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Home » Sport » Da icona del calcio canadese a clochard: la storia dell’ex difensore Paul John James

Da icona del calcio canadese a clochard: la storia dell’ex difensore Paul John James

Ha giocato i Mondiali del 1986 marcando anche Platini. Oggi vive per le strade di Londra chiedendo l’elemosina e dormendo su pezzi di cartone

Barbara Berti
5 Gennaio 2023
L'ex calciatore Paul James

L'ex calciatore Paul James

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Da icona del calcio canadese a clochard. E’ la storia di Paul John James, l’ex calciatore canadese di origine gallese, oggi 59enne, tra i grandi protagonisti della Nazionale del Canada negli anni Ottanta con la quale ha partecipato alle Olimpiadi del 1984, ha vinto il campionato Concacaf nel 1985 e ha preso parte al Mondiale di Messico ‘86 in quella che fino alla recentissima Coppa del Mondo di Qatar 2022 era stata l’unica apparizione nella rassegna iridata per il Paese nordamericano.

Oggi è possibile incrociarlo per le vie di Londra, come racconta il “Daily Mail Sport”: l’ex calciatore, che si ripara dal freddo con una coperta a scacchi, tende il suo cappello rosso di lana e un uomo in giacca e cravatta lascia cadere tre monete, un altro passante gli compra un caffè. In tanti si fermano per fargli una piccola elemosina ma forse non tutti lo riconoscono.

Con la nazionale del Canada ha giocato il Mondiale in Messico marcando anche Michel Platini
Con la nazionale del Canada ha giocato il Mondiale in Messico marcando anche Michel Platini

James è stato uno dei calciatori più vincenti e acclamati del Galles e del Canada. È nato a Cardiff l’11 novembre 1963 ed è cresciuto nella fattoria dei suoi genitori prima che la famiglia si trasferisse a Toronto nel 1980. Ha vestito la maglia della nazionale del Canada in 47 occasioni comprese le tre gare ai Mondiali nelle quali si è trovato a marcare fenomeni del calibro di Michel Platini. In Messico, con la maglia del Monterrey ha conquistato il titolo nazionale nel 1986. Una volta appesi gli scarpini al chiodo, l’ex difensore ha intrapreso la carriera da allenatore (dal 1989). Ha allenato l’Under 20 femminile del Canada vincento il titolo Concacaf, mentre con la squadra maschile Under 20 è arrivato alla Coppa del Mondo. E’ stato anche il Ct delle Bahams nel 2010. Quella è stata la sua ultima esperienza professionale nel mondo del calcio. In Galles il suo volto campeggia a fianco di altre leggende dello sport come il vincitore del Tour de France Geraint Thomas, l’ultima bandiera della nazionale gallese Gareth Bale e il campionissimo di rugby Sam Warburton nel “Wall of fame” della Whitchurch High School di Cardiff.

Con la nazionale del Canada ha collezionato 47 presenze
Con la nazionale del Canada ha collezionato 47 presenze

Nonostante ciò oggi è un senzatetto che girovaga per Londra e vive di elemosina (parola a cui lui preferisce “raccolta fondi”). È disoccupato da 13 anni e senza fissa dimora da sei, racconta ancora il “Daily Mail Sport”. È tornato nel Regno Unito dal Canada poco prima della pandemia. L’ex calciatore sostiene di aver subito discriminazioni nel Paese nordmaericano per la sua dipendenza da droghe. Ha fumato cocaina per la prima volta nel 1998 e per il decennio successivo ha sviluppato, come James esorta tutti a descriverlo, un problema di uso di sostanze. Il peggioramento delle sue condizioni mentali a causa dell’abuso di sostanze stupefacenti hanno fatto sì che perdesse il suo posto di allenatore alla York University di Toronto con cui ha intrapreso una lunga battaglia legale che lo ha però visto uscire sconfitto. Visto il disprezzo con cui veniva visto e le discriminazioni, a causa del fatto che fosse ormai etichettato come un senzatetto tossicodipendente, ha deciso di trasferirsi in Gran Bretagna. A Londra vive da mendicante nei sobborghi di Embankment, Piccadilly e Strand, girovagando con i suoi averi (coperte, vestiti e un piccolo iPad con lo schermo rotto) in un borsone nero e dormendo su ritagli di cartone a Charing Cross o alla cattedrale di Westminster. Recentemente ha trovato rifugio in un ostello vicino a Holborn. “Se vuoi sapere com’è il totale disprezzo e disgusto delle persone, fai il clochard. Ma anche se vuoi vedere momenti di straordinaria gentilezza e umanità da parte delle persone” racconta al “Daily Mail Sport”. E aggiunge: “Per cosa raccogliere fondi? Per essere indipendente, per ritrovare una parvenza di normalità. Poter indossare i miei vestiti e le mie scarpe e non quelli di seconda mano. Per non dover raccogliere più fondi per acquistare i miei oggetti”.

