Il bullismo diventerà ufficialmente un reato: cosa prevede la legge

La pena andrà da un anno a 6 anni e 6 mesi, mentre per i minori si arriva all’affidamento ai servizi sociali o a una comunità

di MAURIZIO COSTANZO -
3 luglio 2023
Un adolescente su 2 ha subito vessazioni: gli atteggiamenti violenti dei coetanei sono tra i principali rischi percepiti dai giovanissimi

Un adolescente su 2 ha subito vessazioni: gli atteggiamenti violenti dei coetanei sono tra i principali rischi percepiti dai giovanissimi

Il bullismo diventerà un reato: la pena prevista va da un anno a 6 anni e 6 mesi, mentre per i minori si arriva all’affidamento ai servizi sociali o a una comunità. Sembrerà strano, ma se il cyberbullismo era già reato, il bullismo ancora no. La Camera, grazie al lavoro della commissione Giustizia e al voto unanime di maggioranza e opposizione, ha posto rimedio a questa mancanza, già rilevata dalla Cassazione con diverse sentenze.

Il bullismo diventerà un reato

Quando anche l’aula della Camera, e poi il Senato, approveranno la legge, per il bullo, a maggior ragione quando si tratta di un gruppo, arriveranno sanzioni penali dedicate anche solo se costringeranno all’emarginazione la vittima designata, che come dimostra la cronaca spesso è minorenne.
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Botte e insulti anche a scuola: un fenomeno in crescita

La pena prevista

La pena prevista va da un anno a 6 anni e 6 mesi, mentre per i minori si arriva all’affidamento ai servizi sociali o a una comunità nel caso il percorso educativo non sia riuscito. La nuova legge prevede anche la confisca degli strumenti informatici usati per bullizzare le vittime, e altrettanta attenzione sarà data agli adulti che non vigileranno sui minori violenti. Il testo varato dalla commissione Giustizia di Montecitorio è frutto di una sintesi tra tre proposte di legge e la correlatrice, Daniela Dondi (FdI) spiega appunto che “per la prima volta si propone una norma che identifica la fattispecie del bullismo”.

Un fenomeno in crescita

Oltre alle sanzioni, che prevedono anche l’aggravante dell'agire in gruppo, ci si concentra su percorsi di prevenzione. Innanzitutto a scuola, e poi con percorsi pedagogici e psicologici per gli aggressori. Nella legge si prevede poi un ruolo definito al Tribunale dei minori, con il rinvio a una legge delega per quel che riguarda le coperture. Il fenomeno è molto più ampio di quanto si pensi: uno studio del Censis del 2016 faceva emergere come il 52% dei ragazzi dagli 11 ai 17 anni aveva subito un comportamento violento o irrispettoso, mentre da uno studio del ministero dell’Istruzione del 2021 l’amara fotografia rappresenta il 22% degli studenti delle scuole superiori vittime di una violenza.
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I luoghi e le vittime

I luoghi preferiti dai bulli sono i luoghi di aggregazione, ma anche il percorso da scuola a casa e persino aule e corridoi degli istituti. Tra le vittime preferite stranieri, omosessuali e disabili, mentre il cyberbullismo si concentra sulle ragazze. D’ora in poi, il supporto psicologico sarà stabilito sia per le vittime che per gli aggressori, spesso ragazzi anch’essi minorenni, con il sostegno dovuto di genitori, scuola e istituzioni.

Cos'è

Nel primo articolo della legge si spiega che con questo termine si intendono l’aggressione o la molestia reiterate, da parte di una singola persona o di un gruppo di persone, in danno di un minore o di un gruppo di minori, idonee a provocare sentimenti di ansia, di timore, di isolamento o di emarginazione, attraverso atti o comportamenti vessatori, pressioni o violenze fisiche o psicologiche, istigazione al suicidio o all’autolesionismo, minacce o ricatti, furti o danneggiamenti, offese o derisioni”. Se le violenze avvengono a scuola il dirigente scolastico deve informare i genitori dei bulli e se l’attività di educazione e prevenzione non ha effetto, informa l’autorità competente. Nel caso di minore che “tiene condotte aggressive, anche in gruppo, anche per via telematica, nei confronti di persone, animali o cose ovvero lesive della dignità altrui”, la procura della Repubblica, d’intesa con il Tribunale dei minori e con il coinvolgimento dei genitori, predispone un “progetto di intervento educativo”, che prevede anche “attività di volontariato sociale o la partecipazione a laboratori teatrali, a laboratori di scrittura creativa, a corsi di musica, lo svolgimento di attività sportive, attività artistiche e delle altre attività idonee a sviluppare nel minore sentimenti di rispetto nei confronti degli altri e ad alimentare dinamiche relazionali sane e positive tra pari e forme di comunicazione non violente”.

La chiusura del procedimento

Al termine del progetto il Tribunale dei minori può “dichiarare concluso il procedimento; disporre la continuazione del progetto di intervento educativo o adottare un nuovo progetto rispondente a mutate esigenze educative del minorenne; disporre l’affidamento del minorenne ai servizi sociali; disporre il collocamento del minorenne in una comunità, qualora gli interventi previsti dai numeri precedenti appaiano inadeguati”.