“Stiamo per votare una proposta di legge che mi onoro di aver pensato, condiviso e presentato come prima firmataria, è per me un grande giorno, ma credo che lo sia per tutte le donne italiane”. Sono passati tredici anni da quando Lella Golfo pronunciò queste parole in Parlamento nel giorno del voto e della successiva approvazione della legge di cui è stata la prima firmataria. “Oggi – così Golfo – la presenza femminile nei board delle società quotate e partecipate ha superato la previsione normativa ed è oltre il 43%. Le aziende e il mercato hanno riconosciuto gli indiscussi benefici del contributo femminile”.
La legge Golfo-Mosca del 2011 ha stabilito l'obbligo per le società quotate e a controllo pubblico di riservare almeno un terzo dei posti nei Cda al genere meno rappresentato. Tale quota è stata successivamente aumentata al 40% con la legge di bilancio 2020. "Una legge epocale – ha spiegato Golfo – che ha contribuito a cambiare il volto non solo della nostra economia. Oggi le quote non sono più un tabù, la presenza femminile in economia come in politica rappresenta una conditio sine qua non per garantire crescita e sviluppo sostenibile in ogni ambito”.
I dati oggi
La presenza femminile nei Cda delle società quotate è passata dal 6,3% nel 2009 al 43% nel 2023, portando l'Italia al terzo posto in Europa, dopo Francia e Norvegia, e al quinto nel mondo. È nostra la maglia rosa europea per percentuale di donne alla presidenza dei comitati: 5% audit, 54% governance, 60% controllo e rischi. Le società soggette alla normativa hanno visto un miglioramento nella performance economica, con un aumento della produttività del 4-6% grazie all'inclusione di donne nei cda. Le ricerche mostrano che le imprese quotate con una maggiore rappresentanza femminile nei Consigli d’amministrazione registrano un aumento del valore delle esportazioni e una maggiore propensione all'internazionalizzazione. Nonostante i progressi, però, ci sono ancora alcune sfide da superare. La presenza femminile nei Consigli d’amministrazione non sempre si traduce in posizioni di comando, con molte donne che ricoprono ruoli di consiglieri indipendenti. Secondo l'ultimo report Deloitte ‘Women in the boardroom 2024’ solo il 4% dei Ceo di Piazza Affari è donna. I dati delle Dichiarazioni non finanziarie delle società quotate evidenziano come le donne dirigenti siano appena il 18%, solo 2 sono le società con una maggioranza di dirigenti donne e 6 non ne hanno affatto.
"Abbiamo raggiunto – sottolinea la prima firmataria della legge – risultati straordinari, ma non possiamo fermarci qui. È essenziale continuare a lavorare per far sì che la rappresentanza femminile non si limiti ai cda, ma si estenda anche alle altre posizioni manageriali e alle prime linee, che si creino piani di successione paritari. Dobbiamo creare un vero effetto cascata che permetta alle donne di avanzare in ogni settore del mondo del lavoro. Le imprese italiane sono mature e pronte per fare un passo avanti indipendentemente dagli interventi normativi. Lo stesso successo della certificazione di genere è un segnale importante in questa direzione. Per questo, il mio appello è all'introduzione di una modifica degli Statuti sociali che preveda la presenza del 40% del genere meno rappresentato negli organismi di amministrazione e in quelli di controllo. Un'iniziativa volontaria da parte delle aziende, un segnale di modernizzazione del nostro tessuto economico”.