È morta a 98 anni Lisetta Carmi, la fotografa che ha dato voce agli ultimi

Di famiglia ebrea, negli anni '60 ha dedicato una serie di scatti ai travestiti nel Ghetto di Genova: "Lì ho capito che non esistono uomini o donne, solo essere umani"

di LETIZIA CINI
6 luglio 2022
Lisetta Carmi a Cisternino (2017, foto di Giovanni Battista Martini)

Lisetta Carmi a Cisternino (2017, foto di Giovanni Battista Martini)

Lisetta Carmi, trans a Genova negli anni '60

Lisetta Carmi, trans a Genova negli anni '60

Un altro modo di osservare il mondo, di avvicinarsi alla realtà. Posare lo sguardo su qualcosa di diverso, altrimenti trascurato e dimenticato. Mancherà lo sguardo curioso e sensibile di Lisetta Carmi, 98 anni compiuti a febbraio, fotografa degli ultimi nota anche per una serie di scatti di travestiti (all’epoca, oggi transgender), raccolti anche in un libro. Grandi occhi azzurri e straripanti di energia fino alla fine della sua lunga esistenza, Lisetta Carmi, nata a Genova, per quasi un ventennio, dagli anni Settanta agli anni Ottanta, ha viaggiato in tutto il mondo con la sua Leica, documentando la vita dei Provos in Olanda, la guerra civile in Irlanda, i villaggi contadini dell'Afganistan, del Pakistan e dell'India. Ha realizzato reportage in Sicilia e Sardegna e ha raccontato con curiosità la sua città, gli artisti che ha incontrato, gli scrittori, i registi, i poeti, gli attori.
Lisetta Carmi fotografata da Toni Thorimbert, Cisternino, 2011 Copyright © Lisetta Carmi, Courtesy Martini & Ronchetti

Lisetta Carmi fotografata da Toni Thorimbert, Cisternino (2011)

“Per tutta la vita ho cercato la verità - ha raccontato a chi scrive -: non quella assoluta, ma quella che ognuno di noi dovrebbe inseguire. Sono ebrea, da bambina ho subito le persecuzioni razziali, e sento dentro di me la sofferenza del popolo ebraico. Una sofferenza che mi ha aperto nei confronti di chi soffre, di chi è oppresso dal potere. Ma sono dispiaciuta per quello che sta succedendo nella striscia di Gaza“.

I travestiti nell'obiettivo di Lisetta Carmi

Lisetta Carmi, trans a Genova negli anni '60

Lisetta Carmi, trans a Genova negli anni '60

Nel 1972 fu pubblicata la sua nota serie I travestiti, ante litteram rispetto al lavoro di molti fotografi successivi, e dalla quale è nato l'omonimo libro. "È stata la storia di una relazione profonda fra me e loro - rispondeva a quanti le chiedevano conto di questa serie di scatti - . Vivevamo nello stesso quartiere a Genova, in Piazza Fossatello, e iniziai a fotografarli nel Capodanno del 1965. Poi regalai a ciascuno di loro tre fotografie e così è cominciato un rapporto di amicizia che è durato sei anni. Ero consapevole dell’importanza che il mio lavoro aveva a livello sociale, politico e storico. Sentivo di star facendo qualcosa di eccezionale in un mondo dominato da bieco perbenismo e da un potere che li usava e li sfruttava. Prima di morire, la Morena, una di loro, mi ha chiamato per salutarmi e mi ha fatto vedere il mio libro. Lo conservava come un bene prezioso". “Ero la terza figlia dopo due fratelli maschi e per un periodo non ho capito bene se ero maschio o femmina, sono stati proprio i travestiti del vecchio Ghetto di Genova che ho fotografato che mi hanno fatto capire che non esistono uomini o donne, ma solo essere umani."
Lisetta Carmi, la prima che in Italia ha fotografato i travestiti (tra il 1965 e il 1967)

Lisetta Carmi, la prima che in Italia ha fotografato i travestiti (tra il 1965 e il 1967)

Gli incontri della sua vita Carmi è una donna, una donna che si occupa di cose sporche. Verrà definita una sporcacciona. Così quel libro che oggi è un cult, I travestiti, fu rifiutato dalle librerie di una italietta bachettona. Lungo il suo percorso di vita e professionale, Lisetta Carmi ha incontrato personaggi che hanno segnato la sua esistenza, primo fra tutti Ezra Pound: “Parlando con lui ho visto la sua immensa anima, la sua grandezza interiore, il poeta infinito e disperato“, il suo commento. E poi i travestiti nell’antico ghetto ebraico di Genova, il porto, il Living Theatre, la metropolitana di Parigi, l’interno di un autobus a Gerusalemme. Solo per citare alcune immagini. “Sono convinta che un buon fotografo -è colui che vede l'altro, che sente l'essenza del mondo in cui si muove - aveva confidato la fotografa - . Ho un merito, quello di aver lavorato tanto, e ho avuto una grande fortuna: riuscire a vedere oltre le cose“.
Ezra Pound nell'obiettivo di Lisetta Carmi

Ezra Pound nell'obiettivo di Lisetta Carmi (1966)

