Nascondere un problema – o ciò che viene ritenuto tale – non è il modo corretto per tentare di risolverlo, si sa. Ma l’informazione italiana, pubblica o privata che sia, sembra aver intrapreso esattamente questa strada per trattare e raccontare la questione migratoria.
Dalla pubblicazione del XII Rapporto Carta di Roma, infatti, emerge proprio come il tema venga trattata dalle testate giornalistiche o da altri media tradizionali non in funzione del reale impatto del fenomeno, ma seguendo altre logiche. Tant'è che per il report, intitolato 'Notizie di contrasto', la parola simbolo del 2024 è "Albania". Un riferimento agli accordi con Tirana per il trasferimento di migranti dall'altro lato del Mediterraneo.
Valerio Cataldi: "Così le persone scompaiono"
Secondo quanto dichiarato dal presidente uscente dell’Associazione, Valerio Cataldi, il 2024 è un anno nel quale, in merito al tema migratorio, a sparire sono state proprio le persone coinvolte mentre, ad acquisire nuovamente risalto, sono stati gli esponenti politici con le loro dichiarazioni. Il riferimento è, ovviamente, al Cpr in Albania voluto da Giorgia Meloni in persona, rivelatosi un vero fallimento a causa, in particolar modo, della vacuità normativa di riferimento evidenziata a più riprese dal Tribunale di Roma.
Lo studio, presentato dal ricercatore dell’Osservatorio di Pavia Giuseppe Milazzo, ha evidenziato come la questione migratoria sia stata affrontata il 42% delle volte in meno sulle prime pagine dei quotidiani, mentre per i tg nazionali in prima serata la contrazione si è assestata sul 41%. Una trattazione, quella offerta dai media mainstream, proposta il più delle volte in chiave allarmistica, volta a descrivere il fenomeno come un’emergenza permanente nonché di primaria importanza.
La politicizzazione del fenomeno
Ciò che manca, inoltre, è una qualsiasi correlazione tra reale intensità del fenomeno e copertura mediatica. Molto spesso, infatti, i media hanno amplificato – nei numeri e nei toni – una realtà decisamente più circoscritta mentre, ad oggi, sembrano essersi assestati su una linea editoriale ben più professionale. Fattori che, in passato, hanno senza dubbio aiutato determinate frange della politica italiana che, per lunghi anni, si sono proposte come la soluzione al peggior problema che l’Italia potesse affrontare. E una rimodulazione nei toni e nei termini, come dimostrato dal minor utilizzo di epiteti discriminatori proposti nelle prime pagine dei giornali, non fa altro che alimentare un’aura di risoluzione del fenomeno, percepito a lungo come dannoso, da parte dell’attuale classe politica.