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Home » Attualità » Clinica convenzionata rifiuta il ricovero di un paziente perché “senza fissa dimora e analfabeta”

Clinica convenzionata rifiuta il ricovero di un paziente perché “senza fissa dimora e analfabeta”

Un uomo di 67 anni con un femore fratturato arriva la Policlinico di Palermo che poi lo manda alla casa di cura Latteri. Qui non viene accolto

Barbara Berti
20 Gennaio 2023
La clinica convenzionata rifiuta un paziente

La clinica convenzionata rifiuta un paziente

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Una clinica convenzionata rifiuta un paziente “perché senza fissa dimora e analfabeta”. Succede a Palermo. A denunciare il fatto è la Fp Cgil Palermo, che parla di “gravissimo atto di discriminazione” e chiede al presidente della Regione, Renato Schifani, di avviare un’indagine  – ci sarà un’ispezione dell’assessorato competente – per accertare i fatti “perché violazioni così gravi di rango costituzionale non debbano più succedere”.

La vicenda riguarda un clochard 67enne con un femore rotto a causa di un incidente automobilistico, che era stato trasportato al pronto soccorso del Policlinico di Palermo dove è rimasto per alcune ore in barella. Terminate le visite il medico ha disposto il ricovero prima di sottoporlo a un intervento chirurgico. Il posto in ospedale però non c’è ma grazie a un giro di telefonate, come previsto dal sistema, si trova disponibilità alla Casa di cura Latteri. Che prima accetta il paziente e poi lo rimanda indietro con questa motivazione: “In atto non è possibile ricoverare il paziente nella nostra struttura in quanto risulta analfabeta, senza parenti e dimora”.

La clinica convenzionata rifiuta un paziente
La clinica convenzionata rifiuta un paziente

Il risultato è che l’uomo senza fissa dimora ha trascorso ore e ore in ambulanza, portato da un posto all’altro – alla fine infatti è stato trasportato nuovamente al pronto soccorso del Policlinico – senza però ricevere le cure del caso. “Il risultato finale è che un paziente, un cittadino, è stato privato del suo inalienabile diritto alla cura, nei giusti tempi e presso l’unità operativa più adeguata alla sua condizione clinica” tuona ancora la Fp Cgil Palermo, con il segretario generale Giovanni Cammuca, il segretario medici e dirigenti Ssn Domenico Mirabile e la responsabile aziendale medici dell’Aoup “P. Giaccone” Monica Lunetta, per i quali l’episodio è “una spia delle nefaste conseguenze della politica, che favorisce le esternalizzazioni, la privatizzazione e la sistematica demolizione del servizio sanitario nazionale, i cui principi di universalità, uguaglianza ed equità vengono così barbaramente umiliati”.

Sul caso interviene Lawrence Camarda, direttore facente funzioni dell’unità operativa di Ortopedia del Policlinico che spiega che in un primo momento l’uomo è stato ricoverato nell’unità operativa di Geriatria diretta dal professore Mario Barbagallo e appena si sono liberati i letti, il paziente è stato portato in ortopedia. “Questa vicenda dovrebbe indurre a realizzare concretamente una maggiore integrazione tra le strutture del servizio pubblico e quelle convenzionate per assicurare cure tempestive ai pazienti. Nel caso in questione, ossia la frattura del femore, secondo le linee guida, i pazienti dovrebbero essere trattati entro 48 ore” dice Camarda.

La replica della clinica convenzionata

Sulla vicenda arriva, tramite una nota, anche la versione della clinica convenzionata. “La direzione della casa di Cura Valsalva Latteri di Palermo – si legge in una nota – precisa che secondo le normative vigenti può prestare le cure a pazienti che siano in grado di poter dare il loro libero e informato consenso alle cure, diversamente da quanto è tenuta a garantire una area di emergenza pubblica che dovendo prestare istituzionalmente le prime cure può derogare a ciò per il bene del paziente. Nel caso di pazienti non collaboranti si richiede almeno l’assenso del parente più prossimo”. La clinica spiega, poi, che “il trasferimento è stato frutto della consueta collaborazione tra le aree di emergenza cittadine e la casa di cura, che ha contato più di 200 casi di trasferimenti nel corso del 2022, anche in sintonia ad un protocollo che prevede procedure particolareggiate per tali trasporti a tutela dei pazienti e della loro sicurezza”.

