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Home » Scienze e culture » Milano, la via green con protagonista la natura per depurare le aree verdi inquinate

Milano, la via green con protagonista la natura per depurare le aree verdi inquinate

Sarà utilizzata la tecnica del fitorisanamento, una bonifica naturale dei suoli che attraverso le piante estrae metalli in terreni contaminati

Domenico Guarino
2 Dicembre 2022
Nuova vita per le aree verdi

Nuova vita per le aree verdi

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Alberi, piante e microorganismi per depurare le aree verdi inquinate della città. Milano sperimenta la via green alle bonifiche puntando sulla capacità rigenerativa della natura, che è chiamata a fare il lavoro finora portato avanti da camion, escavatori e operai. Una sperimentazione che coinvolgerà il Comune di Milano e il DISAT – Dipartimento di Scienze dell’Ambiente e della Terra dell’Università degli Studi di Milano Bicocca, e che prevede l’utilizzo di innovative tecniche di bonifica tramite azioni di fitorisanamento volte al ripristino e alla restituzione di spazi verdi attualmente non fruibili.

Un esempio di fitorisanamento nella città di Milano

Gli obiettivi del piano adottato

In pratica, per risanare i terreni, i sedimenti e le acque si sfrutta l’attività biologica delle specie vegetali e la crescita della flora batterica senza dover impiegare mezzi meccanici, dover ricorrere a sbancamenti e a trasporti di materiali. Attività costose, ingombranti, ed energivore che, ovviamente, contribuiscono a loro volta all’inquinamento. Due gli obiettivi del piano. Il primo è quello di favorire una maggiore conoscenza sull’efficienza e sull’applicabilità in ambito urbano e periurbano delle tecnologie di fitorisanamento in relazione alla tipologia e all’uso del suolo. Il secondo: progettare e mettere in atto sperimentazioni di bonifiche naturali per ripristinare e migliorare la qualità dei sistemi suolo-vegetazione nelle aree verdi contaminate, così da renderle nuovamente fruibili, creando un modello di riferimento replicabile.

La Giunta ha intanto approvato le linee guida per l’avvio della sperimentazione, mettendo a disposizione complessivamente risorse per 130mila euro in tre anni. Gli spazi urbani che saranno oggetto della sperimentazione saranno definiti successivamente di comune accordo tra l’Amministrazione e il DISAT.

L’assessora all’Ambiente e Verde, Elena Grandi

“Le tecniche usate ci permetteranno di ridurre la contaminazione del suolo”

“L’accordo – spiega l’assessora all’Ambiente e Verde Elena Grandi – ci permetterà di portare per la prima volta su una scala più ampia gli interventi di fitorisanamento che finora hanno riguardato solo progetti pilota in ambito sperimentale. Si tratta dei primi interventi su aree pubbliche volti ad adottare tecniche di Nature Based Solutions (NBS), basate cioè sull’utilizzo di specie vegetali dette iperaccumulatrici in grado di avviare processi biologici di riduzione della contaminazione dei suoli. La collaborazione con l’Università Bicocca, polo di eccellenza in materia, rappresenta un ottimo esempio di cooperazione tra enti pubblici che porterà vantaggi ai milanesi in termini di recupero di suoli inquinati e garantirà all’università informazioni importanti per far avanzare la ricerca nel campo del fitorisanamento”.

Nello specifico il DISAT metterà a disposizione le proprie competenze ed esperienze in ambito di “soluzioni naturali” e la propria supervisione scientifica per pianificare ed eseguire le indagini sulle caratteristiche dei suoli, sulle tecniche più idonee da applicare nonché sulla scelta delle specie arboree ed erbacee da utilizzare. Sì farà inoltre carico del monitoraggio degli interventi effettuati. Mentre al Comune di Milano spetterà il compito di mettere a disposizione i dati sui siti da destinare alla sperimentazione e al monitoraggio, oltre a predisporre i documenti tecnici e progettuali necessari per proseguire gli iter di bonifica. Inoltre, il Comune assumerà il ruolo di proponente dei Piani di Caratterizzazione, Progetti Operativi di Bonifica e Piani di Monitoraggio necessari per procedere agli interventi definitivi una volta concluse le attività sperimentali.

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  • Nicoletta Sipos, giornalista e scrittrice, ha vissuto in Ungheria, in Germania e negli Stati Uniti, prima di raggiungere Milano e lì restare. Il suo romanzo “La guerra di H”, un romanzo fortemente ispirato a fatti realmente accaduti.

L’autrice indaga in maniera del tutto nuova e appassionante un momento drammatico, decisivo della storia del nostro continente: la Seconda guerra mondiale. A raccontare l’ascesa e la disfatta del Nazismo è stavolta la voce di un bambino tedesco, che riporta con semplicità e veracità le molte sofferenze patite dal suo popolo durante il conflitto scatenato da Hitler, focalizzando l’attenzione del lettore sul drammatico paradigma che accomuna chiunque si trovi a vivere sulla propria pelle una guerra: la sofferenza. Pagine toccanti, le sue, tanto più intense perché impregnate di fatti reali, emozioni provate e sentite dai protagonisti e condivise da quanti, tuttora, si trovano coinvolti in un conflitto armato. La memoria collettiva è uno strumento potente per non commettere gli stessi errori. 

