Perché non basta una donna al potere: per Schlein il femminismo non è un’etichetta

In vista delle elezioni regionali in Umbria, la segretaria del PD accende il dibattito sul potere delle donne: non basta occupare posizioni di vertice, servono politiche coraggiose che tutelino davvero i diritti femminili.

di MARGHERITA AMBROGETTI DAMIANI
16 novembre 2024
Elly Schlein partecipa all'evento 'Pace, l'utopia che deve farsi realtà'

La segretaria del PD Elly Schlein (ANSA)

In un clima politicamente infuocato, in vista delle elezioni regionali in Umbria ed Emilia Romagna, la segretaria del Partito Democratico, Elly Schlein, ha scelto di alzare i toni su una questione cruciale e tutt'altro che risolta nel nostro Paese: la differenza tra leadership femminile e leadership femminista.

Durante un comizio carico di passione, ha tracciato un confine netto tra il semplice fatto di essere una donna al potere e l’impegno di portare avanti politiche che tutelino realmente i diritti delle donne. “C’è una bella differenza tra una leadership femminile e una femminista”, ha detto Schlein senza mezze parole. Secondo la segretaria dem, quella di genere non è solo una questione di rappresentanza, ma di sostanza.

Femminile e femminista: perché non basta essere una donna al potere

Una leadership femminile può prosperare anche in contesti che restano patriarcali, perpetuando logiche di potere che ignorano le reali esigenze delle donne. La leadership femminista, invece, implica un impegno concreto nel contrastare queste dinamiche, non solo raggiungendo parità numerica, ma cambiando il sistema alla radice. Un impegno che passa attraverso politiche coraggiose che pongano al centro i diritti, a partire da quelli riproduttivi.

Cosa succede in Umbria

Le sue parole all’indirizzo della premier Meloni e della candidata alla Regione Umbria, Donatella Tesei, arrivano in un momento cruciale. In Umbria, la giunta di centrodestra - nel 2020 - aveva reintrodotto l’obbligo di ricovero di tre giorni per l’interruzione volontaria di gravidanza tramite metodo farmacologico, contravvenendo alle linee guida ministeriali che promuovono un accesso più snello e meno invasivo. Una misura che, sin dal principio, ha avuto il sapore di un ritorno al passato, riaffermando un controllo sui corpi delle donne che dovrebbe essere superato.

Alla luce di ciò, le parole di Schlein risuonano ancora più forti: la battaglia di genere non è solo una questione formale, ma sostanziale per la dignità e la libertà delle donne. In un Paese dove il dibattito sui diritti femminili è spesso strumentalizzato per fini elettorali, Schlein ribadisce che il femminismo non è un’etichetta per raccogliere consensi, ma un impegno politico concreto.

Diritti femminili: la strada è lunga

In Italia, è utile ribadirlo, la strada è ancora lunga. Dall'accesso all'aborto alla disparità salariale, dalla violenza di genere alla discriminazione sul lavoro, è evidente che non possiamo più affidarci a leadership che si limitano a “tinteggiare di rosa” vecchie logiche di potere. Il messaggio è chiaro: la battaglia non è finita. L’auspicio è che tutte le donne, a partire da quelle che militano a destra, abbraccino senza indugi le lotte per l’autodeterminazione, per il diritto di scegliere, per la dignità di tutte. La vera frontiera, il vero tetto di cristallo da abbattere, è quello che ci divide non per ideologie politiche, ma per la capacità di difendere la libertà femminile. La libertà delle donne non ha bandiere, ma solo una direzione: avanti, senza più passi indietro.