Il calcio come passione travolgente, l’atletica come incontro che gli ha cambiato la vita. Un binomio distintivo per il percorso sportivo di Lorenzo Marcantognini, che da anni porta avanti in parallelo, e con grande profitto, la carriera di attaccante nella disciplina del calcio amputati e quella di velocista, dove è specializzato nei 100 metri piani.
La doppia specialità
Nato senza tibia, ha subito l’amputazione dell’arto sinistro prima di compiere 4 anni. Sono le difficoltà, tuttavia, ad aver presto dovuto fare i conti con la determinazione del giovane, che ha trovato da subito nello sport la sua dimensione ideale, nella quale mettersi alla prova e migliorarsi fino a ottenere risultati sempre più importanti. Dalle soddisfazioni con i club e la Nazionale Italiana di calcio amputati, con la quale nel 2018 è stato anche ricevuto in udienza da Papa Francesco per ricevere le congratulazioni per gli ottimi risultati ottenuti al Mondiale, alle grandi prestazioni sfoggiate sulla pista di atletica.
In art4sport per sognare in grande
Classe 2002, originario di Fano, in provincia di Pesaro e Urbino, Marcantognini fa parte del team di atleti paralimpici coinvolti nel progetto fly2paris, l’iniziativa pensata e realizzata dall’Associazione art4sport onlus, creata nel 2009 su iniziativa di Beatrice “Bebe” Vio Grandis insieme ai genitori Teresa Grandis e Ruggero Vio. L’obiettivo, come quello di molti colleghi, risponde al nome dei Giochi Paralimpici di Parigi 2024, con una qualificazione ancora da conquistare e che si deciderà nei prossimi giorni.
Quale aggettivo sceglierebbe per rappresentare un evento come le Paralimpiadi?
“Se dovessi sceglierne uno solo direi ‘unico’. Si tratta dell’obiettivo a cui ambiscono tutti gli atleti del mondo, una volta arrivati lì ci si trova di fronte al meglio che il panorama sportivo internazionale possa offrire, sia nel contesto olimpico che paralimpico. Il livello sarà altissimo, cercherò sicuramente di ‘rubare’ qualche segreto ai migliori. Negli anni scorsi con art4sport avevo già preso parte al progetto fly2tokyo, ma questa sarà la mia prima Paralimpiade dal vivo, quindi sono molto emozionato”.
Che cosa le sta dando, in tutto questo, il percorso con fly2paris?
“Mi sta dando tantissimo, siamo una vera squadra, una famiglia nella quale c’è un clima gioviale, dove si scherza sempre in compagnia. È importante avere un gruppo che ha condiviso con te esperienze e sacrifici nel corso dei mesi, essere insieme e sostenersi è una molla che spinge a lottare con ancora più energia e voglia di arrivare. In campo alla fine si va da soli, ma quel che è certo è che faremo tutti il tifo l’uno per l’altro e saremo uniti nella vittoria come nella sconfitta. Oltre a questo, fly2paris mi sta garantendo l’opportunità di allenarmi al meglio con uno staff di eccellenza e di parlare e confrontarmi con atleti già affermati come Bebe (Vio Grandis, ndr), che conosco da tanti anni e che rappresenta sempre un modello per me”.
Quali sono le sue previsioni in ottica qualificazione?
“Si deciderà tutto nelle gare che disputerò a metà luglio. Inoltre dipenderà molto dal numero di slot guadagnati o messi a disposizione per la nostra Federazione. Onestamente la vedo molto complicata. In alternativa, siccome il progetto fly2paris prevede la presenza a Parigi di tutti gli atleti del team, qualificati e non, sarò comunque lì a supportare i miei compagni”.
La sua storia con art4sport parte da lontano: è entrato a contatto con l’Associazione quando lo sport faceva già parte della sua vita…
“Lo sport è per me una componente fondamentale sin dall’infanzia. Dopo aver subito l’amputazione dell’arto sinistro, ho iniziato con il nuoto in ottica di riabilitazione post-operazione per il mio fisico. Poi è arrivato il calcio, grazie alla famiglia e agli amici, ed è stato amore a prima vista: sono partito giocando con la protesi per poi passare anche alle stampelle, con l’approdo in Nazionale. Nel 2015, su consiglio di mio padre, ho cominciato a praticare anche l’atletica ed è stata come una seconda illuminazione. Dal 2012 faccio parte di art4sport, ma il primo contatto risale a qualche tempo prima, a Bologna, dove mi ero recato per assistere a un evento tematico sulla disabilità. Ho fatto poi una conoscenza più approfondita con Bebe Vio Grandis e con i genitori Teresa Grandis e Ruggero Vio al compleanno di art4sport a Mogliano Veneto. Da lì ha preso il via una bellissima storia che prosegue ancora oggi”.
Uno sport di squadra e uno individuale, che cosa le hanno insegnato a livello personale e tecnico?
“Premetto che non considero l’atletica uno sport totalmente individuale. Certo, quando corri poi sei solo, ma il lavoro che c’è dietro, con i preparatori e gli altri ragazzi con cui mi alleno è un ingrediente importantissimo per massimizzare i risultati in allenamento ed esprimere poi il tutto in gara. Calcio e atletica sono quindi per certi versi simili, ma allo stesso tempo mostrano lati diversi. Il primo per me è passione pura, mi trasmette da sempre la dimensione del gioco e del divertimento in gruppo; con la seconda ho capito in maniera ancora più profonda che cosa significa la parola sacrificio”.
