Compirà 19 anni a Paralimpiadi di Parigi 2024 terminate da pochi giorni. Ma Giuliana Chiara Filippi il regalo se l’è già fatto, conquistando – lei dice “a sorpresa” ma il talento c’è – la qualificazione. Trentina, nata senza il piede destro a causa di una malformazione, ostinata e caparbia nell’inseguire i suoi sogni, spostando sempre più avanti l’asticella, Filippi si è conquistata di diritto un posto nella spedizione azzurra ai Giochi, previsti dal 28 agosto all’8 settembre prossimi.
La più giovane della nazionale italiana gareggerà sia nel salto in lungo che nei 100m. Oltre a quelli che scenderanno in pista, a fare il tifo per lei sulle tribune dello Stade de France, ci saranno anche i suoi compagni di fly2paris, il progetto dell’associazione art4sport onlus di cui la 18enne fa parte.
Giuliana lei è giovanissima ed è alla prima Paralimpiade: cosa prova?
“Sono parecchio contenta, non me lo aspettavo perché pensavo di essere troppo giovane per farcela. Invece è arrivata la qualificazione e credo di dover ancora comprendere a pieno quello che verrà. Penso che non sia ancora successo niente e mi renderò conto solo quando sarò lì; intanto sono davvero contenta e allo stesso tempi devo rimanere concentrata sugli allenamenti, si continua a lavorare”.
Quali sono le tappe di avvicinamento ai Giochi?
“Avevo una gara in programmazione a metà luglio ma ho dovuto saltarla per un problemino alla caviglia all’ultimo (niente di grave! ride, ndr) e a inizio agosto ho fatto un raduno pre olimpico con la nazionale a Roma, affrontando tanti test compresi quelli per la protesi, che è molto importante. Dopodiché sotto con gli allenamenti”.
Ha parlato di raduni e penso a quelli che avete svolto con fly2paris, il progetto di art4sport di cui anche lei fa parte. Com’è entrata in contatto con questa realtà?
“Io faccio atletica da tanto, ma ho sempre corso coi ‘normodotati’. È da un paio di anni che sono entrata in art4sport e mi sono avvicinata dopo aver fatto la prima gara nel settore paralimpico, per i campionati italiani, dove erano venuti a vedermi Teresa (Grandis) e Ruggero (Vio). Subito dopo la gara sono andati a parlare con mia mamma dicendole: ‘Giuliana la prendiamo con noi, ci pensiamo noi alle protesi che le servono’. Quando me l’ha detto io ero stra felice, e quando mi hanno detto che sarei entrata in fly2paris ero il triplo più contenta. Inoltre voglio ringraziare la FISPES per il grande supporto che mi ha sempre dato in tutto questo incredibile percorso".
Come si trova all’interno del gruppo e com’è lo spirito durante gli incontri?
“Siamo molto casinisti (ride, ndr), bisogna ammetterlo, ma è proprio un bel gruppo dove tutti ci troviamo bene con tutti. Poi io sono ‘la nuova’ in fly2paris e avevo un po’ di timore ad essere me stessa, ma in realtà mi hanno subito fatta sentire inserita. Qui ho riconosciuto alcuni membri che fanno atletica, Riccardo (Bagaini), Lollo (Lorenzo Marcantognini), che mi hanno fatta interagire con gli altri e poi anche Edo (Edoardo Giordan), Bebe (Vio Grandis), Ema (Emanuele Lambertini) sono venuti a vedere e questo ha aiutato tanto durante i raduni”.
Lei è qualificata, ma anche chi non ce l’ha fatta potrà comunque assistere alle gare dei compagni ai Giochi. È uno stimolo a fare ancora meglio?
“Avendoli là sarà sicuramente bello perché avrò il sostegno di tutta la squadra e potrò godermi anche più la gara perché so che ci sarà qualcuno a vedermi e a fare il tifo per me”.
Chi verrà invece dei suoi affetti a Parigi?
“Da quanto so i miei tecnici, le mie compagne di atletica che sono anche le mie migliori amiche e poi la mia famiglia”.
Come ha vissuto l’approccio allo sport paralimpico? Ci sono pregiudizi o stereotipi che l’hanno condizionata?
