Sul red carpet per farsi portavoce di una corretta rappresentazione delle persone con disabilità al cinema. La 79esima Mostra del Cinema di Venezia – in programma al Lido fino al 10 settembre – si fa ogni giorno più inclusiva con proiezioni che raccontano temi di stretta attualità e mettono in luce argomenti delicati come, appunto, la disabilità intellettiva. E’ il caso del film “La timidezza delle chiome” di Valentina Bertani, presentato nella Sezione Notti Veneziane delle Giornate degli Autori. E’ la storia vera di Benjamin Israel e Joshua Israel, due gemelli omozigoti con disabilità intellettiva nel loro passaggio dal mondo della scuola al mondo ‘dei grandi’.
Il film segue proprio la storia dei due adolescenti, 19 anni e i capelli fulvi, di origine ebraica, che hanno un dono particolare: sono uniti da un legame molto profondo, sentono ciò che sente l’altro, anche a distanza. Dopo l’esame di maturità i due iniziano a sentirsi oppressi. Mentre amici e compagni di scuola pianificano la loro nuova vita in altre città, si apprestano a frequentare corsi universitari e intraprendono nuove relazioni sentimentali, i gemelli non riescono a immaginare il loro futuro: il naturale carisma unito a una buona dose di spavalderia non basta se si ha una disabilità intellettiva e si vive in un mondo che non sembra essere fatto per accoglierli. Sentendosi esclusi, reagiscono in modo diametralmente opposto: Benjamin insegue l’utopia di un amore, Joshua matura il desiderio di avvalersi della Aliyah, la legge del ritorno, per arruolarsi nell’esercito israeliano.
“Durante la realizzazione de ‘La timidezza delle chiome’, io e i capi reparto del film abbiamo frequentato Benjamin e Joshua in modo costante per cinque anni. I gemelli sono diventati per noi come membri di una famiglia allargata” racconta la regista Valentina Bertani, che ha già realizzato per Fox un documentario su Luciano Ligabue e ha firmato video musicali, tra gli altri, per i Negramaro, gli Stadio, Dolcenera e Arisa. E aggiunge: “Dall’affetto che nutro nei loro confronti è nata l’esigenza di realizzare un documentario character driven, capace di raccontare il loro difficile periodo di passaggio tra l’infanzia e l’età adulta. Il lasso di tempo dopo la maturità per un adolescente è una fase fondamentale della vita perché precede improvvisi cambiamenti: paure, amicizie che somigliano ad alleanze ed amori struggenti. È il momento in cui bisogna scegliere chi si vuole diventare da grandi. Credo sia un’esperienza unica per lo spettatore quella di poter osservare da un punto di vista inedito, un modo di vivere poco rappresentato negli audiovisivi: quello di due adolescenti con disabilità intellettiva”.
E, infatti, la pellicola mette in luce i limiti dei gemelli ma anche le loro risorse in un racconto libero che si sofferma su alcuni frammenti di un arco temporale che racchiude quasi due anni in cui viene mostrato anche il loro lockdown, una cena di Natale, la lezione di guida di Joshua, il campeggio di Benji. Il film sembra quasi una frammento di un diario di formazione prima del finale che costringe i due fratelli a guardare avanti e a scegliere quale strada prendere.
“Quella tra cinema di finzione e cinema documentario è una soglia, ed è proprio lavorando su questo confine labile che ho concepito il film – aggiunge la regista nata a Mantova nel 1984 -: ho insegnato a Benjamin e Joshua a non percepire la macchina da presa, relazionandosi tra loro e con gli altri in modo naturale, senza condizionamenti dovuti alla presenza della troupe. Ho seguito i gemelli dal giorno del loro esame di maturità al momento in cui sono usciti dal percorso della scuola e si sono ritrovati adulti in una società abilista, accompagnandoli anche nelle fughe alla ricerca della propria identità e indipendenza dalla famiglia”. Per la regista “La timidezza delle chiome” ha rappresentato “un’esperienza umana e professionale unica: ho avuto la possibilità di dirigere due ragazzi con disabilità intellettiva valorizzando le loro capacità attoriali, supportandoli in un racconto libero e autentico di se stessi e della loro esperienza all’interno della società contemporanea”.