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“Il popolo delle donne”: il legame tra violenza di genere e affermazione femminile in presa diretta

Il regista Yuri Ancarani premiato il 4 marzo al Teatro Celebrazioni di Bologna in occasione della seconda edizione di Ciao Rassegna Lucio Dalla per il suo ultimo docufilm che indaga, attraverso le opinioni di una psicologa, un tema urgente ed endemico della società

di GIOVANNI BALLERINI -
3 marzo 2024
Il regista Yuri Ancarani

Il regista Yuri Ancarani

“Il mondo cambia costantemente e noi viviamo di stereotipi e non mettiamo in discussione l’educazione che abbiamo avuto. Lo fa il film ‘Il popolo delle donne’ che avvicina entrambi i sessi a questi argomenti e cerca di trovare una spiegazione a certe dinamiche sessiste – dice il regista Yuri Ancarani –. Nel film Marina Valcarenghi spiega, senza fronzoli e senza nessun tipo di materiale visivo che possa distrarre lo spettatore, alcuni argomenti di fondamentale importanza riguardo all’aumento della violenza sulle donne da parte degli uomini nella società moderna. È un tema spesso affrontato nei salotti televisivi e nei giornali, ma sempre portando persone non preparate a condividere le proprie opinioni sull’argomento. Nel mio film è invece un tema necessario, che emerge dal monologo di una psicanalista”.

L’affermazione lavorativa, culturale e nella vita quotidiana delle donne crea un’invidia nell’altro sesso che può sfociare nella violenza. È questa, in estrema sintesi, una delle riflessioni che è alla base dell’ultimo docufilm di un artista fuori dal comune, il regista ravennate Yuri Ancarani, che da anni esplora un territorio di confine e di continua commistione fra cinema documentario e arte contemporanea, evidenziando temi poco visibili del quotidiano. Stiamo parlando di spunti creativi, momenti di riflessione, ma anche di problemi di genere, di patriarcato, violenza domestica o vessazioni nei luoghi di lavoro e altre realtà in cui l’artista si addentra in prima persona con la macchina da presa, presentando poi i suoi lavori anche in mostre e musei nazionali e internazionali, ricevendo numerosi premi e riconoscimenti.

La seconda edizione di Ciao Rassegna Lucio Dalla

Ciao Rassegna Lucio Dalla
Ciao Rassegna Lucio Dalla

Stavolta a premiarlo è una manifestazione bolognese. Non solo musica lunedì 4 marzo, al Teatro Celebrazioni di Bologna, in occasione della seconda edizione di Ciao Rassegna Lucio Dalla per le forme innovative di musica e creatività. In questo contesto verranno assegnati vari riconoscimenti. Verrà consegnato il premio Ballerini Dalla 2024 ai musicisti Daniela Pes, Calcutta, Madame, Dardust, Brunori Sas e Pinguini Tattici Nucleari, mentre a ‘DallAmeriCaruso. Il concerto perduto’ di Walter Veltroni va il premio progetto. Saranno poi assegnati quelli ai i due vincitori del contest ‘La musica di domani’, Giglio (categoria artista) e See Maw (categoria producer), mentre il Premio QN – Il Resto del Carlino (che sono anche media partner della manifestazione) verrà concesso allo scrittore Enrico Brizzi e al film-maker Yuri Ancarani andrà il Premio Banca Di Bologna.

Tutti questi riconoscimenti sono stati assegnati a personaggi che hanno una spiccata passione per l’arte in tutte le sue forme e manifestazioni, in sintonia con lo spirito che ha animato Lucio Dalla per tutta la sua vita. L’evento, che è presentato da Nina Zilli, si trasformerà anche in una trasmissione televisiva, che sarà registrata e poi trasmessa sabato 6 aprile 2024 in seconda serata su Rai 1 e Rai Radio2 (in simulcast). “Prima premiavano solo i musicisti, poi hanno deciso di estendere il premio per celebrare la vita quotidiana di Lucio Dalla, che era un collezionista, un uomo in movimento fra le arti – spiega Ancarani –. E io, che amo scavalcare e demolire i muri fra le varie discipline artistiche, non posso che essere felice di sottolineare quanto gli artisti siano fondamentali per ricordarci che la cultura è l’unico modo di essere liberi”.

