
Donne Kalash
Hai preparato lo zaino? Questo mese ti porto con me in un luogo senza tempo, nascosto tra le più remote montagne del Pakistan. Qui vive una comunità straordinaria, unica nel suo genere, fragile ma tenace: i Kalash. In questa rubrica esploriamo storie di culture lontane, di popoli che custodiscono tradizioni secolari e visioni alternative della felicità.
Oggi voglio farti viaggiare e portarti a conoscere le donne Kalash, il cuore pulsante di questa comunità. Libere, fiere, indipendenti. Sono loro a prendere le decisioni importanti, a tramandare la conoscenza, a proteggere l’identità del loro popolo. Ma cosa significa davvero essere una donna Kalash? E cosa possiamo imparare da chi ogni giorno lotta per difendere la propria libertà?
Un rituale quotidiano che è diventato un simbolo
La nostra guida per questa avventura è Jasmine, una giovanissima donna Kalash dalle idee chiare. Il suo obiettivo è uno soltanto: proteggere la sua cultura a ogni costo. Da dove si parte per difendere un popolo, se non dalle sue tradizioni? Seduti nel cuore della sua casa, mi ha raccontato il significato di uno dei rituali più intimi della loro cultura: lavare i capelli nel fiume.

A noi può sembrare un gesto semplice, ma per loro è un atto di connessione con la natura e con le divinità che governano la loro esistenza. L’acqua del fiume, pura e cristallina, non è solo un mezzo per pulirsi: è un dono degli Dei. Immergere i capelli in quell’acqua significa purificarsi, onorare la terra, rinnovare il legame con la propria identità. Mentre Jasmine si dedicava a questo rituale, non potevo fare a meno di chiedermi: se un semplice gesto come lavare i capelli può diventare un atto di resistenza culturale, quante altre tradizioni nel mondo sono strumenti di lotta silenziosa per la libertà?
Cosa mi hanno insegnato le donne Kalash

Jasmine incarna perfettamente l’anima delle donne Kalash: molto più che madri, figlie e mogli, sono leader, custodi di tradizioni e simboli di resistenza ai talebani. Nel mondo Kalash, sono le donne a tenere viva l’identità della comunità, tramandando la lingua, i canti e i rituali che da secoli preservano la loro cultura. Essere una donna Kalash significa anche avere il coraggio di scegliere per se stessa. A differenza di molte altre realtà circostanti, qui le donne sono libere di decidere il proprio partner, di chiedere il divorzio senza stigma sociale e di prendere parte alle decisioni che riguardano il villaggio.
Ma forse, la lezione più grande che ci offrono è il valore della comunità. Nella loro società, nessuna donna è lasciata sola. Le più anziane guidano le più giovani, insegnano loro il significato delle tradizioni e le preparano a custodire e proteggere la loro cultura. Ogni nuova generazione viene accolta con la consapevolezza di appartenere a qualcosa di più grande, un’eredità da difendere e tramandare.
Una lezione che non possiamo ignorare

Quando ho chiesto a Jasmine cosa significasse per lei la felicità, non ha esitato: “Essere libera di celebrare le mie cerimonie, senza paura.” Semplice, essenziale, potente. Nel mondo Kalash, la felicità non è legata al successo o alla ricchezza, ma alla possibilità di esistere senza dover combattere per il diritto di essere se stesse. E allora mi chiedo: se per le donne Kalash la felicità è semplicemente il diritto di esistere, cosa dice questo sul nostro modo di intendere la libertà? Le donne Kalash resistono, ogni giorno, con dignità e coraggio. E forse, in questo mese di marzo, il miglior modo di celebrare le donne del mondo è dare voce a chi combatte per il diritto di essere se stessa.
*Chi è Giuseppe Bertuccio D’Angelo

Giuseppe Bertuccio D’Angelo viaggia da 10 anni alla ricerca del “segreto” della felicità. Originario di Messina, una laurea in Economia e Commercio, sta esplorando luoghi e comunità diverse in tutto il mondo, rivolgendo ai suoi interlocutori la stessa domanda: “che cos’è per te la felicità?”. Nei suoi reportage mette in luce, da una prospettiva nuova, porzioni di realtà non documentate dal mainstream: dall’Ucraina al Brasile, dalla baraccopoli di Manila alla Corea del Nord, dai cacciatori con le aquile kazaki alle donne obese della Mauritania.
Quando è in Italia, Giuseppe Bertuccio D’Angelo è protagonista di eventi come il Tedx (Bergamo 2022) e cura progetti di formazione e consulenza in azienda. Ha collaborato con Sos Mediterranee e nel 2021 è stato a bordo della nave Ocean Viking per un mese. Oggi Giuseppe Bertuccio D’Angelo collabora con Action Aid, segue e sostiene progetti di solidarietà e di recupero ambientale. I suoi reportage raggiungono punte di 7 milioni di visualizzazioni, su LinkedIn è seguito da più di 21 mila persone e il suo canale YouTube, Progetto Happiness, conta 1.700.00 mila iscritti.
Per Luce! Giuseppe cura una rubrica mensile “Progetto Happiness racconta...” grazie alla quale scopriremo che la felicità ha tante ricette quanti sono gli uomini al mondo. Ecco le puntate precedenti:
- Gli Tsaatan della Mongolia, l’ultima tribù nomade delle renne che vive in armonia con la natura