I 27 Stati dell’Unione europea producono 12,6 milioni di tonnellate di rifiuti tessili all’anno. Da soli, abbigliamento e calzature ne generano 5,2 milioni, equivalenti a 12 kg pro capite annuali.
La raccolta differenziata dei rifiuti tessili
Che il settore tessile sia uno dei maggiori indiziati quando si parla di rifiuti e di smaltimento illecito o dannoso, è cosa nota. Per questo l’impegno per aumentare la sostenibilità nell’industria e per promuovere un’economia circolare è quantomai vitale. Va quindi salutato come un grosso passo in avanti, sotto il profilo normativo, il fatto che, secondo quanto disposto dall'Unione Europea, a partire dal 1° gennaio 2025, gli indumenti usati o danneggiati dovranno essere obbligatoriamente smaltiti negli appositi contenitori.
Gli Stati membri dell’Ue saranno dunque tenuti a garantire la raccolta differenziata dei rifiuti tessili, distinguendoli da carta, metalli, plastica e vetro. Un sistema che mira a contrastare l’abitudine di gettare i vestiti, tra i rifiuti indifferenziati e ad implementare le pratiche di riciclo, dando nuova vita alle fibre tessili: attualmente, solo il 22% dei rifiuti tessili post-consumo viene infatti raccolto separatamente per il riutilizzo o il riciclaggio, mentre il resto viene spesso incenerito o messo in discarica.
D’ora in avanti ogni Comune dovrà predisporre contenitori specifici per la raccolta degli indumenti. Chi continuerà a smaltire abiti nel cestino dell’indifferenziato rischia multe che possono arrivare fino a 2.500 euro. Tra le novità del regolamento anche il passaporto digitale di cui, entro il 2030, dovrà essere dotato ogni prodotto tessile venduto nei suoi confini.
Cosa sono i rifiuti tessili e come funziona in Italia
Ma cosa si intende esattamente per “rifiuti tessili”? La definizione comprende abiti, accessori di abbigliamento, tessuti di arredamento, biancheria per la casa, scarpe. Rispetto all’obbligo della raccolta differenziata dei rifiuti tessili, l’Italia, in realtà, si era mossa in anticipo. Il Decreto Legislativo n. 116/2020 ha introdotto la raccolta differenziata per i rifiuti tessili già dal 1° gennaio 2022. Ma nonostante questo, secondo quanto denuncia Emma Pavanelli, portavoce M5S alla Camera dei deputati in Commissione attività produttive: “Il nostro Paese si trova impreparato a rispettare questo importante traguardo a causa dell’ingiustificata inerzia del ministero dell’Ambiente, in quanto la normativa europea richiede un quadro chiaro per il riciclo e il recupero dei materiali tessili, ma il decreto End of waste che dovrebbe definire i criteri per cessare la qualifica di rifiuto è ancora assente”.
Secondo la deputata “questa mancanza non solo ostacola l’industria del riciclo ma impedisce all’Italia di sfruttare appieno le potenzialità economiche e ambientali della filiera”. In particolare le nuove norme istituiscono la responsabilità estesa del produttore (EPR), attraverso la quale i produttori che generano prodotti potenzialmente considerabili rifiuti, sono sottoposti ad alcuni obblighi al fine di promuoverne la riduzione e migliorarne il riutilizzo, il riciclaggio e il recupero. Anche in questo caso in Italia è già stata introdotta, ma solo sulla carta. “Ad oggi – sottolinea ancora Pavanelli – non è stata promossa alcuna campagna informativa per sensibilizzare i cittadini sull’importanza della raccolta differenziata dei tessili e sulle modalità di conferimento”. Anzi “in molte città italiane mancano anche i cassonetti dedicati alla raccolta dei rifiuti tessili con il rischio concreto che tali rifiuti finiscano nell’indifferenziato, aggravando l’impatto ambientale”.