La vittoria a X Factor 2022, poi tanta musica dal vivo per i Santi Francesi, che stanno registrando un sold out dopo l’altro nei loro live grazie a un pop evoluto, frutto di un’illuminata sperimentazione nella produzione e dei suoni, accompagnato da testi in cui vengono trattati argomenti che non sono così pop, ma in gran parte personali o generazionali. È un gruppo intelligente e fuori dal comune questo duo hard-pop di Ivrea, che si avvale delle intuizioni di Alessandro De Santis (voce, chitarra, ukulele) e Mario Francese (producer, tastiere, synthesizer e basso).
Li aspettiamo in concerto martedì 26 novembre 2024 al Teatro Cartiere Carrara di Firenze per presentare dal vivo i loro successi, partendo dal nuovo singolo “Ho paura di tutto”, che anticipa il secondo ep “Potrebbe non avere peso”. Ma, intanto i Santi Francesi sono stati protagonisti sabato 19 ottobre alla Festival di Luce!, cantando dal vivo al Salone dei Cinquecento alcuni brani in versione acustica e intervenendo al panel sul tema “Questione di talento”.
“Ogni volta che sento analizzare la questione che c'è chi ha talento e chi non ce l'ha ho un po' paura. Credo che il talento dipenda da una continua ricerca, non è una cosa che si scopre online – dice Mario Francese –. C'è chi è naturalmente inclinato a fare con naturalezza certe cose. C'è chi deve lavorare di più, lavorare su se stesso per raggiungere un obiettivo. Quindi per me è un talento è anche il coraggio di sbattere la testa su una cosa. Impegnarsi per raggiungere qualcosa o anche non raggiungere niente, ma semplicemente stare bene con se stesso e aspirare a qualcosa. Bisogna trovare quella cosa per cui ci si riesce ad amare. Amare se stessi, prima di trovare il proprio posto nel mondo, cercare di comunicare questo amore”.
Il talento si misura anche nei talent. Cosa viene dopo? “Per quanto riguarda noi mi sento di dire che abbiamo sempre cercato di rimanere un po' fuori dalla visione – non so se italiana o mondiale – di intellettuale tra virgolette, per cui se vai a un talent non hai un valore emotivo sensibile abbastanza alto. O comunque sei uno che cerca delle scorciatoie. Noi abbiamo vissuto i nostri new talent come delle vetrine in cui far sentire dell'acqua di musica. Abbiamo sempre scritto le canzoni, poi andiamo a farle sentire alle persone. Abbiamo partecipato sia ad Amici che a X Factor, non ci siamo neanche iscritti noi di nostra volontà, perché chiaramente i talent funzionano grazie a degli scout che ti chiamano, che ti chiedono se hai voglia di partecipare. Noi ci abbiamo provato in entrambi i casi, in uno dei due è andata meglio che nell'altro, ma per noi sono sempre state semplicemente delle vetrine”.
Che rapporto avete con la tecnologia? “È un tema molto complesso, ma attuale – dice Alessandro De Sanctis –. Sarebbe un po' strano semplicemente guardarla con odio perché in realtà esiste. Però è chiaro che è sempre una cosa nuova e spesso spaventa. Noi la usiamo a volte, più che altro dal punto di vista tecnico: dove non abbiamo le conoscenze ci sono degli strumenti che aiutano a fare suonare le cose. Quindi può aiutare soprattutto qualcuno che magari non ha le conoscenze o la possibilità di usare un esperto per finalizzare il suo progetto. Per dare una forma alle cose spesso viene usata anche la nuova tecnologia, ma è chiaro che deve rimanere un po' al servizio della creatività umana, non essere un generatore di idee che forse diventa un po' pericoloso per l'informazione. D’altra parte canto è utile per molte altre cose il campo artistico. La sperimentazione scientifica è incredibilmente potente e sta già aiutando molto la vita, in genere”.
Insomma la tecnologia è una cosa positiva? “Molte persone possono finalmente fare musica o fare arte, soprattutto da quando c'è l'intelligenza artificiale, che può aiutare. L’ambiente è molto più potente di quello che pensiamo; poi magari grazie all'IA non si riuscirà più a distinguere un video vero da uno fatto con l’intelligenza artificiale, però non vedo ancora il momento in cui riuscirà a spostare l’interesse dello spettatore, soprattutto per quanto riguarda il lato musicale. L’importante è la collaborazione fra gli artisti della nuova generazione, che magari usano l'auto-tune e però si connettono comunque con il pubblico. Anzi, lo fanno con un pubblico anche più ampio. Alla fine democratizzare la tecnologia è positivo, se permette di fare musica a quelle persone che hanno qualcosa da dire. Sento tanti cantare molto bene, ma oggi c’è un coinvolgimento maggiore. Grazie a internet si puoi uploadare il proprio progetto autonomamente. E c'è tanta più musica, tanta più gente che si mette in gioco. Prima in pochissimi avevano le finanze per fare la propria musica e arrivare alla gente. Adesso, se vuoi posti la tua musica immediatamente e autonomamente”.
L'originalità quanto paga? “L’importante è cosa vuoi tu. Se il tuo interesse è fare soldi, comprarti un orologio o una macchina, una casa gigante fai un altro lavoro. Ma, se a un certo punto della tua vita hai trovato soddisfazione nel suonare uno strumento, nel dipingere una tela, nel cinema, nel modo di raccontare qualcosa, perché non farlo? Le persone a cui piace quello che fai si legheranno a te, vedranno i tuoi concerti, le tue mostre, i tuoi film. Alcuni, magari non si avvicineranno mai, ma il nostro è un mondo fatto di un sacco di altri mondi, che spesso neanche si toccano fra di loro. L'importante per me è semplicemente che alla fine ogni artista Si possa guardare allo specchio. Che tutte le sere possa dire non sto fingendo di essere qualcosa altra, non sto facendo troppi compromessi per arrivare a uno status, per arrivare a dove non si sa. Alla fine basta raccontare e poi vedere che cosa succede”.