Mille euro al mese per le donne che rinunciano ad abortire: l’ultima di Gasparri

Un reddito mensile di maternità, per cinque anni, con maggiorazioni in caso di disabilità del figlio o della figlia. L’obiettivo della proposta del senatore sarebbe aiutare le donne in difficoltà, ma è così?

di TERESA SCARCELLA -
29 giugno 2024
MANIFESTAZIONE CON CORTEO DELL'ASSOCIAZIONE PRO VITA E FAMIGLIA.

MANIFESTAZIONE CON CORTEO DELL'ASSOCIAZIONE PRO VITA E FAMIGLIA.

Se ne inventano di ogni per depotenziare l’aborto come libera scelta. Come se non fosse già difficile, tra l’altro. Dopo l’ascolto del battito del cuore del feto, le associazioni pro vita nei consultori, la schiera di obiettori di coscienza in ospedali e strutture varie, ora arriva il reddito di maternità. Una corsa a ostacoli praticamente. Vince chi arriva alla fine senza inciampare e in tempo, per altro. Altrimenti diventi madre contro la tua volontà, perché manco a dire che ti affidi all’adozione, perché significherebbe rifare lo stesso percorso a ostacoli ma su una gamba sola e gli occhi bendati. Ma non temere: con mille euro al mese dovresti farcela, almeno per i primi cinque anni di vita del bambino. Dopodiché, sono fatti tuoi (per dirla in maniera educata). 

Di cosa stiamo parlando? Della nuova pensata della destra, il reddito di maternità: un contributo di mille euro al mese per le donne in difficoltà economiche che rinunciano ad abortire, valido fino al compimento del quinto anno del figlio per chi ha Isee sotto i 15mila euro.

È la proposta contenuta in un disegno di legge a firma del capogruppo di Forza Italia al Senato, Maurizio Gasparri, vicino di idee ai Pro vita, che sta evidentemente remando in una direzione diversa rispetto a chi vorrebbe (ri)portare il partito più verso il centro. L’obiettivo, come si evince dal testo, sarebbe di “ridurre le richieste di interruzione di gravidanza motivate dall'incidenza delle condizioni economiche”.

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Sia chiaro: il supporto a chi è in difficoltà è un gesto nobile, per carità. Ma aiutare le donne solo ed esclusivamente in caso di gravidanza complicata, per evitare che abortiscano, invece di metterle prima in condizione di poter scegliere della loro vita, sa di beffa. Anche perché è un aiuto a tempo, con scadenza, che non solo non copre le spese successive, altrettanto corpose, ma non elimina neppure il problema degli asili nido, della conciliazione famiglia-lavoro, della carenza di welfare. E’ un palliativo, una timida spolverata di zucchero su una pillola (che non è la Ru486) che va giù addolcita solo all’inizio, ma per il resto della vita?

Attenzione però, non è finita qui. Perché la proposta prevede una maggiorazione di – pensate – 50 euro al mese per ciascun figlio successivo al secondo, 100 se il figlio ha delle disabilità e in questo caso fino ai 18 anni. Non sa di beffa?

“Questa proposta di legge - sottolinea Gasparri - non impedisce l'aborto. Semplicemente, nell'ambito dell'attuazione della legge 194, offre un aiuto non solo morale ma anche economico laddove la decisione dell'interruzione di gravidanza, da parte di una donna, nasca da difficoltà economiche. E quelli che sbraitano contro sono nazisti, sono loro i veri nemici della legge 194 che tutti citano e nessuno legge”.

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Noi di Luce! l’abbiamo letta e infatti ne parliamo qui. Ad ogni modo, inutile dire che la proposta ha ovviamente scatenato l’ira del centrosinistra, ma al di là delle reazioni politiche fisiologiche che lasciano il tempo che trovano, il dubbio è: ma se vogliono veramente invertire la rotta della crisi demografica, perché non pensano a mettere le giovani coppie nelle condizioni di fare una famiglia o ad aiutare le donne a superare i vari gap di genere, invece di dare soldi a chi rinuncia ad abortire?