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  • Nicoletta Sipos, giornalista e scrittrice, ha vissuto in Ungheria, in Germania e negli Stati Uniti, prima di raggiungere Milano e lì restare. Il suo romanzo “La guerra di H”, un romanzo fortemente ispirato a fatti realmente accaduti.

L’autrice indaga in maniera del tutto nuova e appassionante un momento drammatico, decisivo della storia del nostro continente: la Seconda guerra mondiale. A raccontare l’ascesa e la disfatta del Nazismo è stavolta la voce di un bambino tedesco, che riporta con semplicità e veracità le molte sofferenze patite dal suo popolo durante il conflitto scatenato da Hitler, focalizzando l’attenzione del lettore sul drammatico paradigma che accomuna chiunque si trovi a vivere sulla propria pelle una guerra: la sofferenza. Pagine toccanti, le sue, tanto più intense perché impregnate di fatti reali, emozioni provate e sentite dai protagonisti e condivise da quanti, tuttora, si trovano coinvolti in un conflitto armato. La memoria collettiva è uno strumento potente per non commettere gli stessi errori. 

"Imparai poco alla volta – scrive il piccolo Heinrich Stein, protagonista del romanzo – che nel nostro strano Paese la verità aveva più volti con infinite sfumature”.

👉Perché una storia così e perché ora?
“Ho incontrato il protagonista di questa mia storia molto tempo fa, addirittura negli anni ’50, ossia in un’epoca che portava ancora gli strascichi della guerra. Diventammo amici, parlammo di Hitler e della miseria della Germania. Poco per volta, via via che ci incontravamo, lui aggiungeva ricordi, dettagli, confessioni. Per anni ho portato dentro di me la testimonianza di questa storia che si arricchiva sempre più di dettagli. Molte volte avrei voluto scriverla, magari a quattro mani con il mio amico, ma lui non se la sentiva. Io stessa esitavo ad affrontare questa storia che racconta una famiglia tedesca in forte sofferenza in una Germania ferita e umiliata. La gente ha etichettato tutto il popolo tedesco durante il nazismo come crudele per antonomasia. Non si pensa mai a quanto la gente comune abbia sofferto, alla fame e al freddo che anche il popolo tedesco ha patito”.

✍ Caterina Ceccuti

#lucenews #giornodellamemoria #27gennaio
  • È dalla sua camera con vista affacciata sull’Arno che Ornella Vanoni accetta di raccontare un po’ di sé ai lettori di Luce!, in attesa di esibirsi, sabato 28 gennaio sul palco della Tuscany Hall di Firenze, dov’è in programma una nuova tappa della nuova tournée Le Donne e la Musica. Un ritorno atteso per Ornella Vanoni, che in questo tour è accompagnata da un quintetto di sole donne.

Innanzitutto come sta, signora Vanoni?
“Stanca, sono partita due mesi dopo l’intervento al femore che mi sono rotto cadendo per una buca proprio davanti a casa mia. Ma l’incidente non mi ha impedito di intraprendere un progetto inaspettato che, sin da subito, mi è stato molto a cuore. Non ho perso la volontà di andare avanti. Anche se il tempo per prepararlo e provare è stato pochissimo. E poi sono molto dispiaciuta“.