“Io non sapevo nemmeno dell’esistenza del mondo paralimpico e prima di questo venivo molto criticata e bullizzata. Questo mi ha fatto molto chiudere in me stessa. Ma entrando in quel mondo, già alla prima gara mi sono accorta di quanto fosse diverso da quanto io conoscessi, però tutti mi hanno accolta fin da subito, mi hanno fatta sentire bene, accettata. Ciò mi ha spinto ad interrogarmi, perché qui il mio arto non è visto come un problema e mi ha aiutato molto a sconfiggere i pregiudizi che subivo”.
Dicevamo, è giovanissima e ha appena superato la maturità: come si riescono a conciliare studi, sport ad alti livelli e le passioni di una ragazza di 18 anni?
“È molto difficile perché comunque ci sono 5 allenamenti a settimana più le gare nel weekend. L’importante è sapersi organizzare, mettersi là e programmare praticamente tutta la giornata: torni da scuola, ti metti a studiare per due/tre ore, poi allenamento, quando rientri ti rimetti a studiare. Certo ci sono le volte in cui vorrei andare fuori a divertirmi con gli amici ma a dire la verità non ne sento troppo la mancanza perché tutti i miei amici fanno anche loro atletica e quindi mi trovo già bene là, sto con loro e questo mi rende felice. E perché no, dopo allenamento ci troviamo a mangiare tutti insieme prima di tornare a casa. Già quello mi basta per farmi felice”.
In un futuro prossimo, dopo le Paralimpiadi, cosa farà?
“Già in autunno inizierò l’università perché voglio diventare manager sportivo e l’obiettivo è quello di aiutare il mondo paralimpico. Rimanere in questo settore e farlo crescere sempre più. In qualsiasi ruolo”.
Un ambito che si è fatto sempre più conoscere, grazie anche ai successi a Tokyo 2021. Ma si possono fare ancora passi avanti?
“Secondo me si può sempre crescere e possiamo farcela sicuramente. Già adesso ci stiamo facendo parecchio sentire e man mano anche gli altri stanno capendo e allo stesso tempo conoscendo il mondo paralimpico, quindi possiamo innalzare davvero questo movimento fino alle stelle”.
Se non avesse fatto atletica che sport le sarebbe piaciuto? O che sogna di provare in futuro…
“Penso pallavolo, l’avevo fatta da piccolina e mi era piaciuta parecchio”.
Ha altre passioni extra sportive?
“Difficile averne, visto il poco tempo. Mi piace leggere, ascoltare la musica e questa me la porto anche nell’atletica, perché prima della gara mi metto lì e ascolto per concentrarmi e gasarmi. È il mio rituale pre gara. In più per ogni competizione, non so se si possa considerare un rito scaramantico, ma metto delle calzette con Stich davanti: è un rituale con le altre ragazze della squadra, in modo che se anche una non può seguire la gara dell’altra è un modo per starle vicino”.
C’è una persona con cui ha legato maggiormente in art4sport?
“Principalmente quelli dell’atletica perché li vedo più di tutti. Però forse Riccardo e anche Davide Morana”.
Invece ha un idolo sportivo?
“È un po’ vecchietto (scherza, ndr) ma sarebbe Jessie Owens perché abbiamo storie differenti ma quando ho iniziato atletica e non conoscevo lo sport paralimpico ho visto la sua storia, il suo film e mi sono detta: ‘Lui ha fatto capire che la sua diversità non era un problema, quindi posso farlo anche io anche in una situazione diversa’. Lui ha lottato e ce l’ha fatta, mi ha dato una forza in più per dire: lotto e prendo quello che voglio”.
Cosa si aspetta da questo grande manifestazione che l’aspetta, i Giochi Paralimpici?
“Di dare il mio meglio, questa è l’unica cosa che mi metto in testa. Però sono ancora molto giovane per portare a casa una medaglia o cose così, però sono già molto felice di poter andare e dopodiché si vedrà”.
Come si vede tra 10 anni?
“Non lo so. Diciamo con molta esperienza sulle spalle, penso di vedermi molto felice perché già adesso lo sono, e chi lo sa, forse ancora atleta forse no…”