La casa di cura Latteri (sito web)
La casa di cura Latteri (sito web)

Sul rifiuto al ricovero, la clinica dice che “le condizioni di coscienza del paziente, la mancanza di riferimenti familiari che potessero sostituirsi nella espressione dell’indispensabile consenso alle cure, la sua condizione sociale, avrebbero necessitato dell’attivazione dei servizi sociali, che vista l’ora dell’arrivo dello stesso nel tardo pomeriggio non sarebbero stati rintracciabili”. Nella nota, la direzione della casa di cura sottolinea che “sin dalle prime ore del mattino ha preso contatti con il reparto di medicina del Policlinico ove il paziente era ospitato dichiarandosi disponibile al ricovero in ore diurne al fine di attivare le purtroppo necessarie procedure amministrative e fornire la meritata assistenza al paziente che dovendo essere sottoposto a un intervento chirurgico si importante ma non vitale, prima del suo ingresso in sala operatoria avrebbe dovuto seguire delle procedure medico legali anche per mezzo di un tutore purtroppo necessarie. Da quanto appreso però anche presso lo stesso reparto il paziente avrebbe avuto evidenti difficoltà a prestare il consenso al trasferimento e pertanto nostro malgrado non è stato più possibile ricoverarlo”. La struttura, conclude nella replica, “ha comunque attivato una procedura di indagine interna al fine di stabilire se vi siano state incongruenze o inesattezze procedurali nei comportamenti tenuti dal proprio personale e nella loro rappresentazione per iscritto”.

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20 Gennaio 2023

Instagram

  • Avete mai pensato a come fare quando siete in una foresta, in montagna o in una spiaggia solitaria, lontane da tutti, completamente immerse nella natura, ma avete il ciclo? 

🟪 A questa eventualità ha risposto una ragazza scozzese, che ha sviluppato un kit mestruale portatile da usare all’aperto quando non esistono i servizi igienici o non c’è accesso alle toilette. Erin Reid, 25 anni, ha concepito l’idea quando ha affrontato il cammino di 96 miglia (154 km) della West Highland Way da Milngavie, vicino a Glasgow, a Fort William. Ispirata dalle sue esperienze racconta: 

🗣“Ho avuto le mestruazioni per tutto il tempo ed è stata una vera seccatura Il mio obiettivo è quello di risolvere il problema e dare alle persone la possibilità di uscire all’aria aperta quando hanno le mestruazioni”. Secondo Erin, le donne che si trovano in luoghi isolati potrebbero correre il rischio di infezioni del tratto urinario, shock tossico o infertilità a causa della scarsa igiene, quando non c’è accesso a bagni, impianti per lavarsi le mani o luoghi per smaltire i prodotti sanitari usati.

La ragazza ha dichiarato che il suo kit è pensato per chi pratica l’escursionismo, il kayak e per il personale militare, ma ha spiegato che, grazie anche al design a forma di fiaschetta, potrebbe interessare persino il pubblico femminile dei festival all’aperto, preoccupati di utilizzare i bagni chimici. Il kit contiene: una coppetta mestruale riutilizzabile, salviette antibatteriche, che consentono di pulire la coppetta in viaggio e un semplice erogatore che può essere utilizzato anche senza avere le mani pulite, quindi in situazioni in cui non è possibile accedere a servizi igienici o all’acqua corrente. 

L’ex studentessa della Napier University, laureata in Design del Prodotto, spera ora di lanciare il prodotto nel 2024: appassionata escursionista e ciclista è ora alla ricerca di finanziamenti per portare sul mercato il suo kit per l’igiene mestruale LU Innovations. Che è stato sviluppato con il sostegno di Converge, società di supporto per le università e gli istituti di ricerca che lavorano su nuovi prototipi.

#lucenews #mestruazioni #kitmestruale #ciclomestruale #designdelprodotto
  • “Ho fatto un film artigianale, maldestramente ispirato a una lettera di Elsa Morante, e dedicato a tutte le ‘cattive ragazze’, che cattive non sono, e che lottano in tutto il mondo: dall’Iran all’Afghanistan, ma anche in Svezia e in Umbria”.

Il corto “Le Pupille” di Alice Rohrwcher ha ricevuto ieri, 24 gennaio, una nomination agli Oscar per il miglior Live Action Short. La cerimonia finale si terrà a Los Angeles il 12 marzo.

La reazione e la gioia delle piccole protagoniste, della troupe e della regista✨

#lucenews #lucelanazione #lepupille #oscar2023
  • C’è anche un film italiano in corsa per gli Oscar. 

È il cortometraggio "Le pupille" diretto da Alice Rohrwacher, regista quarantunenne nata in Toscana, cresciuta nella campagna umbra, regista "artigianale", autodidatta, i cui film hanno già ricevuto numerosi riconoscimenti internazionali. Le pupille è prodotto dal regista premio Oscar Alfonso Cuarón, ed è entrato nella cinquina delle pellicole in corsa per l’Oscar del Miglior cortometraggio.

