“Mi chiamo Francesco, in arte Brazzo, sono sordo e nella vita faccio rap”. In una frase, lo specchio di una vita in salita. La fatica di imparare a cantare senza poter ascoltare nulla se non “le vibrazioni delle casse”, gli anni della logopedia e la voglia di mettere in versi la realtà, le battaglie per il riconoscimento della lingua dei segni e la denuncia sociale.
Brazzo nasce a Taranto in una famiglia di sordi da tre generazioni e si trasferisce a Milano nel 2008. “Già da bambino desideravo cantare – racconta – solo che mi sentivo imbarazzato per il fatto che un sordo potesse cantare. Ho iniziato a parlare a cinque anni, all’inizio non parlavo molto bene e ho affrontato un lungo percorso di logopedia. Poi a trent’anni avevo questo desiderio lasciato nel cassetto e ho deciso di lanciarmi”.
Quando rappa – e rappa bene – lo fa anche attraverso la lingua dei segni. Nel 2020 ha partecipato a Italia's got talent e, scherzando, Frank Matano ha detto che è “il primo rapper che quando gesticola dice qualcosa di concreto”. L’idea, dice Brazzo, è “rendere accessibile la musica, perché io vedo tanti udenti che la ascoltano in modo spensierato, ma anche i sordi ne hanno bisogno. E a loro quell’emozione può arrivare solo attraverso le espressioni e la lingua dei segni”.
Nel suo primo video musicale, nel 2017, Brazzo ha denunciato le difficoltà e i disagi sociali che le persone sordomute, oraliste e sorde impiantate devono affrontare ogni giorno in Italia. Ci addirittura sono decenni prima che, nel 2021, la lingua dei segni e la lingua italiana (LIS) venisse riconosciuta dalla legge. “Ancora oggi – denuncia – la LIS non è conosciuta. Negli uffici pubblici, nelle poste, nelle banche e persino negli ospedali non ci sono interpreti”. Questi problemi riguardano una grossa fetta della popolazione italiana. Secondo i dati del Censis, più di un milione di italiani hanno gravi problemi di sordità. Tra questi, ci sono 70mila sordomuti o sordi prelinguali. La maggioranza di loro si esprime quasi esclusivamente con la lingua dei segni. La situazione è critica quando entriamo nell'ambito sanitario. L'Associazione emergenza sordi ha calcolato che durante la pandemia, quasi 45mila sordi non riuscivano a parlare con il proprio medico perché la mascherina impediva loro di leggere il labiale. Ma la discriminazione si espande anche al mondo della musica stessa: “Sarebbe bello che i concerti fossero tradotti in LIS, sarebbero più inclusivi. Negli Stati Uniti lo sono, in Italia quasi mai”, spiega il rapper. "Ho chiesto a tanti artisti, tra cui Jovanotti, di potermi esibire prima o durante i concerti per sensibilizzare il pubblico verso i problemi della nostra comunità. Ma nessuno ha accettato e molti non hanno neanche risposto". Attraverso i suoi canali, Brazzo canta la volontà della comunità sorda di esprimersi. Anche e soprattutto in un mondo, come la musica, dove in apparenza i sordi sono esclusi per definizione. L'inclusione e l'accettazione delle unicità passano sempre per la cultura, prima di arrivare alle leggi. Il messaggio è semplice. E il rapper lo dice chiaramente nel suo brano più famoso, “Sono sordo mica scemo”: “Siamo della nuova generazione, pretendiamo meno emarginazione, vogliamo più integrazione, diciamo no alla discriminazione. In fondo siamo tutti esseri umani”.