Qual è il ruolo della poesia oggi? O forse sarebbe corretto chiedersi: esiste ancora un ruolo? La risposta è sì, ed è più viva che mai. Se si pensa alla “poesia” come sostantivo generico si finisce quasi sempre per collegarlo a qualcosa di elitario e in qualche modo tecnico o di difficile comprensione. Ebbene, non è del tutto sbagliato: in fondo la poesia, come tutte le arti, ha un certo tipo di struttura e prevede determinate regole metriche. Ma scordiamoci per un momento questi dettami e concentriamoci sulla ricorrenza di oggi.
L'8 marzo, Giornata internazionale della Donna. Di questa occasione, ancora così importante, ce ne parla una donna che con le parole ha a che fare non solo per necessità comunicative, la poetessa Beatrice Niccolai.
L'artista, nata nel Mugello e residente a Borgo San Lorenzo (Firenze), ha alle spalle una lunga e dolorosa storia familiare, ha vinto – tra i tanti – il premio ad Agrigento sulla rielaborazione visionaria dei “Sei personaggi in cerca di autore” di Luigi Pirandello e nel 2016 la Regione Toscana ha adottato alcune delle sue poesie, lette poi dall'attore Paolo Ruffini, per lo spot contro la violenza sulle donne. Poi, non contenta di ciò, ha ricevuto anche l'investitura di Franco Battiato: “Beatrice, volare così in alto da afferrare la preda ambita senza luoghi comuni né vane parole”.
La stessa autrice, tra una poesia e l'altra, ha deciso di raccontarsi a Luce!, svelando le sue figure di riferimento e il canto che più si avvicina all'8 marzo.
Ha ancora senso secondo lei al giorno d'oggi celebrare la Festa della Donna?
“Io credo che la donna si sia persa. Per come viene celebrata si potrebbe anche abolire. È una festa troppo folkloristica e così facendo si perde di vista il perché è nata, diventando invece una celebrazione che non ha senso. Però la donna va comunque celebrata, non solo l'8 marzo, ma tutti i giorni. Va anche celebrata la donna lavoratrice, perché anche se non ha un lavoro è una donna che lavora. È quella su cui si basa tutta la società. È la mamma, è quella che procrea, che accudisce la famiglia. Quindi la prima micro-società è curata dalla donna.
Se poi a questo le mettiamo un carico di lavoro magari sottopagato o di sfruttamento credo che la parità non ci sarà mai. Laddove si tende ad avere la parità di diritti si scimmiottano i peggiori difetti degli uomini. E questo è il dramma della donna. La donna non può essere uguale all'uomo. La donna è diversa dall'uomo e la diversità credo sia la cosa più bella che ci possa essere. Un uomo e una donna possono essere complementari. Per cui la donna, sì celebriamola ma celebriamola non con un po’ di mimosa ma ringraziandola quotidianamente”.
Qual è stata la sua figura di riferimento nel mondo della poesia tra le donne del passato?
"La prima folgorazione con la poesia è avvenuta da bambina, quando avevo 12 anni, e fu per Goethe con la sua citazione del Faust: ‘Ciò che hai ereditato dal padre non sarà mai tuo fino a quando non lo avrai guadagnato da solo’. Devo dire che però il linguaggio della poesia era un linguaggio che ho sempre capito, un linguaggio familiare.
Tra le donne ho una passione per Szymborska, che ha un modo di raccontare leggero ma allo stesso tempo profondo. Alda Merini, invece, è quella a cui si deve il fatto di avermi avvicinato alla poesia, quella che mi ha aperto le porte. Quest'ultima è stata più vicina a noi e ci ha fatto capire che la poesia non è una cosa noiosa ma un moto interiore da seguire. Di donne poetesse anche Gioconda Belli. Il mio vero riferimento in poesia, però, è un uomo e si tratta di Rilke”.
Qual è il valore della cultura e del lavoro artistico in un mondo frenetico e basato sull'effimero? Soprattutto, si può vivere con questo tipo di lavoro? Paga?