"Imparai poco alla volta – scrive il piccolo Heinrich Stein, protagonista del romanzo – che nel nostro strano Paese la verità aveva più volti con infinite sfumature”.

👉Perché una storia così e perché ora?
“Ho incontrato il protagonista di questa mia storia molto tempo fa, addirittura negli anni ’50, ossia in un’epoca che portava ancora gli strascichi della guerra. Diventammo amici, parlammo di Hitler e della miseria della Germania. Poco per volta, via via che ci incontravamo, lui aggiungeva ricordi, dettagli, confessioni. Per anni ho portato dentro di me la testimonianza di questa storia che si arricchiva sempre più di dettagli. Molte volte avrei voluto scriverla, magari a quattro mani con il mio amico, ma lui non se la sentiva. Io stessa esitavo ad affrontare questa storia che racconta una famiglia tedesca in forte sofferenza in una Germania ferita e umiliata. La gente ha etichettato tutto il popolo tedesco durante il nazismo come crudele per antonomasia. Non si pensa mai a quanto la gente comune abbia sofferto, alla fame e al freddo che anche il popolo tedesco ha patito”.

✍ Caterina Ceccuti

#lucenews #giornodellamemoria #27gennaio
  • È dalla sua camera con vista affacciata sull’Arno che Ornella Vanoni accetta di raccontare un po’ di sé ai lettori di Luce!, in attesa di esibirsi, sabato 28 gennaio sul palco della Tuscany Hall di Firenze, dov’è in programma una nuova tappa della nuova tournée Le Donne e la Musica. Un ritorno atteso per Ornella Vanoni, che in questo tour è accompagnata da un quintetto di sole donne.

Innanzitutto come sta, signora Vanoni?
“Stanca, sono partita due mesi dopo l’intervento al femore che mi sono rotto cadendo per una buca proprio davanti a casa mia. Ma l’incidente non mi ha impedito di intraprendere un progetto inaspettato che, sin da subito, mi è stato molto a cuore. Non ho perso la volontà di andare avanti. Anche se il tempo per prepararlo e provare è stato pochissimo. E poi sono molto dispiaciuta“.

Per cosa?
“La morte dell’orso Juan Carrito, travolto e ucciso da un’auto cercava bacche e miele: la mia carissima amica Dacia (Maraini, ndr) l’altro giorno ha scritto una cosa molto bella dedicata a lui. Dovrò scrollarmi di dosso la malinconia e ricaricarmi in vista del concerto“.

Con lei sul palco ci sarà una jazz band al femminile con Sade Mangiaracina al pianoforte, Eleonora Strino alla chitarra, Federica Michisanti al contrabbasso, Laura Klain alla batteria e Leila Shirvani. Perché questa scelta?
“Perché sono tutte bravissime, professioniste davvero eccezionali. Non è una decisione presa sulla spinta di tematiche legate al genere o alle quote rosa, ma nata grazie a Paolo Fresu, amico e trombettista fantastico del quale sono innamorata da sempre. Tempo fa, durante una chiacchierata, Paolo mi raccontò che al festival jazz di Berchidda erano andate in scena tante musiciste bravissime. E allora ho pensato: ’Se sono così brave perché non fare un gruppo di donne? Certo, non l’ha fatto mai nessuno. Bene, ora lo faccio io“.

Il fatto che siano tutte donne è un valore aggiunto?
“In realtà per me conta il talento, ma sono felice della scelta: è bellissimo sentire suonare queste artiste, vederle sul palco intorno a me mi emoziona“.

L
  • Devanshi Sanghvi è una bambina di otto anni che sarebbe potuta crescere e studiare per gestire l’attività di diamanti multimilionaria appartenente alla sua facoltosissima famiglia, con un patrimonio stimato di 60 milioni di dollari.

Ma la piccola ha scelto di farsi suora, vivendo così una vita spartana, vestita con sari bianchi, a piedi nudi e andando di porta in porta a chiedere l’elemosina. Si è unita ai “diksha” alla presenza di anziani monaci giainisti. La bimba è arrivata alla cerimonia ingioiellata e vestita di sete pregiate. Sulla sua testa poggiava una corona tempestata di diamanti. Dopo la cerimonia, a cui hanno partecipato migliaia di persone, è rimasta in piedi con altre suore, vestita con un sari bianco che le copriva anche la testa rasata. Nelle fotografie, la si vede con in mano una scopa che ora dovrà usare per spazzare via gli insetti dal suo cammino per evitare di calpestarli accidentalmente.

Di Barbara Berti ✍

#lucenews #lucelanazione #india #DevanshiSanghvi
  • Settanta giorni trascorsi in un mondo completamente bianco, la capitana dell’esercito britannico Harpreet Chandi, che già lo scorso anno si era distinta per un’impresa tra i ghiacci, è una fisioterapista che lavora in un’unità di riabilitazione regionale nel Buckinghamshire, fornendo supporto a soldati e ufficiali feriti. 