Per cosa?
“La morte dell’orso Juan Carrito, travolto e ucciso da un’auto cercava bacche e miele: la mia carissima amica Dacia (Maraini, ndr) l’altro giorno ha scritto una cosa molto bella dedicata a lui. Dovrò scrollarmi di dosso la malinconia e ricaricarmi in vista del concerto“.

Con lei sul palco ci sarà una jazz band al femminile con Sade Mangiaracina al pianoforte, Eleonora Strino alla chitarra, Federica Michisanti al contrabbasso, Laura Klain alla batteria e Leila Shirvani. Perché questa scelta?
“Perché sono tutte bravissime, professioniste davvero eccezionali. Non è una decisione presa sulla spinta di tematiche legate al genere o alle quote rosa, ma nata grazie a Paolo Fresu, amico e trombettista fantastico del quale sono innamorata da sempre. Tempo fa, durante una chiacchierata, Paolo mi raccontò che al festival jazz di Berchidda erano andate in scena tante musiciste bravissime. E allora ho pensato: ’Se sono così brave perché non fare un gruppo di donne? Certo, non l’ha fatto mai nessuno. Bene, ora lo faccio io“.

Il fatto che siano tutte donne è un valore aggiunto?
“In realtà per me conta il talento, ma sono felice della scelta: è bellissimo sentire suonare queste artiste, vederle sul palco intorno a me mi emoziona“.

L
  • Devanshi Sanghvi è una bambina di otto anni che sarebbe potuta crescere e studiare per gestire l’attività di diamanti multimilionaria appartenente alla sua facoltosissima famiglia, con un patrimonio stimato di 60 milioni di dollari.

Ma la piccola ha scelto di farsi suora, vivendo così una vita spartana, vestita con sari bianchi, a piedi nudi e andando di porta in porta a chiedere l’elemosina. Si è unita ai “diksha” alla presenza di anziani monaci giainisti. La bimba è arrivata alla cerimonia ingioiellata e vestita di sete pregiate. Sulla sua testa poggiava una corona tempestata di diamanti. Dopo la cerimonia, a cui hanno partecipato migliaia di persone, è rimasta in piedi con altre suore, vestita con un sari bianco che le copriva anche la testa rasata. Nelle fotografie, la si vede con in mano una scopa che ora dovrà usare per spazzare via gli insetti dal suo cammino per evitare di calpestarli accidentalmente.

Di Barbara Berti ✍

#lucenews #lucelanazione #india #DevanshiSanghvi
  • Settanta giorni trascorsi in un mondo completamente bianco, la capitana dell’esercito britannico Harpreet Chandi, che già lo scorso anno si era distinta per un’impresa tra i ghiacci, è una fisioterapista che lavora in un’unità di riabilitazione regionale nel Buckinghamshire, fornendo supporto a soldati e ufficiali feriti. 

Ha dimostrato che i record sono fatti per essere battuti e, soprattutto, i limiti personali superabili grazie alla forza di volontà e alla preparazione. E ora è diventata una vera leggenda vivente, battendo il record del mondo femminile per la più lunga spedizione polare – sola e senza assistenza – della storia.

Il 9 gennaio scorso, 57esimo giorno del viaggio che era cominciato lo scorso 14 novembre, la 34enne inglese ha raggiunto il centro del Polo Sud dopo aver percorso circa 1100 chilometri. Quando è arrivata a destinazione nel bel mezzo della calotta polare era felice, pura e semplice gioia di aver raggiunto l’agognato traguardo: “Il Polo Sud è davvero un posto incredibile dove stare. Non mi sono fermata molto a lungo perché ho ancora un lungo viaggio da fare. È stato davvero difficile arrivare qui, sciando tra le 13 e le 15 ore al giorno con una media di 5 ore di sonno”.

