Sono stati oltre 2mila i lavoratori dipendenti e autonomi intervistati nel corso della ricerca LUI (Lavoro, Uomini, Inclusione), condotta dalla
Fondazione Libellula con lo scopo di esplorare il
punto di vista maschile sulla discriminazione e l’equità di genere nella vita lavorativa e familiare. Ad emergere, inaspettatamente, sono stati dati shock che la stessa Fondazione definisce "allarmanti sotto diversi aspetti": il 43% degli intervistati ritiene infatti che la violenza sulle donne sia un fenomeno che non lo riguardi, mentre il 73% dei lavoratori pensa che gli uomini nel proprio contesto professionale abbiano maggiori possibilità di carriera rispetto alle donne. La situazione non sembra migliorare nel contesto della vita familiare e di quello della genitorialità: il 36% dei padri dichiara di non aver mai utilizzato gli strumenti aziendali a disposizione per occuparsi dei figli, come per esempio i
congedi parentali. "I risultati - commenta Annalisa Valsasina, direttrice scientifica di Fondazione Libellula - indicano che
l’equità di genere, sia nel contesto professionale sia in quello familiare, è lontana dall’essere raggiunta e che anche il racconto e le esperienze degli uomini rilevano disparità più o meno consapevoli". Insomma, se è vero che l’altra metà del cielo è sempre più azzurra, in questo caso non è certo una buona notizia. "La survey '
LUI – Lavoro, Uomini, Inclusione' realizzata da Fondazione Libellula - continua Valsasina - ha intervistato oltre 2mila uomini lavoratori, esplorando la percezione e le esperienze del genere maschile rispetto alla discriminazione e all’equità di genere nel mondo professionale e nella vita familiare. I risultati dello studio non sono incoraggianti sulla maggior parte degli aspetti ricercati e viene evidenziata la necessità di un
cambiamento culturale e strutturale per garantire maggiori opportunità e rispetto nei confronti delle donne, per poter arrivare a un'equità di genere ampiamente condivisa".
Annalisa Valsasina, direttrice scientifica di Fondazione Libellula
Dottoressa Valsasina, i dati più preoccupanti della vostra ricerca emergono dalla percezione della violenza di genere... "Esatto. Sebbene si stia parlando sempre più spesso di questa tematica, mettendola in primo piano sui principali mezzi di comunicazione, sembra che ancora non ne vengano comprese appieno l’importanza e le conseguenze. Il
43% degli uomini coinvolti nella survey, infatti, ha dichiarato di non considerare la
violenza sulle donne come
un problema che li riguardi direttamente. Allo stesso tempo, il 42% ritiene che quando si parla di violenza contro le donne spesso si colpevolizzino tutti gli uomini indistintamente, come se fosse un problema collettivo senza sfumature. Questi sono numeri che testimoniano una scarsa consapevolezza delle
radici culturali della violenza di genere e delle sue diverse sfaccettature quotidiane, che spesso si basano su una concezione di superiorità maschile e su una cultura del controllo e della prevaricazione, spesso normalizzati. Tengo a ricordare che nella survey precedente
LEI (Lavoro, Equità, Inclusione) - realizzata lo scorso anno e dedicata alle donne -, oltre un’intervistata su 2 ha dichiarato di essere stata vittima di molestie, discriminazioni o stereotipi sul posto di lavoro, mentre addirittura il 22% di aver avuto contatti fisici indesiderati. Visti questi risultati, è necessario capire come attivare un confronto tra i due generi e individuare le azioni grazie alle quali sia possibile intervenire efficacemente nei diversi contesti per arrivare all’equità superando stereotipi limitanti e promuovere una vera cultura del cambiamento".
La vostra survey però riporta anche qualche dato incoraggiante...
“Sì, i dati più incoraggianti emergono in merito alla visione del maschile e al superamento di alcuni stereotipi. L'immagine tradizionale del maschio forte, coraggioso e insensibile sembra essere sul viale del tramonto: ben il 95% degli intervistati ritiene che mostrare emozioni e sensibilità non corrisponda a essere poco virili, dimostrando che molti uomini vogliono abbattere la maschera di durezza e insensibilità che spesso la società impone loro. Le recenti immagini di Federer e Nadal in lacrime mano nella mano durante il ritiro dal tennis giocato del campione elvetico, l’abbraccio tra Vialli e Mancini nella vittoria dell’Italia a Euro 2020, restituiscono un’iconografia di uomo aperto a mostrare le sue emozioni. Inoltre, il 70% degli intervistati ritiene che anche gli uomini siano vittime di stereotipi che impattano sul loro benessere e sulla loro libertà, dimostrando che molti uomini sono consapevoli della pressione sociale che viene posta su di loro. Tuttavia, non tutti gli aspetti della visione maschile hanno subito un cambiamento positivo. Il 45% degli intervistati ritiene che molte volte il comportamento di un uomo verso le donne sia motivato da una spinta sessuale e il 54% che sia tipico degli uomini fare battute a sfondo sessuale tra loro e pensare al sesso nelle loro relazioni, suggerendo la presenza di una visione delle donne come oggetto sessuale ancora molto presente e un forte. Inoltre, persiste lo stereotipo secondo cui nella società sono gli uomini a dover mantenere e proteggere la propria famiglia: il 63% degli intervistati sente che come uomo debba proteggere le donne della sua famiglia (partner, figlie, madre, sorelle, ecc.) e il 52% dei padri dichiara che gli capita spesso o sempre di sentirsi totalmente responsabile del benessere economico della famiglia”.