Papi, il sogno sfumato di Parigi 2024: “Voglio Los Angeles con tutto me stesso”

L’azzurro di pallacanestro paralimpica è un fiume in piena di tenacia, grinta e voglia di fare. La partita più bella? “Quando sono tornato in quella che era la mia scuola media, nel 2016, per far vedere in cosa consistesse il basket in carrozzina”

di MARIANNA GRAZI
4 agosto 2024
Giulio Maria Papi

Giulio Maria Papi

Idee chiare, la voglia di non arrendersi mai. E poi sogni, tanti sogni. Giulio Maria Papi è l’ultimo atleta entrato a far parte dell’associazione art4sport, ufficialmente dal gennaio 2024, ma ha l’esperienza del veterano. Punto fisso della Nazionale di basket in carrozzina, un osteosarcoma grave al femore e al ginocchio destro a 15 anni gli ha rivoluzionato la vita, senza però riuscire ad arginare la sua tenacia e voglia di fare. Le Paralimpiadi sono sfumate, ma il sogno no. Un sogno che ora è già rivolto a Los Angeles, tra quattro anni. Con un fuoco che arde e che reclama riscatto… Papi, a 15 anni è la sua vita cambia radicalmente. Ci racconta cos’è successo?

“È difficile da spiegare. Quando è arrivata la malattia, lo sport nella mia vita non esisteva. Fa ridere dirlo adesso, ma non conoscevo nemmeno il mondo paralimpico. È stato mio cognato ad introdurmi a questa realtà, qualche mese dopo che ero tornato a casa dalla convalescenza. Mi sono informato, avevo giocato a basket da 8 a 10 anni, ma poi non avevo voglia di allenarmi e avevo mollato”. Quindi la sua nuova esperienza rappresenta un momento di rivalsa anche verso lo sport che aveva abbandonato?

“Sì, è proprio così. Ho pensato: ‘Quello che non ho fatto con le gambe lo faccio ora, con le braccia’. Arrivavo da un anno e mezzo in ospedale, fino ai 17 anni e mezzo praticamente, immaginate quanto mi potesse far bene lo sport. È nato come terapia, poi è diventato una parte fondamentale della mia vita. Così è iniziato questo percorso. Ora, anche grazie ad art4sport, voglio far conoscere anche ciò che facciamo io e i miei compagni”. Ci racconta una delle sue vittorie più belle? “Certo, ma il campo conta poco. Sono tornato in quella che era la mia scuola media, nel 2016, per far vedere in cosa consistesse il basket in carrozzina. Un’emozione incredibile. A me a scuola nessuno aveva mai parlato dello sport paralimpico. E poi, insomma, ho conosciuto l’Associazione. Bebe e tutti gli altri ragazzi. E alla fine sono entrato anche nel progetto fly2paris, con sempre lo stesso obiettivo: sensibilizzare sempre di più”.

Giulio Maria Papi
Giulio Maria Papi

Ci spieghi meglio…

“Quando sono stato male, mi sono accorto di aver sempre evitato le emozioni. I dottori mi avevano diagnosticato al massimo due anni di vita e io mi ripetevo: ‘se mi succede questo è perché posso superarla’. Ho iniziato poi a sentire un’energia dentro mai avuta prima. Da quando ho avuto la malattia ho sempre pensato che volevo fare qualcosa di grande della mia esistenza”. Il clic quando è scattato… “Al Santa Lucia, quando sono salito sul parquet. Dentro di me ho detto: ‘Mamma mia’, ho proprio sentito che qualcosa stava cambiando. Prima avevo magari un po’ di timore nell’affrontare la vita di tutti i giorni. Da lì è sparita”.

C’è un consiglio che darebbe alle persone che oggi magari sono in difficoltà? “Un solo consiglio, secondo me importantissimo: ascoltare se stessi. Pensare a che cosa possa avere nella testa un’altra persona non porta a nulla, crei soltanto dei preconcetti con te stesso. Serve avere la forza di essere autentici, di non etichettarsi. Ci sono tanti ostacoli, sì, ma ci sono sempre dei modi per superarli. Ma bisogna avere la forza di sognare”.

A proposito di sogni: quello della Paralimpiade purtroppo è svanito

“Sì, ma quello è un sogno che resta comunque vivo. Anche a Tokyo non siamo riusciti a qualificarci con la Nazionale ed ero nel gruppo – anche se solo per far numero – anche nel gruppo di Rio. Dico la verità, credevo che ci saremmo qualificati. Eravamo tutti consapevoli di potercela fare, ma abbiamo peccato di lucidità nei momenti chiave”.

Avete perso col Canada nella sfida decisiva. E con loro avevate sempre vinto…

“Dal 2018 al 2024, prima della partita fondamentale, tre gare e tre vittorie. È vero che a questo livello può accadere tutto in 40 minuti. Credo sia stato uno dei momento più difficili della mia carriera”.

È già riuscito a resettare tutto?

“Ora è passato un po’ di tempo e posso dire che mi si è accesa una fiamma che devo riuscire a custodire e coltivare. Voglio Los Angeles con tutto me stesso…”. Sempre con il supporto anche del team di fly2paris… “Per me è tutto nuovo. Sono entrato nel team di fly2paris per ultimo e faccio parte di art4sport da gennaio, dal ritiro di Abano Terme. Ne avevo già parlato con Bebe e Teresa (Grandis, Presidente di art4sport, ndr). Io credo che la parola chiave ‘sia scelta’: il lavoro che svolge l’organizzazione non è finalizzato al fare diventare tutti atleti, ma a dare a ciascuno l’opportunità di scegliere. Scegliere di competere, di partecipare. Inoltre si comunicano i valori paralimpici, coinvolgendo le persone. Io ho visto l’amore che viene dedicato a questo progetto e mi ha illuminato”.  

Quindi sarà presente a Parigi? “Sì, con la casacca di fly2paris. E poi ci rivediamo a Los Angeles (sorride, ndr)”.