"Assolutamente no, perché c’è questa perversione a trattare gli artisti come sfigati, poveri e in bolletta sempre. In poesia ti chiamano spesso, diciamo, per farti un favore. Io ho scelto di ritirarmi un attimo, di fermarmi per valutare un po’ la situazione. Però assolutamente non paga. Poi dipende uno dalle scelte che fa. Se si decide di rimanere fedeli alla poesia no, non paga”.
La sua storia familiare è stata molto travagliata. Ce la racconta?
“La storia è un po’ confusa e per questo ho smesso di indagare, perché ogni volta trovavo dei tasselli nuovi. Credo che mia mamma (Irene) sia una figlia illegittima. È nata a Berlino il 1° aprile 1941 ed io questo l'ho scoperto tardi, quando ero già adulta. Indagando poi abbiamo scoperto che la mamma di Irene (mia nonna) è nata da un abuso subito in gioventù in Ucraina, sua terra di origine da cui scappò per trovare rifugio in Germania, nei difficili anni del nazismo. Qui la piccola Irene venne sottratta alla madre perché questa era ‘non pura’, non tedesca.
A quei tempi, infatti, le bionde erano destinate all'adozione, le castane assunte nelle famiglie e le scure andavano direttamente ‘infornate’. Purtroppo poi, andando più a fondo, sono venute fuori altre cose. Sembra che il padre di mia mamma sia dell'alta borghesia e che quindi un figlio illegittimo strideva molto. E tutta questa cosa mia mamma non l'ha mai saputa.
Sapeva sì di essere una figlia adottiva ma non si capiva come mai questa famiglia avesse così tanta attenzione verso di lei. Però lì è stato bello vedere la forza di questa donna che ha mantenuto il segreto fino all’ultimo, anche perché si sono assicurati che non le mancasse niente in cambio del suo silenzio. Poi ha rilasciato un'intervista raccontando la sua versione, quella più bella, quella più romanzata, che è quella che poi è arrivata a noi. Questo è l'esempio di come una donna sa essere affidabile, sa essere una grande protettrice. La donna è tanta roba”.
Se l’8 marzo fosse una poesia quale sarebbe?
“Potrebbe essere una poesia breve di Blaga Dimitrova:
Nessuna paura che mi calpestino. Calpestata l'erba diventa un sentiero.
E questa è proprio la donna. La donna che sa camminare, che sa essere ferita, che sa essere umiliata, però con la sua tenacia, con il suo sapersi rialzare, con il suo essere l'araba fenice sa rinascere dalle proprie ceneri per poi diventare un sentiero. Quando a volte ho partecipato a delle manifestazioni ho visto delle donne urlanti che stridono con quello che è la donna. Io ho un'immagine di manifestazioni di donne in cui quest’ultime fanno emergere il bello di sé, che è il silenzio. La mia manifestazione di donne ideali sono quelle silenziose, sorridenti, dignitose, semplici, quelle che attraversando una città abbracciano le persone. Bisogna dare il meglio di noi, perché la donna dovrebbe tornare ad essere anche gentilezza, e questo si è perso. La donna deve essere colorata, ridente. Ed è questa l'immagine che ho delle donne nel mondo”.
Tra le sue poesie qual è quella che vorrebbe che tutti conoscessero?
“Direi ‘Le nostre donne’ visto anche che nel 2010 l’università di Siena ha adottato alcune frasi di questa poesia per farne un concorso all'interno della stessa struttura. Recita così:
Le nostre donne siamo noi e tutto quello che ci contiene ha odore di biancheria lavata a mano nello scrittoio dei segreti.
Le nostre donne sono girasoli in fiore nella battaglia dei giorni
e odore di bucato fresco pulito sempre steso fuori, dopo il calar del sole.
Le nostre donne siamo sodalizio taciuto sottoscritto con la vita la tenacia, la dolcezza, gli errori. Delle nostre donne, io sono l’errante.
Le nostre donne parliamo lingue diverse alla stessa tavola
ma nell’inguine mai interrotto di Dio lavate dalle stesse acque del Giordano-dentro bagnate ognuna d’un colore diverso,
insieme, le nostre donne
formiamo una bandiera.