volte che ho creduto di non farcela è stato quando sono dovuto tornare a camminare. Con un’amputazione grave come la mia, rimettersi in piedi senza ambedue le ginocchia, tornare a camminare in soli due anni come sto facendo, senza l’utilizzo delle stampelle, vuol dire tanta fatica, senza parlare di quella che ti chiede lo sport.

L’energia che ho impiegato per imparare a usare le protesi non è minimamente paragonabile a quella per la canoa, che in confronto è un gioco. Ho avuto momenti di paura, di sconforto, ma sta a te, alla persona che sei, e a chi ti sta intorno trovare la strada per riuscire a farcela. Io ho amici, parenti, una fidanzata sempre al mio fianco. Ma è stata anche una questione di solidarietà collettiva di Livorno, di tante persone fuori che mi hanno sostenuto. Io ho preso quell’energia positiva e ho provato a restituirla”.

Il campione livornese di canoa paralimpica Christian Volpi (Foto Novi)
Il campione livornese di canoa paralimpica Christian Volpi (Foto Novi)

Si sente un modello per gli altri?

“La situazione che vivo quotidianamente mi mette in visibilità, è inutile negare che noi ‘appariamo’. Vuoi che si usino protesi, che sei in carrozzina, questo accende delle luci intorno a te, che ti rendono interessante. Quando un bambino mi vede non mi guarda con tristezza ma con curiosità e mi fa domande dettate dall’immaginazione. E io ho cercato di rispondere con altrettanta immaginazione: a’ Come mai non hai le gambe?’ ho risposto ‘Ho combattuto con una tigre: ma vedessi come sta lei…’. Cose del genere per smorzare, poi coi grandi faccio discorsi più seri. Però così puoi sensibilizzare i bambini alla disabilità e stimolare in loro l’intraprendenza ad aiutare.

Ma la cosa bella è che quando siamo insieme tutto questa differenza svanisce, l’amputazione che di base dovrebbe essere la condizione più difficile della vita, diventa naturale e questo rende naturale il tutto”.

Cos’è per lei la canoa?

Deh! Tutto e nulla. Una passione, il mio sport, il mio lavoro, è quello che mi fa alzare presto ogni mattina e andare al letto presto la sera. La mia vita è in funzione della canoa. Ma dico anche niente perché la canoa, per quanto sia una parte fondamentale della mia vita, non è quella più rilevante. C’è molto altro. Chiaramente io do il massimo ogni volta che salgo in canoa, ma il concetto è che va dato il massimo anche fuori dallo sport, cercando compromessi ma senza rinunciare a niente”.

Chi verrà a seguirla alle Paralimpiadi? E a cosa punta per quell’occasione?

“Come tecnico mio fratello Matteo. Come spettatore non ti dico mezza Livorno ma quasi: tutta la mia famiglia, fidanzata e famiglia, tanti amici che vengono a vedere la manifestazione, che è bella a prescindere che io ci sia o no, quello è un valore aggiunto. Uno spettacolo forse più bello e interessante delle Olimpiadi, perché chi fa sport paralimpico ha dovuto vivere delle cose nella vita che lo sport in confronto non è nulla. Persone che non si sono arrese nella vita e riescono a trionfare nello sport.

Non sono scaramantico ma oggettivo, quindi ti dico: intanto punto a lavorare bene per arrivare lì al meglio. Poi considerando gli ultimi risultati, diciamo che il mio obiettivo è entrare in finale, essere nei primi 8. Poi una volta entrati quello che succede succede, è una gara unica”.

C’è un atleta olimpico o paralimpico che stima particolarmente o che è un idolo per lei?

“Non guardo più di tanto gli altri ma chi apprezzo sicuramente come atleta, un po’ anche perché lo conosco, è Curtis McGrath, il primo indiscusso in ogni appuntamento internazionale. Lui è un ex soldato australiano, ha una storia particolare per cui ha un’amputazione simile alla mia; ha iniziato questo sport per caso, è diventato un campione e vince dimostrando di essere sempre il numero uno con l’umiltà dell’ultimo. È tipo una divinità per noi, ambisci a batterlo sapendo che se mai accadrà lui sarebbe felice e orgoglioso per quanto sei riuscito a fare. È una persona che rispetto e a cui voglio molto bene”.

E un altro sport che le piace o che in un’altra vita avrebbe fatto?

“Se tornassi indietro e avessi le gambe soprattutto – ride – mi piacerebbe la pallavolo. Da quando ho visto Ivan Zaytsev tirare le ‘fucilate’ da fondocampo. Un altro sport che prima praticavo e che ho dovuto abbandonare ovviamente dopo l’incidente ma mi piace molto è la kickboxing. Uno che mi piacerebbe fare in futuro invernale è lo sci di fondo e considerando che c’è uno sfalsamento di due anni tra paralimpiadi estive e invernali vai a sapere se non sia possibile fare sia quello che la canoa. Infine uno che sto pensando di provare, già questo autunno magari, è la canoa fluviale. Ma non esiste nel mondo paralimpico, però ci sono categorie che si adattano anche alla mia condizione e la vorrei provare per gareggiare coi ‘normo’”.