Brazzo, il rapper sordo che racconta il mondo in versi e in segni: "Canto la voglia di esprimermi"

di ARNALDO LIGUORI ED EDOARDO ABBADESSA
1 luglio 2022
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“Mi chiamo Francesco, in arte Brazzo, sono sordo e nella vita faccio rap”. In una frase, lo specchio di una vita in salita. La fatica di imparare a cantare senza poter ascoltare nulla se non “le vibrazioni delle casse”, gli anni della logopedia e la voglia di mettere in versi la realtà, le battaglie per il riconoscimento della lingua dei segni e la denuncia sociale. Brazzo nasce a Taranto in una famiglia di sordi da tre generazioni e si trasferisce a Milano nel 2008. “Già da bambino desideravo cantare – racconta – solo che mi sentivo imbarazzato per il fatto che un sordo potesse cantare. Ho iniziato a parlare a cinque anni, all’inizio non parlavo molto bene e ho affrontato un lungo percorso di logopedia. Poi a trent’anni avevo questo desiderio lasciato nel cassetto e ho deciso di lanciarmi”.
Francesco, in arte Brazzo, nasce a Taranto in una famiglia di sordi da tre generazioni e si trasferisce a Milano nel 2008

Francesco, in arte Brazzo, nasce a Taranto in una famiglia di sordi da tre generazioni e si trasferisce a Milano nel 2008

Quando rappa – e rappa bene – lo fa anche attraverso la lingua dei segni. Nel 2020 ha partecipato a Italia's got talent e, scherzando, Frank Matano ha detto che è “il primo rapper che quando gesticola dice qualcosa di concreto”. L’idea, dice Brazzo, è “rendere accessibile la musica, perché io vedo tanti udenti che la ascoltano in modo spensierato, ma anche i sordi ne hanno bisogno. E a loro quell’emozione può arrivare solo attraverso le espressioni e la lingua dei segni”.
Ho sempre mantenuto la mia testa alta anche quando la mia lingua salta

"Ho sempre mantenuto la mia testa alta anche quando la mia lingua salta"

Nel suo primo video musicale, nel 2017, Brazzo ha denunciato le difficoltà e i disagi sociali che le persone sordomute, oraliste e sorde impiantate devono affrontare ogni giorno in Italia. Ci addirittura sono decenni prima che, nel 2021, la lingua dei segni e la lingua italiana (LIS) venisse riconosciuta dalla legge. “Ancora oggi – denuncia – la LIS non è conosciuta. Negli uffici pubblici, nelle poste, nelle banche e persino negli ospedali non ci sono interpreti”. Questi problemi riguardano una grossa fetta della popolazione italiana. Secondo i dati del Censis, più di un milione di italiani hanno gravi problemi di sordità. Tra questi, ci sono 70mila sordomuti o sordi prelinguali. La maggioranza di loro si esprime quasi esclusivamente con la lingua dei segni. La situazione è critica quando entriamo nell'ambito sanitario. L'Associazione emergenza sordi ha calcolato che durante la pandemia, quasi 45mila sordi non riuscivano a parlare con il proprio medico perché la mascherina impediva loro di leggere il labiale. Ma la discriminazione si espande anche al mondo della musica stessa: “Sarebbe bello che i concerti fossero tradotti in LIS, sarebbero più inclusivi. Negli Stati Uniti lo sono, in Italia quasi mai”, spiega il rapper. "Ho chiesto a tanti artisti, tra cui Jovanotti, di potermi esibire prima o durante i concerti per sensibilizzare il pubblico verso i problemi della nostra comunità. Ma nessuno ha accettato e molti non hanno neanche risposto". Attraverso i suoi canali, Brazzo canta la volontà della comunità sorda di esprimersi. Anche e soprattutto in un mondo, come la musica, dove in apparenza i sordi sono esclusi per definizione. L'inclusione e l'accettazione delle unicità passano sempre per la cultura, prima di arrivare alle leggi. Il messaggio è semplice. E il rapper lo dice chiaramente nel suo brano più famoso, “Sono sordo mica scemo”: “Siamo della nuova generazione, pretendiamo meno emarginazione, vogliamo più integrazione, diciamo no alla discriminazione. In fondo siamo tutti esseri umani”.