Per un po’ di ore, gli utenti che navigano abitualmente in rete hanno temuto di trovarsi davanti all’ennesimo episodio di discriminazione rivolto ad atleti e atlete omosessuali o appartenenti alla comunità Lgbt. Il tutto è partito da un tweet di Louis Pisano, giornalista di moda americano residente nella capitale francese dove, proprio domani, prenderà il via la 33^ edizione delle Olimpiadi.
Dopo essersi accorto che Grindr, celebre applicazione di incontri omosessuali, era stata disattivata all’interno del perimetro del villaggio olimpico, Pisano ha pubblicato un tweet su X, nel quale esprimeva il suo disappunto per questa scelta da parte degli sviluppatori e del Cio, il Comitato Olimpico Internazionale. Un tweet, il suo, che è rimbalzato in rete alla velocità della luce, raggiungendo oltre cinque milioni di visualizzazioni.
La mole di utenti ha dato vita, come di consueto, alle reazioni più disparate. Tra supposizioni legate alle attività tra atleti nel tempo libero e ironie relative ai letti di cartone, erroneamente definiti letti anti-sesso, molti utenti hanno associato il blocco di questa applicazione ad una chiara e voluta discriminazione nei confronti della comunità Lgbt. Un dubbio che, in poco tempo, è stato dipanato in primis da altri utenti, consci del reale motivo alla base della misura restrittiva.
La precisazione degli sviluppatori
In seguito a quanto supposto da molti profili, gli ideatori del celebre sito di incontri hanno rilasciato - con non poco ritardo - un comunicato in merito alle limitazioni nella geolocalizzazione degli utenti all’interno del villaggio olimpico. La misura, spiegano in un tweet e in un comunicato presente sul loro sito, è stata implementata proprio per proteggere atleti ed atlete da outing che potrebbero porli in pericolo: “Se gli atleti non sono dichiarati o provengono da un paese in cui appartenere alla comunità Lgbtq+ è pericoloso o illegale, utilizzare Grindr può metterli a rischio”.
I precedenti a Rio 2016
Nel 2016, infatti, il villaggio olimpico venne scosso dall’accesso all’applicazione di utenti e giornalisti unicamente per pubblicare informazioni intime e riservate quali, ad esempio, l’orientamento sessuale degli sportivi. Alcuni atleti ed atlete che non avevano ancora fatto coming out vennero così denigrati in rete a casa dell’outing che li aveva appena investiti, ponendo profondamente a disagio le persone coinvolte.
Un fatto che ha messo sul chi va là gli sviluppatori di Grindr già dalla scorsa edizione delle Olimpiadi invernali, Pechino 2022, durante la quale la famosa applicazione era già stata sospesa nel perimetro del villaggio olimpico. Una misura che ci ricorda quanto la comunità Lgbt sia ancora oggi discriminata e sottoposta a pressioni da parte della società civile, al punto di non consentire ad atleti e alle atlete di potersi esprimere liberamente e senza incappare in mancanze di rispetto, nonché in vere e proprie violazioni della privacy.
Le limitazioni social del Cio
Il Comitato Olimpico Internazionale, dopo che i riflettori si sono prepotentemente accesi sull’argomento, ha precisato che le app di incontri saranno disponibili in tutta la capitale e per tutta la durata dei Giochi. Eventuali limitazioni alla geolocalizzazione, è possibile leggere nella nota riportata da Gay.it, “dipenderanno unicamente dalla volontà degli sviluppatori”, proprio come nel caso di Grindr.
Ma al netto dei siti di incontri, il Comitato Olimpico ha comunque imposto limitazioni ferree all’utilizzo dei social: no alla pubblicazione di cerimonie di premiazione e post pubblicitari, sì alla condivisione degli highlights delle gare fino ad un’ora prima dalle rispettive competizioni. E ancora: niente dirette in collaborazione con eventuali sponsor personali, ma via libera a post e stories anche dall’interno del villaggio olimpico. Una vera e propria netiquette, che atleti ed atlete sono stati costretti a sottoscrivere per poter prendere parte alla competizione sportiva più famosa e longeva al mondo.