A cinquant’anni Lisa Noja, consigliera regionale in Lombardia, affetta da Sma2, non ci sta più ad usare (solo) le buone maniere. Lo dichiara apertamente in chiusura ad un’intervista rilasciata a Luce! proprio in occasione della Giornata Internazionale delle persone con disabilità, ma lo fa con la consueta educazione e con la gentilezza innata nei modi e nella voce, come a sottolineare che questa decisione le costa cara. “Sono cinquant’anni che cerco di far capire al nostro Paese che le persone con disabilità fisica o mentale non sono cittadini di serie B, e l’ho sempre fatto utilizzando atteggiamenti incentivanti, cercando di far passare il messaggio che essere inclusivi è conveniente per tutti. Ma a quanto pare questo modus operandi non sta funzionando. E allora il mio appello va a tutta la popolazione, non soltanto alle persone con disabilità, ma anche e soprattutto alle altre, perché quella di cui stiamo parlando è una battaglia per i diritti civili, al pari di quelle portate avanti dalla comunità lgbtq+. La verità è che il mondo è costruito senza tenere conto dei bisogni di persone che, come me, hanno un corpo considerato non conforme alla supposta normalità”.
È questo che la indigna maggiormente consigliera? “Vede, la SMA è una cosa del destino, una tegola che ti cade in testa e quando capita l’unica scelta che puoi fare è adattarti. Ma le barriere architettoniche, gli spazi preclusi, le scale quando ti trovi su una carrozzina e non puoi salirle dipendono solo dagli esseri umani. Ecco, vorrei semplicemente che tutti gli ostacoli dipendenti dalla volontà umana venissero eliminati e che le persone con disabilità venissero messe alla pari delle altre. Sarebbe bello se succedesse ciò che accade per altre battaglie. Immaginiamo, per esempio, che se un locale pubblico non è a norma e le persone su carrozzina non possono entrarci allora tutti quanti si rifiutassero di andarci. Dobbiamo sollevare indignazione perché l’inaccessibilità alle persone con disabilità è una forma di autentica discriminazione. In Italia, invece, se puoi entrare in un posto significa che i proprietari sono stati bravi, se non puoi entrare “è perché non è stato possibile”, punto. Invece le cose non stanno per niente così. Grazie all’attivismo, soprattutto da parte di tanti giovani, il mondo sta cambiando, perciò è arrivato il momento della lotta. Ogni cittadino deve prendersi carico della questione dei diritti delle persone con disabilità, esattamente come se ne fa carico per i diritti lgbt o per la discriminazione razziale. Ne deriva il grado di civiltà del nostro Paese. Non si può essere conniventi con ambienti di pubblico interesse che appongono cartelli immaginari con su scritto “Qui tu non sei il benvenuto”. È vero che abbattere le barriere architettoniche ha un costo, ma è pur vero che quando si parla di norme sulla sicurezza nessuno si pone il problema se adeguare o meno un locale, va fatto e basta, si spendono soldi e basta. Quello della sicurezza è un diritto fondamentale, ma perché il diritto delle persone con disabilità non lo è?”.
Cos’è la Sma?
Per chi non lo sapesse la SMA è una patologia rara che affligge i motoneuroni (leggi apparato motorio), ciò significa che porta le persone all’incapacità di muoversi, pur rimanendo però cognitivamente perfettamente attive. Tanto che la consigliera Noja ha condotto una vita professionale impeccabile, portando a casa importantissimi traguardi…
“Nella vita quotidiana ho bisogno di aiuto per compiere qualsiasi gesto, come vestirmi e lavarmi, e non posso vivere da sola…nel senso che, anche se non abito più con la mia famiglia, devo avere con me un’assistente personale. Ho complicazioni enormi di tipo pratico, perché la mia vita si svolge su una carrozzina, con tutte le difficoltà logistiche del caso, dunque so bene come una condizione paragonabile alla mia possa impattare con la possibilità di raggiungere l’autonomia economica. La mia unica possibilità per farmi avanti nella vita è sempre stata quella di puntare su un lavoro in cui fosse la testa l’elemento fondamentale, e la mia famiglia mi ha sempre supportato. Fin da quando ero al liceo avevo le idee chiare: volevo fare l’avvocato. Ho frequentato Giurisprudenza, mi sono laureata nei tempi e col massimo dei voti, ma non bastava. Volevo che le mie competenze fossero alte, perciò ho seguito un master in America, superando l’esame di Stato anche lì, e questo mi ha permesso di entrare a lavorare in studi italiani molto importanti e di portare avanti un’ottima carriera. Tanti sforzi e tanta fatica perché sapevo che avrei dovuto essere brava davvero se volevo arrivare da qualche parte, ma la mia fortuna è stata avere una famiglia disposta ad investire su di me, compiendo sacrifici. So che non è sempre così, non tutte le famiglie sono uguali in termini di energia, lungimiranza e disponibilità economiche.”