Nel 2022 ha avuto modo di conoscere anche Simone Perrotta, campione del mondo nel 2006 con la Nazionale Italiana, e di passare alcuni giorni in Senegal per un progetto molto interessante. Ci racconta di che cosa si è trattato?
“Grazie all’Associazione Italiana Calciatori, sono stato a Dakar in rappresentanza della sezione calcio amputati, nell’ambito di un progetto di formazione e sensibilizzazione sull’inclusione sociale e scolastica delle persone con disabilità attraverso il calcio realizzato in partnership con l’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo. L’obiettivo era quello di fornire agli educatori sportivi locali un modello che potesse contribuire all’inclusione già a partire dalle scuole. Quando ho saputo di questa opportunità mi sono offerto subito, dal momento che mi ritengo un ragazzo molto intraprendente che ama le nuove esperienze. Ho vissuto tante emozioni, ho conosciuto tanti giovani che vivono situazioni di difficoltà, in un contesto in cui lo sport paralimpico non ha ancora raggiunto un buon livello di popolarità, ma essere lì ci ha permesso di confrontarci e di capire ancora di più quanto conti davvero il sostegno alla pratica sportiva per le persone con disabilità. Per questo ci tengo davvero a ringraziare l’AIC, Fabio Poli e Simone Perrotta, che hanno reso possibile e hanno condiviso con me una delle avventure più belle della mia vita”.
Tra questi momenti emozionanti ci sono anche gli eventi all’insegna dell’inclusione organizzati ogni anno da art4sport. Che cosa rappresentano per lei?
“Come dico sempre, l’evento più bello è il prossimo! Negli ultimi anni la crescita del movimento WEmbrace e di tutti i suoi appuntamenti annuali è stata incredibile: ammiro davvero il lavoro che c’è dietro all’organizzazione, per la quale tutti danno sempre il 100%.
Ai WEmbrace Games 2024, che si sono svolti il 17 giugno scorso allo Stadio dei Marmi di Roma, siamo anche riusciti a vincere insieme alla mia squadra, quella di Fano, e quella resta sempre la gioia più bella (ride, ndr)!”.
La distanza tra mondo olimpico e paralimpico crede sia ancora molto ampia?
“Negli ultimi anni lo sport paralimpico ha visto uno sviluppo importante, soprattutto per quanto riguarda le Paralimpiadi, in un certo senso sono emerse la vera essenza e la visione pura e semplice delle qualità degli atleti in quanto tali. Il gap non è più così ampio. A mio avviso potrà rimanere una differenza dal punto di vista del gesto tecnico, ma tutto il resto, ossia gli aspetti che più contano, è assolutamente comune. A contribuire all’aumento della popolarità sono stati anche gli straordinari risultati ottenuti da atleti come Bebe Vio Grandis e da tutti i fantastici ragazze e ragazzi delle varie discipline paralimpiche. Sono sicuro che il movimento sia destinato a crescere ancora”.
Hai un idolo o un punto di riferimento in particolare?
"Sono da sempre fan di Alessandro Del Piero, un campione e un personaggio davvero straordinario. Crescendo e imparando a osservare attentamente il contesto che mi circonda, anche al di fuori dello sport, sono arrivato a identificare mio padre, mia madre e mia sorella come miei personali idoli, che mi sono sempre stati vicini e mi hanno sostenuto. Poi c’è Bebe (Vio Grandis, ndr), che per me rappresenta molto come amica e punto di riferimento. Ammiro molto anche Jannik Sinner, la sua umiltà e la sua mentalità, lo considero un vero e proprio mentore”.
Il nome di Del Piero richiama la Juventus, della quale è tifoso. Che sensazioni ha in vista della nuova stagione?
“Sono un tifoso che ama pensare positivo, credo che con le novità in panchina e sul calciomercato la squadra sarà in grado di ripartire alla grande e di puntare a grandi risultati. Penso che la flessione negli ultimi anni dopo i tanti successi sia stata fisiologica, ma ritengo anche che possa costituire una spinta per rilanciarsi”.
Le esperienze e il tempo aiutano indubbiamente a imparare a conoscere se stessi e le proprie caratteristiche: ci indica un suo pregio e un suo difetto come atleta?
“Le qualità che mi riconosco sono la predisposizione al sacrificio e al lavoro duro, mi piace non mollare mai, essere sul pezzo e non risparmiarmi mai. Punto deboli ce ne sono parecchi (ride, ndr). Voglio migliorare alcuni aspetti relativi alla gestione della sconfitta, inquadrarla come una componente inevitabile per chi vive la competizione e trarne insegnamenti utili che mi possano aiutare a progredire nel mio percorso”.
E per il futuro? Quali sono i progetti a lungo termine in ambito sportivo e non?
"Al momento sono concentrato su Parigi, il mio orizzonte temporale è quello. Tra quattro anni ci saranno i Giochi Paralimpici a Los Angeles e lì sarà ancora un’altra storia. Parallelamente, sto portando avanti un percorso universitario di studi in Management e Marketing a Bologna. È difficile conciliare tutti gli impegni, però al di là dello sport è importante per me e per il mio futuro raggiungere un traguardo come la laurea”.