La musica e poi la luce, le manifestazioni di piazza, i reportage nelle favelas, gli anni passati a raccontare l’anima negli occhi dei travestiti, nelle lotte dei portuali, nei volti dei poeti. “Tutta la vita ho lavorato per capire“, raccontava di sé, già anziana, la grande Lisetta Carmi. Un’esistenza moltiplicata per cinque la sua, ma anche incredibilmente varia, ribelle, anticonformista, unica, come sottolinea anche il ministro della Cultura Dario Franceschini, seppure sempre “nel segno degli ultimi, per "dare voce a chi non ce l’ha“. Dai suoni alla luce, perché all’inizio c’era il pianoforte e una carriera da concertista avviata già nell’immediato dopo guerra, a dispetto delle leggi razziali e del trauma - che l'ha segnata per sempre - della cacciata dalla scuola a 14 anni, dei mesi nascosta, dell’esilio in Svizzera.

Lisetta e l'amore per la fotografia

Con il 1960 la prima svolta, quando per inseguire la passione civile scoprì da autodidatta la fotografia e ne fece una professione, abbandonando di colpo il pianoforte, le tournée, gli applausi, per gettarsi con una passione irruenta e felice nel racconto delle vite più disgraziate. “Se le mie mani devono diventare più importanti del resto dell’umanità, allora smetto“, raccontava di aver risposto perentoria al suo maestro Alfredo They che la sconsigliava di partecipare ad una manifestazione di portuali.
Lisetta Carmi e uno sei suo scatti

Lisetta Carmi e uno dei suo scatti

Eccola allora, con una Leika regalatale dal padre, documentare il lavoro durissimo degli operai, le vite umiliate dei transessuali nella sua Genova, l’orrore della povertà più estrema, in Venezuela, dove ogni mattina si faceva accompagnare alla discarica a documentare la disperazione dei tanti impegnati a raccogliere qualcosa da vendere. Anni di scoperte, di battaglie, di viaggi, in Israele, Palestina, Sud America, Afghanistan. Senza dimenticare l’impegno per il teatro.

I ritratti e l'incontro con Ezra Pound

Ezra Pound nell'obiettivo di Lisetta Carmi (1966)

Ezra Pound nell'obiettivo di Lisetta Carmi (1966)

O i tanti ritratti di artisti e intellettuali, alcuni rimasti leggendari, come quello che immortala il poeta Ezra Pound già anziano, gli occhi che brillano nel viso scavato di rughe. Uno scatto ottenuto in 4 minuti, racconterà poi dopo lei: “Ma in quei 4 minuti ho capito quale grande poeta era. E soprattutto che non era fascista“. Un lavoro enorme, concentratissimo.
Annalisa Carmi, meglio conosciuta come Lisetta Carmi (1924-2022)

Annalisa Carmi, conosciuta come Lisetta Carmi (1924-2022)

“In 18 anni ho fatto quello che si fa in 50“, riconosceva qualche tempo fa con un pizzico di orgoglio, felice della riscoperta recente dei suoi scatti, con tante mostre che le hanno reso omaggio, dalla retrospettiva del 2018 a Roma al Museo in Trastevere, alla collettiva della Quadriennale “Fuori“, la rassegna del Man di Nuoro nel 2021, fino all’ultima, chiusa solo un paio di mesi fa a Palazzo Ducale di Genova dedicata al Porto e ai suoi lavoratori. “Il successo non l’ho mai cercato“, spiegava illustrando l’ennesima nuova vita, quella dedicata «al silenzio e alla meditazione», che aveva scelto alla fine degli anni Settanta dopo l’incontro folgorante, in India, con il maestro yogi Babaji Herakhan Baba.
Orgosolo, 1962: dalla mostra di Lisetta Carmi al MAN di Nuoro

Orgosolo, 1962: dalla mostra di Lisetta Carmi al MAN di Nuoro (2021)

Anche qui una svolta, Lisetta considera finito il suo lavoro di fotografa, accoglie per sé un nome spirituale, Janki Rami, e si dedica mettere in piedi un luogo di spiritualità in Puglia, a Cisternino, dove aveva comperato un trullo e dove vivrà quasi cinquant’anni della sua lunghissima vita, lasciando al comune una parte delle sue foto e centinaia di libri. “All’inizio è stato duro, le persone qui non avevano nessuna apertura verso il divino - raccontava ancora lei“, dettando sicura le volontà per il dopo. "Voglio essere cremata e poi dispersa in mare - le sue volontà espresse in vita - , nessuna tomba per me, voglio lasciare il segno negli esseri umani“. Il segno rimane, nell’atmosfera lieve, oggi, della stanza del commiato allestita per lei a Cisternino, in provincia di Brindisi, come nei tanti volti scolpiti nella luce del suo bianco e nero. Il messaggio è stata lei a indicarlo, ricordando una volta di più la ferita delle persecuzioni subite e di quelle alle quali ha assistito: “Ricordatevi, sempre, di pensare agli altri“. A chi le domandava perché avesse scelto come soggetto i travestiti rispondeva: “Tutto è iniziato con una festa di Capodanno a cui sono stata invitata, ho scoperto la sofferenza e la solitudine di persone davvero perbene”.