In questi casi come si potrebbe ovviare?
“È la politica a dover svolgere quel ruolo che io ho avuto la fortuna di avere in famiglia, perché tutti devono avere le mie stesse opportunità. Oggi posso vivere da sola, posso permettermi di pagare una persona che mi affianca e sono autonoma. E sono soddisfatta di essere approdata alla politica con un reddito tale da non percepire la cosa come si trattasse di una vincita fortunata, perché ciò ha rappresentato l’elemento tangibile di quanto avevo costruito con il mio lavoro. Ecco, ora voglio restituire le mie esperienze agli altri, avendo contezza di quelle che sono le complicazioni di una vita come la mia”.
Perché scelse proprio l’America per fare il suo master?
“Ho fatto un master in California all’inizio tra il 2000 e il 2001 perché sapevo che era molto accessibile ed accogliente nei confronti delle persone con disabilità motoria. E in effetti non mi sono mai sentita libera in vita mia come quando ero lì. Non ho mai dovuto chiamare in anticipo per sapere se un museo o un ristorante fosse accessibile. Non dovevo programmare la mia vita in base a cosa fosse alla mia portata e cosa no. Al ritorno in Italia però ho avuto uno shock, perché ormai mi ero abituata ad essere libera. Nel 2024, dopo molti anni, se in America un ristorante non è accessibile è discriminatorio, magari ci sono tante altre cose che non vanno, ma l’accessibilità laggiù non è tra queste, perché è stata frutto di una battaglia per i diritti civili cui hanno partecipato non solo i disabili ma tutti quanti”.
Cosa sogna di raggiungere in politica?
“Il mio sogno a livello normativo esiste già, peccato che non sia praticato… Desidero che ogni persona possa costruire un progetto di vita, possa scegliere di essere medico, giornalista, gestore di un locale o altro. Vorrei che le persone con disabilità non portassero il peso di una vita costosissima per il fatto di dover pagare gli aiuti necessari, e che avessero invece a disposizione percorsi di aiuto per trovare lavoro con esigenze e ritmi specifici. Le situazioni che possono essere migliorate sono tante. Sogno che le persone con disabilità possano aspirare a realizzare i loro desideri di vita, che poi magari non si realizzeranno, come può succedere d’altronde agli altri, ma almeno venissero rimossi quegli ostacoli dettati dal fatto che il mondo è costruito senza tenere conto delle loro esigenze. Vede, io mi arrabbio quando sento la frase “Potrebbe capitare a ciascuno di noi”, perché quando scendo in piazza e, come ho fatto tante volte, combatto per i diritti dei gay o degli stranieri, non lo faccio perché un giorno potrei diventare gay o emigrare, combatto peri diritti civili, perché è giusto e dovuto. Noi non siamo un’umanità a parte che deve accontentarsi.”
Ecco perché oggi, in occasione della Giornata mondiale delle persone con disabilità, con altri consiglieri e consigliere, ha indetto una conferenza stampa di presentazione del nuovo intergruppo del Consiglio della Regione Lombardia “Non autosufficienza e vita indipendente delle persone con disabilità”…
“Sì. Nel corso della scorsa legislatura avevo fatto parte di un intergruppo dedicato alla disabilità alla Camera e al Senato. È stata una bella esperienza, perché ciò che si era venuto a creare era un luogo trasversale, partecipato a titolo personale da persone appartenenti a gruppi parlamentari diversi. Ecco, dunque, che abbiamo ho voluto replicare la stessa cosa in Lombardia, con un risultato molto incoraggiante perché tutti i gruppi hanno aderito, sia dalla maggioranza che dall’opposizione, aprendosi al confronto anche con associazioni attive nel campo dei bisogni delle persone con disabilità, per condividere uno spazio informale e fuori dalla polemica politica, che pure è giusta e legittima, ma non in questo caso. Questo è uno spazio in cui si approfondiscono temi e proposte trasversali del Consiglio, tenendo distinta l’assemblea legislativa dal ruolo della giunta. Abbiamo deciso di intitolare l’intergruppo “Non autosufficienza e vita indipendente delle persone con disabilità” perché ci troviamo nel momento in cui deve essere realizzata la legge delega sulla disabilità. Secondo noi è una delle riforme più importanti degli ultimi anni sul tema e la Lombardia ha già una propria legge sulla vita indipendente, fonte anche di una forte spinta associativa. Questo intergruppo, dunque, rappresenta una importante novità, un’alleanza trasversale che avrà il compito di confrontarsi, collaborare con le associazioni e proporre soluzioni in grado di migliorare la quotidianità delle migliaia di persone con disabilità della Regione Lombardia.”