"Dedico questa nomination alle “bambine cattive“, che cattive non sono affatto, e che sono in lotta ovunque nel mondo: in Iran, in Afghanistan, ma anche in Svezia e in Umbria. Mi auguro che, come nel mio cortometraggio, possano rompere la torta e condividerla fra loro". 

Si parla, infatti, nel film, di una torta. E di costrizioni, divieti, imposizioni, rigide regole da sovvertire. Il film prende spunto, dice la regista, da una lettera che nel dicembre 1971 la scrittrice Elsa Morante inviò all’amico giornalista e critico cinematografico Goffredo Fofi.

Nella lettera, la Morante racconta una storia avvenuta in un collegio di preti, negli anni del fascismo. Una decina di ragazzi si preparano al pranzo di Natale, scoprendo che a chiudere il pasto c’è un’enorme zuppa inglese. Ma il priore li invita a "fare un fioretto" a Gesù Bambino, rinunciando alla loro fetta di dolce. Qualcuno si ribellerà: un "bimbo cattivo". La lettera è pubblicata, col titolo di Pranzo di Natale, per le edizioni milanesi Henry Beyle, nel 2014.

Invitata da Cuarón a prendere parte a un progetto di corti per Disney+, Alice Rohrwacher ha scelto questa storia. Ma con un radicale cambiamento: ha trasformato i ragazzi in ragazzine, in "pupille", piccole orfane ospitate dalle suore. L’intransigente priora è interpretata dalla sorella della regista, Alba Rohrwacher. A portare la torta in convento è una eccentrica nobildonna che chiede – in cambio del dono – di pregare per l’uomo che la ha tradita e abbandonata.

È la prima volta, invece, che la regista riceve una nomination agli Oscar, e lo fa con una fiaba anarchica, un Canto di Natale "in rosa", rivoluzionario e al femminile.

L
  • Messaggi osceni, allusioni, avances in ufficio e ricatti sessuali. La forma più classica del sopruso in azienda, unita ai nuovi strumenti tecnologici nelle mani dei molestatori. Il movimento Me Too, nel 2017, squarciò il velo di silenzio sulle molestie sessuali subite dalle donne nel mondo del cinema e poi negli altri luoghi di lavoro. Cinque anni dopo, con in mezzo la pandemia che ha terremotato il mondo del lavoro, le donne continuano a subire abusi, che nella maggior parte dei casi restano nell’ombra.

«Sono pochissime le donne che denunciano – spiega Roberta Vaia, della segreteria milanese della Cisl – e nei casi più gravi preferiscono lasciare il lavoro. Il molestatore andrebbe allontanato dalla vittima ma nei contratti collettivi dei vari settori non è ancora prevista una sanzione disciplinare per chi si rende responsabile di molestie o di mobbing».

Un quadro sconfortante che emerge anche da una rilevazione realizzata dalla Cisl Lombardia, nel corso del 2022, su lavoratrici di diversi settori, attraverso un sondaggio distribuito in fabbriche, negozi e uffici della regione. Sono seimila le donne che hanno partecipato all’indagine, e il 44% ha dichiarato di aver subìto molestie o di «esserne stata testimone» nel corso della sua vita lavorativa.

A livello nazionale, secondo gli ultimi dati Istat, sono 1.404.000 le donne che nel corso della loro vita lavorativa hanno subito molestie fisiche o ricatti sessuali sul posto di lavoro. Quando una donna subisce un ricatto sessuale, nell’80,9% dei casi non ne parla con nessuno sul posto di lavoro. Quasi nessuna ha denunciato il fatto alle forze dell’ordine: appena lo 0,7% delle vittime.

