Otto anni fa moriva Carrie Fisher: la figlia porta avanti la sua eredità per la salute mentale

L’indimenticabile principessa Leila Organa di “Star Wars” ci lasciava nel 2016 a soli 60 anni per un arresto cardiaco. Fuori dal set aveva lottato contro la depressione, l’uso di droghe e un grave disturbo bipolare

di MARIANNA GRAZI
27 dicembre 2024
Carrie Fisher

Carrie Fisher

“May the force be with you”, che la forza sia con te, auguravano i cavalieri Jedi nella saga di “Star Wars”. E la forza di Leila Organa, la principessa di Alderaan interpretata da Carrie Fisher, ci accompagna ancora oggi, nonostante l’attrice ci abbia lasciato ormai otto anni fa. A portare avanti l’eredità di questa straordinaria interprete ci pensa la figlia, Billie Lourd, sostenuta dai miliorni di fan di Guerre Stellari, che ricordano con affetto la loro eroina.

La carriera 

Nata il 21 ottobre 1956 aa Beverly Hills, in California, da due grandissimi nomi dello spettacolo, l’attrice Debbie Reynolds e il cantante Eddie Fisher (che quando la figli ha appena due anni divorzia della moglie per sposare Elizabeth Taylor) Carrie si trova fin da subito proiettata in un mondo di riflettori puntati, con l'idea di seguire le orme dei suoi famosi genitori. E ci riuscirà. Appena dodicenne, comincia a farsi notare al fianco di mamma durante un tour teatrale a Las Vegas, esordendo poi sul grande schermo in “Shampoo”, del 1975 . Ma è con il ruolo delle principessa Leila nella serie stellare firmata George Lucas che viene proiettata direttamente nel celeste firmamento di Hollywood. La prima apparizione nelle vesti di dell’intrepida combattente risale al 1977, in “Star Wars: Episodio IV - Una nuova speranza” ma il personaggio l’accompagnerà nei sequel per gli anni a venire. Oltre a questa saga Fisher ha recitato ne “L'uomo dalla scarpa rossa” (1985), “Hannah e le sue sorelle” (1986) e “Quando Harry ti presento Sally” (1989).

La salute mentale 

Il 23 dicembre 2016 l'attrice è andata in arresto cardiaco su un volo di 11 ore da Londra a Los Angeles. Fu ricoverata al Ronald Reagan UCLA Medical Center di Los Angeles, dove morì il 27, a 60 anni. Il giorno successivo, durante l'organizzazione del funerale, la madre Debbie Reynolds fu colpita da un ictus che la uccise poche ore dopo. Il figlio minore e fratello dell’attrice, Todd Fisher, ha raccontato che le ultime parole della madre furono: “Voglio solo stare con Carrie”.

Dietro le quinte, Fisher ha lottato contro la depressione, l'uso di droghe e una grave malattia mentale, che l'ha portata a divorziare dall'ex marito Paul Simon nel 1984. Poco dopo, le fu diagnosticato un disturbo bipolare, che la portò a diventare una sostenitrice della consapevolezza sul tema. Oggi, anche grazie a questa battaglia di sensibilizzazione sull’importanza della salute mentale, la sua memoria continua a vivere, in particolare attraverso l'eredità di Star Wars e sua figlia, Billie Lourd, 32 anni.

L’eredità di Carrie Fisher 

A maggio 2023, l’attrice è stata onorata postuma con una stella sulla Hollywood Walk of Fame, a Los Angeles, inaugurata da Lourd che per l’occassione indossava un abito con un'immagine di sua madre nei panni della Principessa Leila. Durante la cerimonia, la ragazza ha anche cosparso di brillantini la pietra miliare, un'ode a come sua madre “ha lasciato un segno del suo splendore su tutti quelli che ha incontrato”. “Mia madre non è solo la Principessa Leila – ha detto la 32enne –. È Carrie Fisher. È stata un'attrice incredibile che ha infuso la sua sagacia e la sua forza in ogni personaggio che ha interpretato, dal suo primo ruolo a soli 16 anni in ‘Shampoo’ al suo ultimo in ‘Catastrophe’”.

Nel giugno 2017, un rapporto del medico legale ha ricondotto la morte di Carrie Fisher all'apnea notturna e ad altri fattori non meglio definiti. Pochi giorni dopo, un rapporto tossicologico ha rivelato che al momento dello scompenso cardiaco aveva in circolo cocaina, metadone, etanolo e oppiacei, anche se non era chiaro se l'uso di droghe avesse contribuito al decesso.In una dichiarazione rilasciata all'epoca a PEOPLE, Billie Lourd ha affrontato la questione dicendo che sua mamma “ha lottato contro la tossicodipendenza e la malattia mentale per tutta la vita” e “alla fine è morta per questo”.

“In tutto il suo lavoro era volutamente schietta sulle stigmatizzazioni sociali che circondano queste malattie”, ha detto. “Ha parlato della vergogna che tormenta le persone e le loro famiglie che devono affrontare queste malattie”. E ha continuato: “So che mia madre avrebbe voluto che la sua morte incoraggiasse le persone a parlare apertamente delle loro battaglie. A cercare aiuto, a lottare per ottenere finanziamenti governativi per i programmi di salute mentale. La vergogna e gli stigmi sociali sono nemici del progresso verso le soluzioni e, infine, verso una cura. Ti voglio bene mamma”.