Donne e lavoro: se una su cinque lascia quando diventa mamma è perché non ci sono abbastanza asili nido. Lo dicono i numeri

In Italia nel 2023 il tasso di occupazione delle donne tra i 20 e i 49 anni con figli under 6 era del 55,3%. Ma i dati provincia per provincia raccontano che lì dove ci sono asili nido l’occupazione femminile è molto più alta. E viceversa

di DOMENICO GUARINO
7 marzo 2025
Coniugare lavoro e maternità è più facile se ci sono i servizi necessari, in primis gli asili nido

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Meno asili nido, meno opportunità lavorative per le donne. È questo il quadro che emerge dai dati sull'occupazione delle donne che sono stati elaborati in vista dell'8 marzo dalla Fondazione Openpolis. Considerando infatti le donne di età compresa tra i 20 e i 49 anni con figli di meno di 6 anni in Italia, il tasso di occupazione femminile è pari al 55,3% (dati 2023). Per la stessa tipologia di lavoratrici, la media Ue del tasso di occupazione è pari al 67,8%, mentre quello dei coetanei uomini è del 91,5%. Dunque l’Italia presenta una delle percentuali più basse: fanno peggio infatti solo la Grecia (54,8%), la Romania (50,3%) e la Repubblica Ceca (44,5%), che riportano percentuali più basse.

In Italia una donna su cinque lascia il lavoro dopo essere diventata mamma

Il nostro paese si piazza inoltre sul podio tra gli stati Ue per divario più marcato tra uomini e donne occupati con figli. Il dato italiano infatti nel 2023 era di 35,4 punti percentuali di differenza. E anche in questo caso solo Repubblica Ceca (51,3) e Grecia (37,1) riportavano un divario più ampio.

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Colpisce poi che, mentre nella stragrande maggioranza dei paesi europei, tra il 2014 e il 2023, il divario tra tasso di occupazione maschile e femminile sia diminuito, in Italia in questo stesso periodo si è ulteriormente allargato, di 3,3 punti percentuali (fanno peggio la Romania con +10,3 punti percentuali, la Grecia con +4,6 e la Spagna con +3,4). Non sorprende dunque che, secondo i dati del dossier curato dalla Camera dei deputati (2023), le donne che fuoriescono dal mercato del lavoro a seguito della maternità sono una su 5, il 20% del totale.

La mancanza di servizi: il nodo degli asili nido

Ma cosa rende particolarmente difficile la situazione delle madri lavoratrici nel nostro Paese? Di sicuro molto dipende dalla mancanza di servizi. A partire appunto dagli asili nido. I dati infatti indicano chiaramente come alla nascita di un figlio sia soprattutto l’occupazione femminile a calare. Ed infatti i Comuni con il miglior indice di parità di genere in termini di occupazione sono anche quelli con un’offerta di asili nido e servizi più capillare. Al contrario, nei Comuni dove il tasso di occupazione maschile è doppio o anche più che doppio rispetto a quello femminile, la presenza di nidi risulta molto meno diffusa.

Insomma: l’occupazione femminile va di pari passo con l’offerta di servizi per la prima infanzia e viceversa. Secondo i dati elaborati dalla Fondazione Openpolis infatti, nei comuni dove il tasso di occupazione di donne e uomini è più paritario, l’offerta di nidi e servizi prima infanzia raggiunge i 40 posti ogni 100 bambini. Dieci punti al di sopra della media nazionale (30%). Nei territori dove il rapporto tra tasso di occupazione maschile è tra 1,2 e 1,5 volte superiore rispetto a quello femminile, l’offerta scende invece al 26%. Dove gli uomini lavorano tra 1,5 e 2 volte più delle donne, i posti nido calano a 12 ogni 100 bambini. Addirittura a 7 posti ogni 100 minori dove il tasso di occupazione maschile è doppio o più che doppio di quello femminile. Una relazione da leggere nei due sensi, ma che deve porre l’attenzione rispetto alla necessità di potenziare l’offerta di questi servizi sull’intero territorio nazionale.

Al Nord va meglio che al Sud

Come spesso accade il nostro Paese appare diviso in due, anzi in tre. Prendendo i capoluoghi, ad esempio, le 10 città con più occupazione femminile sono tutte situate nell’Italia centrosettentrionale: Belluno, Siena, Bolzano, Trento, Lodi, Prato, Cuneo, Modena, Lecco e Milano. In questi comuni, l’occupazione femminile oscilla tra il 75,7% del capoluogo lombardo e l’81,9% di Belluno. Analogamente, in tutte queste città l’offerta di servizi per la prima infanzia supera la media nazionale (30 posti ogni 100 bambini). Dai quasi 60 posti di Siena ai 35,1 di Cuneo.

Al contrario, sono tutte nel mezzogiorno le città italiane con l’occupazione femminile più bassa: Catania, Napoli, Palermo, Trapani, Andria, Taranto, Messina, Crotone, Siracusa e Trani. Comuni dove la percentuale di donne che lavora varia dal 42,1% di Catania al 47,4% di Trani e Siracusa. In parallelo, anche in termini di servizi per la prima infanzia l’offerta di posti è sistematicamente inferiore alla media nazionale. Si attesta appena a 8 posti ogni 100 bambini a Catania, e in nessuna di queste – con l’eccezione di Siracusa (27,4%) – raggiunge i 20 posti ogni 100 bambini.