Solo la metà dei cittadini italiani è preoccupata per la qualità dell’aria che respira, circa il 40% delle persone over 14 anni teme per l’inquinamento delle acque e per lo smaltimento dei rifiuti. La distruzione delle foreste, che nel 1998 preoccupava il 25,2% della popolazione, oggi non va oltre il 22,3%, mentre solo una persona su cinque guarda con apprensione al dissesto idrogeologico, con un calo notevole rispetto al 34% di 25 anni fa. E sì che nel frattempo di disastri e catastrofi dovute al cattivo uso del suolo, ne abbiamo visti tanti, con vittime e danni per miliardi di euro. Dall’indagine Istat che ha coinvolto 45mila persone, emerge un quadro contraddittorio, con gli italiani che dimostrano di conoscere abbastanza bene le principali tematiche ambientali, ma allo stesso tempo di non sentirsene particolarmente preoccupati.
Ci si aspetterebbe che, a fronte del crescente interesse dei mass media e della stessa politica rispetto a temi come i cambiamenti climatici, la biodiversità, la qualità dell’aria e dell’acqua, la conservazione del paesaggio, l’inquinamento luminoso e il rumore, il tema del riciclo, quello del dissesto idrogeologico, il consumo di suolo, il risparmio energetico etc, i nostri concittadini dimostrassero un maggior grado di attenzione se non di allarme. E, invece, generalmente la metà o più degli italiani fa spallucce e tira avanti. Infatti, se i cambiamenti climatici sono temuti dal 52% della popolazione, e se il 51% è preoccupato dall’inquinamento dell’aria, le altre questioni non trovano percentuali di attenzione superiori al 40%. In fondo alla graduatoria ci sono le preoccupazioni del futuro che coinvolgono una quota ristretta di persone, come le conseguenze del rumore sulla propria salute e la rovina del paesaggio.
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I più preoccupati per lo stato dell’ambiente sono gli italiani con un titolo di studio, con differenziali particolarmente elevati nel caso dei cambiamenti climatici: 61,2% tra chi ha la laurea rispetto al 46,8% tra chi ha al massimo la licenza media. Gli italiani preoccupati della produzione e lo smaltimento dei rifiuti sono il 54,1% (se laureati) dato che scende al 38,3% in caso di licenza media. Per l’inquinamento delle acque si ha il 46,8% contro 36,5%. Risulta generalmente evidente come dal 1998 a oggi, l’attenzione della popolazione per la fragilità dell’ambiente sia leggermente cresciuta, ma non come ci si sarebbe aspettati, anche in funzione della grande esposizione mediatica.
“La preoccupazione per l’inquinamento dell’aria è (…) una costante per oltre la metà de cittadini da più di venti anni. Sul dissesto idrogeologico, che era tra le tematiche più preoccupanti nel 1998 (34,3%), l’attenzione è scesa molto, nel 2021 viene indicata solo dal 22,0% della popolazione di 14 anni e più. Rispetto ai problemi legati all’inquinamento del suolo, dell’acqua e alla distruzione delle foreste il più sentito è, negli anni in esame, l’inquinamento delle acque che interessa in maniera costante circa il 40% delle persone di più di 14 anni. La distruzione delle foreste, che preoccupava nel 1998 il 25,2% della popolazione, scende al 22,3% nel 2021. Aumenta lievemente la percentuale di coloro che ritengono l’inquinamento del suolo tra le cinque preoccupazioni prioritarie in tema ambientale (da 20,3% a 22,9%)" analizza Istat.
Differenze marcate anche a livello geografico: i cambiamenti climatici preoccupano il 54,4,3% degli abitanti del Nord-Est rispetto al 46,5% di quelli del Sud; mentre i residenti del Centro e del Mezzogiorno sono più preoccupati per la produzione e allo smaltimento dei rifiuti (47,7% al Centro, 46,6% al Sud e 40,0% del Nord-est) e all’inquinamento del suolo (25,5% al Sud e 20,1% al Nord-ovest). Con punte di preoccupazione più alte nel Lazio e nella Campania per la produzione e lo smaltimento di rifiuti, rispettivamente a 52,2% (51,2% nel 2018) e 51,9% (53,0% nel 2018), contro la media nazionale del 44,1% (46,0% tre anni prima).
A essere più preoccupato per inquinamento dell’aria e acustico e i rifiuti è chi vive in città. Mentre chi vive nei piccoli comuni è più sensibile all’inquinamento del suolo e al dissesto idrogeologico. Nel rapporto anche la componente anagrafica che determina differenze nella percezione. I giovani fino a 34 anni sono più sensibili di altre fasce di età per ciò che riguarda la perdita della biodiversità (32,1% tra i 14 e i 34 anni contro 20,9% degli over 55), la distruzione delle foreste (26,2% contro 20,1%) e l’esaurimento delle risorse naturali (24,7% contro 15,9%). Gli ultracinquantenni si dichiarano invece più preoccupati dei giovani per il dissesto idrogeologico (26,3% contro 17,0% degli under35) e l’inquinamento del suolo (23,7% contro 20,8%).
Se questo è il quadro, cosa fanno o cosa sono disposti a fare gli italiani per migliorare la situazione? L'indagine evidenzia come nella popolazione di 14 anni si concentri soprattutto sulla conservazione delle risorse naturali: il 67,6% degli intervistati dichiara di fare abitualmente attenzione a non sprecare energia, il 65,9% a non sprecare l’acqua e il 49,6% a non adottare mai comportamenti di guida rumorosa al fine di diminuire l’inquinamento acustico. Inoltre, il 37,1% della popolazione legge le etichette degli ingredienti e il 24,4% acquista prodotti a chilometro zero.
La sorpresa, se si tiene conto di fenomeni come "Fridays For Future" che coinvolgono soprattutto giovani e giovanissimi, è che l’attenzione verso comportamenti ecocompatibili non riguarda solo le fasce di età più basse. Anzi dopo i 25 anni le percentuali di chi adotta comportamenti ecocompatibili è più elevata. Dall'indagine Istat emerge che “non spreca acqua il 52,3% delle persone tra i 14 e i 34 anni rispetto al 71,2% degli over 55, così come mostra attenzione a non sprecare energia il 50,5% degli under 34 rispetto al 73,8% di coloro che hanno più di 55 anni. Quanto alla scelta di mezzi di trasporto alternativi all’auto privata, le percentuali più elevate si registrano tra i giovani sotto i 34 anni: li sceglie abitualmente il 22,4% contro il 16,3% degli over 55”.