“Il popolo delle donne” di Yuri Ancarani

Difficile non essere d’accordo con lui. Il regista romagnolo, classe 1972, nel suo ultimo film “Il popolo delle donne” ha raccolto la testimonianza di Marina Valcarenghi sul rapporto tra l’aumento della violenza maschile nei confronti delle donne e la perdurante insicurezza femminile. Il docufilm prodotto da Dugong Films, è stato proposto nell’ambito della XX edizione delle Giornate degli Autori nella sezione Proiezioni Speciali / Incontri con gli autori, in occasione della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia 2023 ed è circuitato in tutta Italia.

"Il popolo della donne"
"Il popolo della donne"

In questo azzeccato progetto Valcarenghi tiene una lectio magistralis nel cortile della Legnaia dell’università degli Studi di Milano, documentata in presa diretta, mentre un gruppo di studenti prepara gli striscioni per una manifestazione. La protagonista siede in cattedra, appare calma, la sua immagine è raccolta da tre angolazioni differenti e progressivamente l’obiettivo passa dal mezzo busto al suo sguardo. Gli unici elementi che entrano nella composizione sono fogli di carta con gli appunti, una bottiglia e un orologio da polso. In alcuni momenti, l’inquadratura si apre accogliendo anche gli studenti che circondano la protagonista in un vero e proprio incontro generazionale.

Yuri, come mai ha scelto di confrontarsi con una psicologa? “Perché la violenza e le discriminazioni sulle donne sono temi che devono essere indagati. E poi a me piace occuparmi di temi pericolosi e questo lo è soprattutto in Italia, dove ci si lamenta tantissimo, ma su questo argomento c’è una specie di tabù, di imbarazzo, perché siamo un paese inconsciamente maschilista. L’incontro con Marina Valcarenghi è stato eccezionale perché ha una visione molto lucida. In momenti così complessi la psicanalisi aiuta a districarsi nelle situazioni complicate e in questo film si capisce che ci aiuta anche a vedere cose che altrimenti non vedremmo”. La collaborazione tra l’artista e la dottoressa nasce in occasione della realizzazione del precedente film di Ancarani, “Atlantide” (2021, 104’), presentato al Festival di Venezia nel 2021, nella sezione Orizzonti. Il film-documentario è dedicato agli adolescenti del territorio veneziano e, in virtù della delicatezza di questo tema, ha previsto il supporto di professionisti della psicanalisi, per comprendere il mondo delle ragazze e dei ragazzi e le loro dinamiche di gruppo. In questa cornice è avvenuto l’incontro con Marina Valcarenghi e ha preso corpo l’idea di costruire un film che non fosse dedicato a un luogo ma a un tema urgente, endemico della società italiana. In effetti è come se i due film avessero più di un filo ideale che li unisce: dove finisce “Atlantide” prende il via “Il popolo delle donne”, che analizza, senza sconti, un altro tema sociale, quello delle violenza sulle donne, del patriarcato imperante.

La psicoanalista Marina Valcarenghi
La psicoanalista Marina Valcarenghi

La tesi forte di quest’ultimo evidenzia per la prima volta il rapporto fra la crescente affermazione sociale delle donne e l’aumento della violenza sessuale maschile, fenomeni che nel corso del film vengono descritti come direttamente proporzionali. Quanto più insomma il mondo delle donne, ancora inevitabilmente insicuro, riesce a conquistare la ribalta, tanto più si acuisce la violenza insofferente di una parte del mondo maschile. Un fenomeno opposto a quanto generalmente si supponeva anche in ambito scientifico. Come per “Atlantide” che aveva visto la partecipazione del rapper e producer Sick Luke, anche la colonna sonora di “Il popolo delle donne” porta la firma della compositrice e musicista Caterina Barbieri, uno dei talenti più intensi e vivaci della scena musicale contemporanea italiana.

I suoi sono documentari o film veri e propri?

“Non mi piace molto essere dentro un genere e con il mio lavoro cerco di dimostrare che i confini dei generi dovrebbero essere abbattuti. Per questo presento i film e i video che faccio nei musei, nelle gallerie, nei festival di cinema, in tv, in qualsiasi ambito anche se sembrano ogni volta vagamente fuori posto. La ragione è che sono degli ibridi perché sono ispirato dalla storia del cinema, ma anche da quella del video, che è il mio strumento principale e ha una freschezza, una velocità, che il mondo del cinema non può avere. Quindi nei miei lavori ci possono essere scene di fiction, ma pervase dalla sensazione di realtà che alla base del videomaking. Il risultato è un documentario del reale che non prescinde dalla fiction, un ibrido insomma”.