“In ogni momento in cui non c'è libertà, c'è violenza”. Gino Cecchettin, papà di Giulia, uccisa un anno fa dall'ex fidanzato Filippo Turetta, parla agli studenti bolognesi riuniti nell'Aula Magna di Santa Lucia per l'iniziativa 'Dieci domande sulla violenza', organizzata dalla Città Metropolitana di Bologna in occasione della Giornata Internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne.
Gino Cecchettin incontra gli studenti
Nel suo intervento ha raccontato che, anche dopo la fine della relazione con l'ex fidanzato, vedeva “Giulia felice. Nella quotidianità era la Giulia di sempre. Questo è il sintomo che quella violenza che alle volte si insinua nella famiglia non è facile da riconoscere”. “Quando le chiedevo di chiudere rapidamente la relazione, anche di amicizia, perché vedevo che qualcosa non andava, Giulia mi diceva ‘Filippo non farebbe male a nessuno’ – ha ricordato il padre –. Non si era resa conto che era già nelle spire di una violenza subdola, dello stalking”. Non c’è accusa quanto forse rimpianto nelle sue parole, per non essere riuscito a salvare la figlia. L’ha lasciata libera, in un gesto d’amore e di fiducia incondizionati. Una libertà che poi le è costata il prezzo più alto
Perché “Abbiamo tutti il diritto di decidere della nostra vita – è l'invito rivolto ai ragazzi –. Bisogna prendere il coraggio di guardare dentro di noi, come ha fatto Giulia, e dare sfogo al nostro talento e alla nostra attitudine. Alle volte bisogna dire ‘non ti amo più’ perché ho rispetto per me e per la mia vita”. Gino Cecchettin ha poi parlato dell'immenso dolore che ha attraversato dalla morte della figlia, ma anche della felicità che ha provato grazie agli altri due figli, Elena e Davide, che lo hanno sostenuto negli ultimi 12 mesi.
“Se noi cambiamo possiamo cambiare la società”
“Ho preso ispirazione da Giulia per questo – ha proseguito parlando ai ragazzi – perché in ogni momento lei ti diceva una parola e cambiavi in positivo, forse era una sua dote naturale. Se Giulia non fosse stata così, io non sarei riuscito a fare tutto ciò che ho fatto in quest'anno. Io ringrazio Giulia per quello che mi ha donato e insegnato e vorrei trasmetterlo a voi, vorrei darvi l'opportunità di guardare al futuro, con tutti i problemi che la società ha, ma siamo parte della società e se noi cambiamo riusciamo anche un po’ a cambiare la società". Parole che sono state accolte con una lunga standing ovation dai tanti giovani presenti.
Pochi giorni fa, il papà della studentessa di Vigonovo massacrata a coltellate nella notte dell’11 novembre 2023, coi figli Elena e Davide, ha aperto le porte della Fondazione Giulia Cecchettin, una realtà a sostegno del cambiamento culturale in materia di violenza di genere, con finalità sociali in ambiti come l’educazione, i servizi sociali, la ricerca scientifica e la beneficenza in stretta collaborazione con enti, strutture e istituzioni già presenti sul territorio.
Per il ministro Valditara il patriarcato è finito
Alla presentazione alla Camera avevano poi – purtroppo – fatto eco le parole del ministro dell’Istruzione Valditara che, perdendo l’occasione per esaltare questa iniziativa e la forza di una famiglia inevitabilmente mandata in pezzi da quel femminicidio, aveva detto “la visione ideologica vorrebbe risolvere la questione femminile lottando contro il patriarcato. Ma come fenomeno giuridico è finito con la riforma del diritto di famiglia del 1975”. Pensate un po’, che stupide noi a parlarne ancora.
E, ciliegina sulla torta di un discorso pieno di ipocrisia, di una visione evidentemente limitata di come stiano le cose fuori dalle Aule del potere, di quale sia la vera realtà di ogni giorno per le donne e le ragazze in Italia – viene quasi da pensare che il ministro non abbia mai aperto un giornale o visto un tg –: Valditara dà la colpa dell’incremento dei fenomeni di violenza al capro espiatorio preferito dalla Destra. Sì, proprio loro, gli immigrati, “giovani e giovanissimi di origine non italiana”. E lui dovrebbe rappresentare l’interesse degli studenti, dovrebbe fare scuola?
La risposta di papà Cecchettin: “Guardiamo ai numeri concreti”
Per fortuna, però ci sono persone molto più concrete e calate nella vita vera. Che non cercano attenzione su di sè o vendetta per quello che è accaduto alla loro famiglia, ma raccolgono (per citare Elena Cecchettin) i pezzi per continuare a testimoniare l’importanza di tenere i fari puntati su un fenomeno che non può assolutamente essere sminuito. Sul tema del patriarcato e della violenza di genere "vorrei confrontarmi con il ministro, Giuseppe Valditara, e con il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, numeri alla mano", ha spiegato Gino Cecchettin a margine dell’incontro con gli studenti delle scuole superiori bolognesi.
“Rispetto le opinioni di chiunque ma certe cose vanno coadiuvate da
numeri concreti – è la sua replica – quindi mi prenderò il tempo di analizzare le statistiche". Nel caso della figlia Giulia "non è così e anche per tanti altri casi che ho avuto modo di conoscere, ma penso che non sia questo il punto. Penso che la violenza vada condannata da tutti i punti di vista, indipendentemente da dove arriva. Non ne farei una questione di genere, di colore, di provenienza – prosegue –.Quando la violenza la si vede, va combattuta nel migliore in modo concreto e con le regole che la società si è data. Solo così, cercando di capire costruttivamente come si può affrontare un problema, senza magari fare sempre propaganda, ma cercando in modo proattivo una soluzione, si crea valore", ha concluso.