Di Irene Carlotta Cicora ✍

#lucenews #lucelanazione #polosud #HarpreetChandi #polarpreet
Da icona del calcio canadese a clochard. E’ la storia di Paul John James, l’ex calciatore canadese di origine gallese, oggi 59enne, tra i grandi protagonisti della Nazionale del Canada negli anni Ottanta con la quale ha partecipato alle Olimpiadi del 1984, ha vinto il campionato Concacaf nel 1985 e ha preso parte al Mondiale di Messico ‘86 in quella che fino alla recentissima Coppa del Mondo di Qatar 2022 era stata l'unica apparizione nella rassegna iridata per il Paese nordamericano. Oggi è possibile incrociarlo per le vie di Londra, come racconta il “Daily Mail Sport”: l’ex calciatore, che si ripara dal freddo con una coperta a scacchi, tende il suo cappello rosso di lana e un uomo in giacca e cravatta lascia cadere tre monete, un altro passante gli compra un caffè. In tanti si fermano per fargli una piccola elemosina ma forse non tutti lo riconoscono.
Con la nazionale del Canada ha giocato il Mondiale in Messico marcando anche Michel Platini
Con la nazionale del Canada ha giocato il Mondiale in Messico marcando anche Michel Platini
James è stato uno dei calciatori più vincenti e acclamati del Galles e del Canada. È nato a Cardiff l’11 novembre 1963 ed è cresciuto nella fattoria dei suoi genitori prima che la famiglia si trasferisse a Toronto nel 1980. Ha vestito la maglia della nazionale del Canada in 47 occasioni comprese le tre gare ai Mondiali nelle quali si è trovato a marcare fenomeni del calibro di Michel Platini. In Messico, con la maglia del Monterrey ha conquistato il titolo nazionale nel 1986. Una volta appesi gli scarpini al chiodo, l’ex difensore ha intrapreso la carriera da allenatore (dal 1989). Ha allenato l’Under 20 femminile del Canada vincento il titolo Concacaf, mentre con la squadra maschile Under 20 è arrivato alla Coppa del Mondo. E’ stato anche il Ct delle Bahams nel 2010. Quella è stata la sua ultima esperienza professionale nel mondo del calcio. In Galles il suo volto campeggia a fianco di altre leggende dello sport come il vincitore del Tour de France Geraint Thomas, l'ultima bandiera della nazionale gallese Gareth Bale e il campionissimo di rugby Sam Warburton nel “Wall of fame” della Whitchurch High School di Cardiff.
Con la nazionale del Canada ha collezionato 47 presenze
Con la nazionale del Canada ha collezionato 47 presenze
Nonostante ciò oggi è un senzatetto che girovaga per Londra e vive di elemosina (parola a cui lui preferisce “raccolta fondi”). È disoccupato da 13 anni e senza fissa dimora da sei, racconta ancora il “Daily Mail Sport”. È tornato nel Regno Unito dal Canada poco prima della pandemia. L’ex calciatore sostiene di aver subito discriminazioni nel Paese nordmaericano per la sua dipendenza da droghe. Ha fumato cocaina per la prima volta nel 1998 e per il decennio successivo ha sviluppato, come James esorta tutti a descriverlo, un problema di uso di sostanze. Il peggioramento delle sue condizioni mentali a causa dell'abuso di sostanze stupefacenti hanno fatto sì che perdesse il suo posto di allenatore alla York University di Toronto con cui ha intrapreso una lunga battaglia legale che lo ha però visto uscire sconfitto. Visto il disprezzo con cui veniva visto e le discriminazioni, a causa del fatto che fosse ormai etichettato come un senzatetto tossicodipendente, ha deciso di trasferirsi in Gran Bretagna. A Londra vive da mendicante nei sobborghi di Embankment, Piccadilly e Strand, girovagando con i suoi averi (coperte, vestiti e un piccolo iPad con lo schermo rotto) in un borsone nero e dormendo su ritagli di cartone a Charing Cross o alla cattedrale di Westminster. Recentemente ha trovato rifugio in un ostello vicino a Holborn. “Se vuoi sapere com'è il totale disprezzo e disgusto delle persone, fai il clochard. Ma anche se vuoi vedere momenti di straordinaria gentilezza e umanità da parte delle persone” racconta al “Daily Mail Sport”. E aggiunge: “Per cosa raccogliere fondi? Per essere indipendente, per ritrovare una parvenza di normalità. Poter indossare i miei vestiti e le mie scarpe e non quelli di seconda mano. Per non dover raccogliere più fondi per acquistare i miei oggetti”.
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