Ha dimostrato che i record sono fatti per essere battuti e, soprattutto, i limiti personali superabili grazie alla forza di volontà e alla preparazione. E ora è diventata una vera leggenda vivente, battendo il record del mondo femminile per la più lunga spedizione polare – sola e senza assistenza – della storia.

Il 9 gennaio scorso, 57esimo giorno del viaggio che era cominciato lo scorso 14 novembre, la 34enne inglese ha raggiunto il centro del Polo Sud dopo aver percorso circa 1100 chilometri. Quando è arrivata a destinazione nel bel mezzo della calotta polare era felice, pura e semplice gioia di aver raggiunto l’agognato traguardo: “Il Polo Sud è davvero un posto incredibile dove stare. Non mi sono fermata molto a lungo perché ho ancora un lungo viaggio da fare. È stato davvero difficile arrivare qui, sciando tra le 13 e le 15 ore al giorno con una media di 5 ore di sonno”.

Di Irene Carlotta Cicora ✍

#lucenews #lucelanazione #polosud #HarpreetChandi #polarpreet
Alberi, piante e microorganismi per depurare le aree verdi inquinate della città. Milano sperimenta la via green alle bonifiche puntando sulla capacità rigenerativa della natura, che è chiamata a fare il lavoro finora portato avanti da camion, escavatori e operai. Una sperimentazione che coinvolgerà il Comune di Milano e il DISAT - Dipartimento di Scienze dell’Ambiente e della Terra dell’Università degli Studi di Milano Bicocca, e che prevede l’utilizzo di innovative tecniche di bonifica tramite azioni di fitorisanamento volte al ripristino e alla restituzione di spazi verdi attualmente non fruibili.
Un esempio di fitorisanamento nella città di Milano

Gli obiettivi del piano adottato

In pratica, per risanare i terreni, i sedimenti e le acque si sfrutta l’attività biologica delle specie vegetali e la crescita della flora batterica senza dover impiegare mezzi meccanici, dover ricorrere a sbancamenti e a trasporti di materiali. Attività costose, ingombranti, ed energivore che, ovviamente, contribuiscono a loro volta all’inquinamento. Due gli obiettivi del piano. Il primo è quello di favorire una maggiore conoscenza sull’efficienza e sull’applicabilità in ambito urbano e periurbano delle tecnologie di fitorisanamento in relazione alla tipologia e all’uso del suolo. Il secondo: progettare e mettere in atto sperimentazioni di bonifiche naturali per ripristinare e migliorare la qualità dei sistemi suolo-vegetazione nelle aree verdi contaminate, così da renderle nuovamente fruibili, creando un modello di riferimento replicabile. La Giunta ha intanto approvato le linee guida per l’avvio della sperimentazione, mettendo a disposizione complessivamente risorse per 130mila euro in tre anni. Gli spazi urbani che saranno oggetto della sperimentazione saranno definiti successivamente di comune accordo tra l’Amministrazione e il DISAT.
L’assessora all’Ambiente e Verde, Elena Grandi

"Le tecniche usate ci permetteranno di ridurre la contaminazione del suolo"

"L’accordo - spiega l’assessora all’Ambiente e Verde Elena Grandi - ci permetterà di portare per la prima volta su una scala più ampia gli interventi di fitorisanamento che finora hanno riguardato solo progetti pilota in ambito sperimentale. Si tratta dei primi interventi su aree pubbliche volti ad adottare tecniche di Nature Based Solutions (NBS), basate cioè sull’utilizzo di specie vegetali dette iperaccumulatrici in grado di avviare processi biologici di riduzione della contaminazione dei suoli. La collaborazione con l’Università Bicocca, polo di eccellenza in materia, rappresenta un ottimo esempio di cooperazione tra enti pubblici che porterà vantaggi ai milanesi in termini di recupero di suoli inquinati e garantirà all’università informazioni importanti per far avanzare la ricerca nel campo del fitorisanamento". Nello specifico il DISAT metterà a disposizione le proprie competenze ed esperienze in ambito di "soluzioni naturali" e la propria supervisione scientifica per pianificare ed eseguire le indagini sulle caratteristiche dei suoli, sulle tecniche più idonee da applicare nonché sulla scelta delle specie arboree ed erbacee da utilizzare. Sì farà inoltre carico del monitoraggio degli interventi effettuati. Mentre al Comune di Milano spetterà il compito di mettere a disposizione i dati sui siti da destinare alla sperimentazione e al monitoraggio, oltre a predisporre i documenti tecnici e progettuali necessari per proseguire gli iter di bonifica. Inoltre, il Comune assumerà il ruolo di proponente dei Piani di Caratterizzazione, Progetti Operativi di Bonifica e Piani di Monitoraggio necessari per procedere agli interventi definitivi una volta concluse le attività sperimentali.
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