Main Partner

main partnermain partnermain partner

Partner

main partner

Pilar Fogliati, la “Romeo” di Veronesi: "La parità diventi normale"

L’attrice è protagonista del nuovo film “Romeo è Giulietta”, una rivisitazione in chiave moderna e egualitaria del più famoso dramma si Shakespeare

di GIOVANNI BOGANI -
23 febbraio 2024
Pilar Fogliati

Pilar Fogliati

Pilar Fogliati è una delle vere scoperte cinematografiche di quest’anno. Qualche mese fa, usciva al cinema con il suo primo film da regista, “Romantiche”, nel quale interpretava quattro ruoli diversi, in un trasformismo verbale e interpretativo stupefacente. Quel film lo aveva scritto insieme a Giovanni Veronesi: lo stesso che l’ha voluta come protagonista per il suo nuovo film, “Romeo è Giulietta”.

Questa volta interpreta il ruolo di un’attrice teatrale che – non riuscendo a farsi ingaggiare come Giulietta – prova a fare un provino “al maschile”, per il ruolo di Romeo... Il film è in questi giorni nelle sale, miglior incasso italiano della settimana.

Questa sera alle 22.00 Pilar sarà a Firenze, al cinema Fiamma, per il Q&A dopo la proiezione.

Pilar Fogliati e Giovanni Veronesi alla presentazione del film "Romeo è Giulietta"
Pilar Fogliati e Giovanni Veronesi alla presentazione del film "Romeo è Giulietta"

Pilar che momento è, questo, per le donne nel cinema, e più in generale nella società? “Voglio essere sincera: io sento che il terreno è fertile, che il momento è buono. Al cinema, c’è fame di autrici nuove. Quando ho proposto il mio film da regista, non ho sentito discriminazioni, non ho sentito sottili perplessità, legate al fatto che sono una donna. Al contrario, ho avuto la sensazione che fosse un punto a favore”.

Quindi oggi una ragazza giovane può sognare di essere protagonista, nel mondo dello spettacolo, anche come autrice? “Secondo me sì, assolutamente sì. Io magari ho Paola Cortellesi come modello, come esempio: mia sorella più piccola, che ha 17 anni e che sta cominciando a coltivare una passione, ha anche l’esempio mio. Voglio dire, adesso si può davvero avere più coraggio, e cominciare a sognare”.

Ci avviciniamo all’8 marzo. Che significato ha per lei questa data, questa celebrazione? “Prima di tutto, significa onorare quelle lotte e quelle conquiste delle quali anche io mi sto giovando. Ci sono generazioni di donne che hanno lottato prima di me, e non era scontato. Non vorrei che le conquiste che abbiamo ottenuto, le dessimo per acquisite, per scontate. Poi, vorrei che si andasse avanti. Vorrei che l’uguaglianza, la parità dei diritti e dei doveri fosse acquisita, diventasse ‘normale’.

Vorrei che diventasse normale, per esempio nel mio lavoro, poter criticare anche una donna, se ha fatto un brutto film. O una sceneggiatrice, se ha scritto un brutto copione. Adesso, si vive il paradosso per cui si pensa ancora: Ma vedi? È una donna, eppure ha fatto questa cosa... ma pensa... ma brava... Eh no! Bisogna poter usare lo stesso metro per uomini e donne”.

Parliamo di molestie sul luogo di lavoro. Se ne parla molto, da quando il #MeToo ha sollevato il problema. A lei è accaduto di subirne?

“Fortunatamente no. Ma vorrei aggiungere una cosa: dipende molto dai percorsi che si scelgono. Io ho fatto un percorso ‘classico’: accademia teatrale, poi mi sono scelta un’agenzia, poi ho fatto provini su provini. E i provini si fanno negli uffici, non a casa dei registi. Se mi avessero chiesto di fare un provino a casa di un regista, sarebbe scattato un campanello di allarme. Ma qualcuno non lo sa, pensa ‘faccio l’attrice, devo cercare le conoscenze...’. No! Le conoscenze non servono.

Serve proporsi in un ruolo, fare un provino, e il regista capirà se sei adatta o meno. Accade, però, che una ragazza di provincia non abbia idea che i provini non si fanno in luoghi che non siano uffici di produzione. Ci vorrebbe, anche in questo caso, una educazione all’iter da seguire”.

E le è accaduto di sentire pressioni sessuali, di trovarsi in situazioni scomode? “È molto difficile regolarizzare quel tipo di dinamica. È una dinamica umana, che fa parte di ogni luogo di lavoro. Credo che non si possa eliminare il fatto che siamo esseri sessuati e sessuali, e che è pur sempre quello ciò che muove il mondo. Ci sono tensioni che si creano, nei luoghi di lavoro, nel mondo del cinema così come in un ospedale, o in una agenzia di assicurazioni. Il potere, i giochi di potere che si estendono alla sfera sessuale, accadono ancora, senza discriminazioni per il luogo”.

Si parla molto dell’intimacy coordinator, per le scene intime sul set. Che cosa ne pensa? “Nella serie ‘Odio il Natale’ c’era un intimacy coordinator. Ero un po’ stranita all’inizio, invece poi ho capito che è una persona preziosa. Non è una persona che sta lì e controlla, come un occhio vigile. È qualcuno con cui puoi parlare, se ti capita qualcosa che ti mette a disagio. E molte volte accadono piccoli o grandi episodi che ti tieni per te, perché non sai con chi parlarne. Credo che in definitiva siano molto utili”.