Prato, 12 gennaio 2025 – “Quest’anno siamo tornati alle origini, allestendo una sezione calcistica che milita nel campionato Uisp dopo tanti anni. Ma l’obiettivo resta quello di sempre: dare la possibilità di fare sport anche a chi non può permetterselo, contribuendo così a farne un veicolo di inclusione. Perché pensiamo che l’attività sportiva rappresenti un mezzo più che valido anche per il contrasto ai fenomeni di marginalità sociale”.
Andrea Messia, vice-presidente della Polisportiva Il Sogno, ha così spiegato l’impegno del sodalizio di stanza al Soccorso, gruppo nato nel 1997 come emanazione del dopo-cresima della parrocchia. Una società che oggi conta circa 200 tesserati di ogni età (quasi tutti fra i 18 e i 34 anni, ma ci sono circa una trentina di bambini ed anche diversi ultracinquantenni, ndr) e di ogni etnia: gli sportivi non italiani rappresentano circa il 30% del totale (africani e cinesi in primis).
Il primo progetto, lanciato ormai ventotto anni fa, aveva portato all’istituzione di una squadra di calcio composta in buona parte da ragazzi originari del Senegal. “Giovani che vivevano a Prato e che erano originari di una comunità proveniente da Gorom – ha ricordato Messia – fu un’esperienza positiva e che in qualche modo precorse i tempi: erano i primi anni in cui si iniziava effettivamente a parlare di
integrazione come obiettivo da raggiungere”.L’integrazione come obiettivo a 360 gradi
Un tema che, ancora adesso, la dirigenza della Polisportiva considera prioritario rispetto ai risultati agonistici. “Sin dall’inizio, la nostra associazione ha operato nel settore sportivo, ricreativo e culturale, nell’ottica della partecipazione, della solidarietà e del pluralismo – ha proseguito Messia – in linea con i valori espressi nella ‘Carta etica dello sport’, promuoviamo lo sport come gioco e fonte di divertimento alla base del processo educativo. Ma soprattutto riteniamo la pratica sportiva uno strumento privilegiato per costruire rapporti di socializzazione ed integrazione per bambini e ragazzi, coinvolgendo in particolar modo coloro che sono esclusi per motivi socio-economico-culturali e le giovani generazioni delle comunità migranti presenti sul nostro territorio”. Il settore sportivo principale, forse ancor prima del calcio, è attualmente la pallavolo, con due squadre miste entrambe affiliate Uisp. Anche se l’offerta sportiva si è ampliata ulteriormente proponendo corsi di ginnastica e di difesa personale.
Il progetto Play District Soccorso
E c’è poi un progetto che ha preso il via lo scorso settembre e che terminerà il prossimo anno, nell’ambito di “Sport e Salute” e del bando nazionale “Spazi Civici di Comunità” finanziato dal Ministero delle Politiche Giovanili: si chiama “Play District Soccorso” e si rivolge ad utenti di età compresa fra i 14 ed i 34 anni. “È un progetto che riguarda il quartiere e va oltre l’attività ludico-sportiva: prevede corsi di pallacanestro, pallavolo e kung fu, ma anche iniziative di orientamento lavorativo, seminari sui corretti stili di vita ed incontri di sensibilizzazione su varie tematiche – ha precisato il vice-presidente – proposte messe a punto sempre con il fine ultimo di ridurre il disagio giovanile e di ‘togliere i giovani dalla strada’, come si diceva una volta. Anche perché, rispetto a vent’anni fa, è calato il numero di nuclei familiari che possono permettersi di far sì che i loro figli facciano sport, principalmente per ragioni economiche. Noi cerchiamo di venire loro incontro”.
E nessun dubbio nemmeno per quel che riguarda il futuro. “L’idea è di continuare su questa strada, ampliando ulteriormente le proposte – ha concluso Messia – guardando avanti, consapevoli delle nostre radici e della nostra finalità sociale”.