Cecilia Sala e il prezzo della verità, una voce silenziata dal regime iraniano

“L’Iran utilizza i giornalisti come leve geopolitiche, e Cecilia Sala non fa eccezione” il commento di Danial Jarrahi, giornalista iraniano

di ELEONORA ROSI
29 dicembre 2024
Il giornalista iraniano Danial Jarrahi

Il giornalista iraniano Danial Jarrahi

Passano le ore e i giorni ma per Cecilia Sala, giornalista del Foglio, incarcerata in Iran senza accuse (al momento non sono state formalizzate) mentre stava facendo il proprio lavoro, il tempo da passare in cella sembra essere ancora molto.

Sala si trova ora nel carcere di Evin, riservato ai dissidenti politici, ma come è potuto accadere? Cosa vuole ottenere il regime iraniano? Cosa dobbiamo aspettarci? Ce ne parla Danial Jarrahi, giornalista iraniano impegnato, dall’Italia, a documentare i fatti e le strategie di un regime antidemocratico.

“L’evento si inserisce in un preoccupante schema, affermatosi negli ultimi anni, caratterizzato dalla detenzione di giornalisti e dalla repressione della libertà di stampa in Iran – ha spiegato –. Questo caso ricorda gli arresti di Elahe Mohammadi e Nilofar Hamedi, due giornaliste iraniane detenute per aver scritto sulla morte di Mahsa Zhina Amini e sul conseguente movimento ‘Donna, Vita, Libertà’”.

Cecilia Sala è una giornalista sulla cresta dell’onda e molto seguita anche sui social, dove ha raccontato quotidianamente, fino all’arresto avvenuto il 19 dicembre, la realtà che le si presentava davanti, senza paura di dipingere un quadro brutale. Incarcerandola il regime ha silenziato la sua voce, di giornalista, di donna.

La reporter che racconta la battaglia delle donne

“L'arresto della giornalista italiana sembra avere molteplici dimensioni. Da un lato, è stata presa di mira per via della sua professione. Secondo i rapporti, sarebbe entrata in Iran con un visto giornalistico e avrebbe utilizzato la sua piattaforma Instagram per documentare il successo del movimento ‘Donna, Vita, Libertà’, focalizzato sui diritti delle donne e sulla questione dell’hijab. I suoi post includevano anche commenti su figure come Zeinab Mosavi, una comica nota per critiche satiriche ai politici. Una copertura mediatica che ha, probabilmente, attirato l'ira del regime, notoriamente intollerante verso voci dissidenti”.

Detenzione stranieri come strumento di contrattazione

Tuttavia, la questione va oltre la libertà di stampa. “Storicamente, l'Iran ha utilizzato la detenzione di cittadini stranieri, in particolare europei e americani, come strumento di negoziazione geopolitica – ha spiegato Jarrahi –. Una pratica che spesso va di pari passo alle tensioni derivanti dalle sanzioni internazionali imposte dall'UE e dagli Stati Uniti. Il regime iraniano utilizza frequentemente reti di terze parti per aggirare queste sanzioni, impegnandosi in attività come trasferimenti illegali di armi e vendita di petrolio. Quando queste reti vengono interrotte e le persone coinvolte vengono arrestate in Europa o negli Stati Uniti, l'Iran risponde detenendo cittadini occidentali per negoziare scambi”.

Numerosi gli esempi significativi a riguardo, l’ultimo dei quali si è verificato il 15 giugno 2024. “Quel giorno la Svezia ha rilasciato Hamid Nouri – ha spiegato il giornalista –, un funzionario giudiziario iraniano condannato all'ergastolo per il suo ruolo nelle esecuzioni di massa di dissidenti nel 1988. In cambio, l’Iran ha liberato Johan Floderus, un diplomatico dell'Unione Europea e cittadino svedese arrestato a Teheran nel 2022, oltre a Saeed Azizi, un cittadino con doppia nazionalità detenuto nel 2023”.

Impossibile non notare un’altra rilevante coincidenza, cioè che l’arresto, ancora senza accuse, di Cecilia Sada, ha coinciso con la detenzione di un uomo iraniano di 38 anni a Milano. “La polizia di Stato italiana ha confermato mercoledì che l'uomo è ricercato negli Stati Uniti per aver fornito materiali al Corpo delle Guardie Rivoluzionarie Islamiche (IRGC), designato come organizzazione terroristica dal governo statunitense. Il sospetto è stato arrestato all'aeroporto di Malpensa, a Milano, mentre era in transito da un volo proveniente da Istanbul – ha rivelato Jarrahi –. La polizia ha sequestrato componenti elettronici dal suo bagaglio, che secondo le autorità statunitensi erano destinati alla costruzione di armi letali, inclusi droni”.

In questo contesto, è plausibile che la carcerazione della giornalista italiana da parte dell'Iran sia finalizzata a garantire il rilascio dell'uomo iraniano arrestato a Milano. “Tali azioni si allineano con la strategia consolidata dell'Iran di utilizzare cittadini stranieri detenuti come leva nelle negoziazioni geopolitiche – ha ribadito Jarrahi –. Il governo italiano, insieme ai suoi partner europei, si trova ora di fronte alla sfida di affrontare questa situazione, navigando le complessità più ampie delle relazioni internazionali con l'Iran”.