Che cosa significhi, di preciso, in politica “scateneremo l'inferno” bisogna capirlo. Quindi dovremo attendere le prime mosse da europarlamentare di Roberto Vannacci, il generale, che quella frase l’aveva detta all’unisono col suo mentore (e di lui ora salvatore) Matteo Salvini.
E se la destra italiana leghista cita Massimo Decimo Meridio (nel celebre film di Ridley Scott, “Il Gladiatore”) come proprio ideologo, quella frase suona di certo meno rassicurante della prima pronunciata, appena conosciuto l’esito delle urne, da Ursula von der Layen, la presidente uscente e probabilmente entrante della Commissione Europea, che ha parlato del proprio raggruppamento, il Ppe, come “l’ancora di stabilità” del nostro Continente. Ma l’Europa ha proprio bisogno di una bussola che eviti di farci perdere chissà dove?
Europee: la Destra vince, i socialisti reggono, crollo dei liberali
Probabilmente ne ha molto più bisogno di prima. La Destra esce vincitrice da questa consultazione, anche se non travolge gli avversari come sperava, pur disarcionandoli in due dei Paesi cosiddetti forti e quindi più influenti: la Francia e la Germania. Marine Le Pen e il suo scudiero Jordan Bardella a Parigi come Afd a Berlino mettono in seri guai il repubblicano Macron e il socialista Scholz che vedono le loro maggioranze destabilizzarsi. Per entrambi, però, proprio il Partito Popolare Europeo – quello di Tajani ma per ora non della Meloni – sembra essere quella “ancora” di cui parla la von der Layen, in questo caso di salvezza più che di stabilità avendo guadagnato nove determinanti scranni.
E mentre i socialisti – che hanno perso, in fondo, solo 2 seggi rispetto alla legislatura precedente – si possono definire contenti, meno lo sono i liberali di Renew che di eurodeputati ne hanno persi 23, in pratica la dote portata ai Conservatori dalla nostra premier: Ecr ne guadagna 4, Identità e democrazia 9, ma forse questa “vittoria” ha legato ancor più la cosiddetta “maggioranza Ursula” da cui la destra è per ora esclusa.
L’impatto sulla politica estera
Ma che cosa vuol dire la scossa del voto in alcuni Paesi, come ad esempio quelli nominati, o in Belgio? Ma anche la parziale delusione dei partiti di Orban in Ungheria, di Fico in Slovacchia e dei nazionalisti polacchi? Deve comunque spingere finalmente a decidere per una difesa comune, per una Europa unita che dica la sua in politica estera, anche perché se vincesse Trump in America sarebbero davvero guai per il nostro Continente. Che quindi deve ritrovare una parola unica sull’Ucraina e sulla Palestina, scenari di guerra che sono attaccati ai nostri confini.
I temi cari alla Destra europea
Sicuramente le destre spingeranno sull’acceleratore di alcune loro battaglie, come quella dell’immigrazione, e qui le distanze fra Meloni e von der Layen sembrano meno nette che su altri temi. La sovranità degli Stati su automotive, case verdi, concessioni demaniali e in genere sul principio che ogni Stato deve avere una propria visione su molte materie rischia di impoverire assai la cultura comune europea. Nel suo programma per l’Europa, la premier Meloni ha inserito una sorta di Piano Mattei trasnazionale per l’approvvigionamento delle materie prime e anche lo sviluppo del nucleare di ultima generazione che consenta un ricambio delle fonti energetiche che non sia schiavo delle diatribe fra nazioni. E proprio sulle due guerre in corso la destra vuole portare avanti la “pace giusta” in Ucraina e il concetto di “due popoli due Stati” per Israele e Palestina.
Ma l’avanzata del fronte conservatore può avere un’altra frenata dall’alleanza fra popolari e socialisti che sembra dominare i pensieri di molti leader in giro per l’Europa. La destra era certa di sfiancare i socialisti nella penisola iberica, e invece in Spagna Vox non ha sfondato come pensava e Sanchez ha tutto sommato resistito; in Portogallo la forza di destra tanto cara a Salvini, Chega, è scesa dal 18% delle legislative di marzo al 9% in questo fine settimana, tanto che il primo ministro conservatore Luis Montenegro (battuto nelle urne europee dai socialisti) nella sua prima dichiarazione ha confermato l’appoggio totale suo e del Ppe per la nomina di Antonio Costa, ex premier socialista lusitano, come presidente del Consiglio Europeo al posto di Michel.
E senza la sponda popolare, Meloni, Orban, Le Pen, gli olandesi, i nuovi belgi, gli slovacchi e gli sloveni, gli estremisti tedeschi e austriaci, possono fare ben poco. La spallata non è andata a buon fine, ma certo qualche concessione Meloni e i suoi alleati cercheranno di conquistarla. In attesa delle parole decisive del generale Vannacci. Ma soprattutto di come Francia e Germania risolveranno il loro pasticciaccio interno.