Carceri e immigrazione, alla luce degli attuali movimenti intra-parlamentari che stanno quotidianamente balzano agli onori della cronaca, costituiscono due tematiche particolarmente calde tra quelle affrontate dall’opinione pubblica italiana. E il Cpr annunciato da Giorgia Meloni e Edi Rama nei mesi scorsi su suolo albanese, in seguito alla denuncia di Gennarino de Fazio, riesce ad unire a pieno questi due argomenti, innestandosi nel complesso alveo dei diritti dei carcerati e degli immigrati.
I costi per il Cpr in Albania
Il segretario del sindacato Uilpa polizia penitenziaria, nel corso di un’intervista a La Stampa, ha rivelato alcuni dei costi che la pubblica amministrazione dovrà sostenere per il solo comparto relativo alle forze dell’ordine chiamate a garantire la sicurezza delle strutture edificate appositamente a Shengjin (San Giovanni Medua), al confine col Montenegro. Un caso definito dal Gip di Roma “un vero e proprio rebus giuridico”, che per mesi ha fatto discutere maggioranza e opposizione e che, in seguito alle dichiarazioni di de Fazio, è destinato a far spendere ancora più parole sulla pelle dei migranti i quali, nei piani, dovrebbero iniziare a fluirvi nei prossimi mesi.
Un’apertura del sindacato e destinata, come già detto, a far discutere ancora una volta a causa del peso dell’iniziativa sulle casse dello Stato. Un vero e proprio paradosso, vista la procedura di infrazione alla quale il nostro Paese è già stato sottoposto dall’Unione Europea per non riuscire a garantire i diritti dei detenuti sul suolo italiano. Ma il Cpr sul suolo albanese da 1120 posti, coadiuvato da una struttura carceraria in grado di porre in custodia fino a 24 persone e un hotspot sulla costa da 300 posti, richiederà ben 300 funzionari e membri tra forze dell’ordine e di polizia per prendere il via. Il costo, relativo alle sole retribuzioni e indennizzi di rientro, è stato stimato attorno a 30mila euro al giorno, per un totale di ben 900mila euro al mese. Una somma che, a regime, supererà facilmente il milione di euro, considerando tutte le voci ancora escluse dal computo presentato da de Fazio ai giornalisti.
Lo status delle carceri italiane e il paradosso albanese
Ciò che ha scaturito la reazione dei sindacalisti, però, non è il Cpr in sé, tema alquanto dibattuto e considerato dall’opposizione un mero diversivo, ma l’errato impiego di risorse fondamentali per contribuire a risolvere la difficile situazione che presentano le carceri italiane. “Se in Italia c’è un poliziotto ogni tre reclusi, circa 25mila per oltre 61mila persone, lì ce ne saranno tre per ogni detenuto” dichiara de Fazio, supportato dalle parole di Aldo di Giacomo, segretario generale Spp, Sindacato Polizia Penitenziaria: “Un errore di comunicazione può causare problemi seri, ma nessuno di noi è stato formato sul come porsi con queste persone”.
Le dichiarazioni di de Fazio e di Giacomo, riferite alla struttura carceraria destinata a detenere coloro che causeranno problematiche durante l’iter presso il Cpr, accendono nuovamente un faro nel buio delle carceri italiane, spesso sovraffollate e dimenticate, nonché ritenute luoghi ormai impossibilitati alla riabilitazione in società del detenuto. Ma in giorni come questi, contraddistinti da un’importante sequenza di interrogativi in merito ai diritti dei detenuti e dei migranti, una parte del Parlamento a trazione forzista sembra – finalmente – voler destinare una maggior attenzione al tema. La consueta speranza è che interessi di partito o di coalizione in merito, in particolar modo, a tematiche quali carceri, immigrazione e Ius Scholae, non finiscano per prevaricare sui diritti e sull’accoglienza.