Aborto, l’ostetrica: “È un diritto, mai giudicare”

La testimonianza di Elisabetta Sarti, da 11 anni all’ospedale Palagi di Firenze. “Accedono al percorso per lo più donne adulte, anche vittime di violenza, ma spesso hanno informazioni parziali. Gestire il loro stato d’animo è difficile”

di FRANCESCO INGARDIA
12 ottobre 2024
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Il gruppo ostetrico che lavora in 194, tra cui l’ostetrica Elisabetta Sarti

FIRENZE, 12 ottobre 2024 – “La 194 non si tocca, sia chiaro. Dal ‘78 viene periodicamente ripresa in mano, e c’è qualcuno che puntualmente vuole farne carta straccia. Parliamo di una legge pilastro, sacrosanta e concepita per tutelare la libertà di scelta della donna. Per fortuna esiste, e va bene così, guai a rimetterci mano. Altrimenti sconfineremmo in scappatoie extra legali molto pericolose per la salute”. Non usa mezzi termini Elisabetta Sarti, ostetrica da 11 anni operativa negli ambulatori del Consultori all’interno dell’ospedale Palagi.

Dottoressa, come sta la legge che disciplina in Italia le interruzioni volontarie di gravidanza?

“Bene, fintanto che sia garantita la sua applicazione. Noi come personale sanitario, proprio a tutela di questo diritto la applichiamo con grande attenzione e scrupolo”.

In aprile il Senato ha approvato l’accesso di gruppi anti-abortisti nei Consultori, malgrado le polemiche sull’inserimento dell’aborto in un emendamento al decreto sul Pnrr. Al Palagi ci sono?

“I Pro Vita sono liberissimi di condurre le attività che ritengono giuste da portare avanti, ma non nelle strutture pubbliche. Il loro intervento non è richiesto. Al Palagi abbiamo trovato dei volantini, poster inopportuni. Ci sono donne che arrivano con enormi difficoltà emotive. Parlo per esperienza professionale: non è quello il momento di avere uno davanti che – per motivi religiosi o non – cerca di convincerti a cambiare idea”.

Qual è lo stato d’animo delle donne che arrivano in Consultorio. Quanto è conosciuto tale presidio?

“Ancora troppo poco purtroppo. In molte si disperdono prima di arrivare da noi. Prima passano da medici privati, col rischio magari di incappare nel medico obiettore. La verità vera è che spesso arrivano con informazioni parziali o raccolte alla rinfusa. Quanto alla gestione emotiva di ragazze o donne che stanno per affrontare una ivg, è senz’ombra di dubbio la parte più difficile del nostro lavoro. Vige una regola ferrea che ci fa da guida: il non giudizio. Nelle scarpe di quella o questa persona non c’è stato nessuno. Può aver avuto ivg precedenti, collegate magari a storie di violenze, sofferenze immani oppure background culturali bassissimi. La 194 si applica e si rispetta con il non giudizio”.

Come si combatte l’informazione parziale o alla rinfusa?

“Sul sito dell’azienda sanitaria c’è tutto quello che serve. Suggerisco però che sia divenuto per i giovani un po’ vintage. Oltre a un lavoro più capillare di campagne informative e di sensibilizzazione partendo dai medici di base, dal dialoghi privi di tabù in famiglia, occorrerebbe battere la strada dei canali social per intercettarli efficacemente”.

Come viene accolta una minorenne che vuole abortire?

“Vengono cullati all’ennesima potenza. Specifichiamo che sono le donne adulte la maggioranza, non il contrario. La missione con pazienti minori è quella della pianificazione familiare futura. Su questo la Regione Toscana è avanti anni luce rispetto ad altri territori grazie alla misura che prevede poi la gratuità della contraccezzione”.

E degli 11 ginecologi obiettori su 40 che mi dice?

“Guardi, La Toscana, Firenze e l’Asl Centro sono un’isola felice rispetto al quadro nazionale. Il fenomeno delle migrazioni di donne, specie dal Sud, è drammatico. Ci sono luoghi dove abortire è semplicemente impossibile in Italia”.

Quindi questi 5.219 ivg in quattro anni a queste latitudini quando incidono rispetto al quadro nazionale?

“Poco onestamente. Certo le interruzioni volontarie non devono rappresentare mai lo strumento di controllo delle nascite. A quello, ci pensa la contraccezione”.