✍🏻di Andrea Gianni

#lucenews #istat #donne #molestie #lavoro #diritti
Una clinica convenzionata rifiuta un paziente “perché senza fissa dimora e analfabeta”. Succede a Palermo. A denunciare il fatto è la Fp Cgil Palermo, che parla di “gravissimo atto di discriminazione” e chiede al presidente della Regione, Renato Schifani, di avviare un'indagine  - ci sarà un'ispezione dell'assessorato competente - per accertare i fatti “perché violazioni così gravi di rango costituzionale non debbano più succedere”. La vicenda riguarda un clochard 67enne con un femore rotto a causa di un incidente automobilistico, che era stato trasportato al pronto soccorso del Policlinico di Palermo dove è rimasto per alcune ore in barella. Terminate le visite il medico ha disposto il ricovero prima di sottoporlo a un intervento chirurgico. Il posto in ospedale però non c’è ma grazie a un giro di telefonate, come previsto dal sistema, si trova disponibilità alla Casa di cura Latteri. Che prima accetta il paziente e poi lo rimanda indietro con questa motivazione: “In atto non è possibile ricoverare il paziente nella nostra struttura in quanto risulta analfabeta, senza parenti e dimora”.
La clinica convenzionata rifiuta un paziente
La clinica convenzionata rifiuta un paziente
Il risultato è che l’uomo senza fissa dimora ha trascorso ore e ore in ambulanza, portato da un posto all’altro – alla fine infatti è stato trasportato nuovamente al pronto soccorso del Policlinico – senza però ricevere le cure del caso. “Il risultato finale è che un paziente, un cittadino, è stato privato del suo inalienabile diritto alla cura, nei giusti tempi e presso l'unità operativa più adeguata alla sua condizione clinica” tuona ancora la Fp Cgil Palermo, con il segretario generale Giovanni Cammuca, il segretario medici e dirigenti Ssn Domenico Mirabile e la responsabile aziendale medici dell’Aoup “P. Giaccone” Monica Lunetta, per i quali l'episodio è “una spia delle nefaste conseguenze della politica, che favorisce le esternalizzazioni, la privatizzazione e la sistematica demolizione del servizio sanitario nazionale, i cui principi di universalità, uguaglianza ed equità vengono così barbaramente umiliati”. Sul caso interviene Lawrence Camarda, direttore facente funzioni dell’unità operativa di Ortopedia del Policlinico che spiega che in un primo momento l’uomo è stato ricoverato nell’unità operativa di Geriatria diretta dal professore Mario Barbagallo e appena si sono liberati i letti, il paziente è stato portato in ortopedia. “Questa vicenda dovrebbe indurre a realizzare concretamente una maggiore integrazione tra le strutture del servizio pubblico e quelle convenzionate per assicurare cure tempestive ai pazienti. Nel caso in questione, ossia la frattura del femore, secondo le linee guida, i pazienti dovrebbero essere trattati entro 48 ore” dice Camarda.

La replica della clinica convenzionata

Sulla vicenda arriva, tramite una nota, anche la versione della clinica convenzionata. “La direzione della casa di Cura Valsalva Latteri di Palermo - si legge in una nota - precisa che secondo le normative vigenti può prestare le cure a pazienti che siano in grado di poter dare il loro libero e informato consenso alle cure, diversamente da quanto è tenuta a garantire una area di emergenza pubblica che dovendo prestare istituzionalmente le prime cure può derogare a ciò per il bene del paziente. Nel caso di pazienti non collaboranti si richiede almeno l'assenso del parente più prossimo”. La clinica spiega, poi, che “il trasferimento è stato frutto della consueta collaborazione tra le aree di emergenza cittadine e la casa di cura, che ha contato più di 200 casi di trasferimenti nel corso del 2022, anche in sintonia ad un protocollo che prevede procedure particolareggiate per tali trasporti a tutela dei pazienti e della loro sicurezza”.
La casa di cura Latteri (sito web)
La casa di cura Latteri (sito web)
Sul rifiuto al ricovero, la clinica dice che “le condizioni di coscienza del paziente, la mancanza di riferimenti familiari che potessero sostituirsi nella espressione dell'indispensabile consenso alle cure, la sua condizione sociale, avrebbero necessitato dell'attivazione dei servizi sociali, che vista l'ora dell'arrivo dello stesso nel tardo pomeriggio non sarebbero stati rintracciabili”. Nella nota, la direzione della casa di cura sottolinea che “sin dalle prime ore del mattino ha preso contatti con il reparto di medicina del Policlinico ove il paziente era ospitato dichiarandosi disponibile al ricovero in ore diurne al fine di attivare le purtroppo necessarie procedure amministrative e fornire la meritata assistenza al paziente che dovendo essere sottoposto a un intervento chirurgico si importante ma non vitale, prima del suo ingresso in sala operatoria avrebbe dovuto seguire delle procedure medico legali anche per mezzo di un tutore purtroppo necessarie. Da quanto appreso però anche presso lo stesso reparto il paziente avrebbe avuto evidenti difficoltà a prestare il consenso al trasferimento e pertanto nostro malgrado non è stato più possibile ricoverarlo”. La struttura, conclude nella replica, “ha comunque attivato una procedura di indagine interna al fine di stabilire se vi siano state incongruenze o inesattezze procedurali nei comportamenti tenuti dal proprio personale e nella loro rappresentazione per iscritto”.
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