“Mestruazioni si può dire. Basta vergogna”: un fumetto per bambine e bambini

Irene Carbone, fumettista e illustratrice presenta a Lucca Comics il suo ultimo libro provando ad abbattere stigma e imbarazzo: “Non è che se non ne parli non accade. Iniziamo a parlarne coi più piccoli”

di MARIANNA GRAZI
2 novembre 2024
Irene Carbone

Irene Carbone

Perché la mamma perde sangue? Le fa male? Domande lecite di bambine e bambini alla vista della madre alle prese con il più naturale dei fenomeni legati all’essere donna: il ciclo mestruale. Ma come rispondere a queste domande, che spesso ancora imbarazzano?

Il suo fumetto ha un titolo quasi provocatorio: “Si può dire mestruazioni”. O meglio potrebbe apparire una provocazione a quelli e quelle che ancora si vergognano al solo sentire quella parola. 

Irene Carbone, illustratrice e fumettista torinese, non solo la dice ad alta voce, senza alcun pudore assurdo verso questo fenomeno biologico, ma lo scrive anche nel titolo della sua ultima opera, edita da Becco Giallo, che presenta a Lucca Comics & Games 2024. Un’opera, pensate un po’, proprio per bambini e bambine, giusto per far storcere il naso a chi vede nelle mestruazioni, se non qualcosa di ‘sporco’, sicuramente un fatto da tenere gelosamente nascosto, di cui non parlare in pubblico, men che meno coi maschi della famiglia.

L’abbiamo incontrata, tra un firma copie e un altro, per farci raccontare la genesi di questa opera, così potente nella sua innocenza e originalità da buttare giù i muri del pregiudizio. O almeno questo è l’intento. 

"Si può dire mestruazioni!" (BeccoGiallo)
"Si può dire mestruazioni!" (BeccoGiallo)

Irene con il suo fumetto, già dal titolo, sdogana un tabù.

“Sì è forte. E pensa che all’inizio della promozione è emerso che fino a poco tempo prima che uscisse questo libro addirittura sui social non era il caso di scrivere mestruazioni perché rischiavi che il post fosse bannato. Non si può dire da moltissimo mestruazioni, a quanto pare –ride –. C’è ancora tantissimo stigma, quindi si può dire ma diciamolo forte, così lo sentono tutti”.

Sembra quasi che ci sia timore a dire ad alta voce la parola mestruazioni in pubblico no?

“Sì e tra i bambini soprattutto. Pensa anche qui a Lucca, al padiglione Kids, c’è interesse da parte soprattutto dei genitori perché (il fumetto) è uno strumento. Ma c’è tanto imbarazzo, tanto ‘ah no ma io ho un maschio’ o ‘no ma mia figlia è troppo piccola’. Questo ovviamente in un pubblico ampio, ci sono delle nicchie dove questo fenomeno di destigmatizzazione è già cominciato. Non sono nicchie grandi però”.

I protagonisti sono una bambina e un bambino. Quindi ai maschi si può parlare di questo fenomeno senza che succeda loro qualcosa di brutto a sentirlo?

“Assolutamente sì – ride –. Ma in generale ai più piccoli e questo è stato uno dei punti più importanti, su cui abbiamo fatto le riflessioni più attente anche per riuscire ad includere in modo non paternalistico ma più onesto e corretto possibile. È meno semplice di quel che sembra”.

Perché?

“Ad esempio all’inizio capire che tipo di personaggio inserire, perché nella genesi viene subito il ‘palleggio’ madre-bambina, con la mamma che insegna alla figlia cos’è. Come inserire un bambino? Non è stato tutto il tempo uno specchio della bimba (nel libro sembrano gemelli, come il maschile e il femminile dell’infanzia, ndr), ci siamo arrivati. La bambina è nata con l’idea stessa del libro, il maschio è stato partorito con un po’ più di cura e attenzione perché è così che va somministrato l’argomento ai maschietti. Che non si sentono partecipi ma di fatto lo sono, perché si vive tutti insieme”.

Parlava della genesi del libro: quando le è venuta l’idea di trattare questo tema in questo modo?

“C’è stato un momento, a una fiera, in cui stavo chiaccherando con un’amica molto giovane, di al massimo 20 anni, e non so, a volte succede che si parli di menarca, di mestruazioni tra ragazze. Lei mi ha raccontato la storia delle sue prime e il suo racconto era perfettamente sovrapponibile a quello di mia madre che invece è nata nel 1952. E mi ha fatto veramente impressione perché mi parlava di una sorpresa, di una situazione inaspettata, terribile, in cui pensava di avere una malattia. Ho pensato che non è giusto, che bisognerebbe che le persone lo sapessero fin da quando sono in grado di capire le cose, perché così ci fanno i conti. Non è che non succede se non lo dici”.

Lei adotta quindi l’approccio prima lo sai meglio è?

“Sì. Io poi ho due figli quindi ho anche colto l’occasione e c’era un trasporto grande rispetto alla possibilità di fare una cosa anche per loro. Il pensiero certamente era anche rivolto a loro”.

Nel dibattito pubblico si parla di educazione sessuale e affettiva, di consenso, di rispetto per il corpo nostro e dell’altra persona. E il tema del ciclo mestruale, che sì riguarda le donne ma abbiamo capito anche i maschi, invece andrebbe anch’esso affrontato a scuola secondo lei?

“Io penso di sì. Una cosa che mi sono proposta con questo libro è di arrivare ai bambini più piccoli, la cosa più bella sarebbe entrare nelle scuole dell’infanzia. In questo momento storico in realtà quest’occhio all’educazione sessuale, educazione al consenso, si ha solo in quinta elementare quando i bambini sono già a un passo dalla pubertà, già molto formati rispetto a un sacco di funzionamenti. Invece secondo me sarebbe molto bello che questi argomenti facessero parte della formazione da prima”.

Magari trattandoli con un mezzo come il fumetto, più immediato...

“Mi piacerebbe che questo possa diventare uno strumento. Non so se nelle scuole pubbliche sia possibile prima della quinta elementare, ma magari in realtà più piccole, in cui c’è un’apertura diversa, una libertà diversa o si sono fatte scelte a monte diverse, può essere davvero un mezzo per parlarne ai piccoli.

Il linguaggio, qui dentro, è emotivo oltre che tecnico. Gli aspetti tecnici sono curati e controllati da medici, ma il modo in cui vengono raccontate le mestruazioni è molto emotivo, calibrato sulla giovane età”.

Progetti futuri all’orizzonte?

“Ci sono buone possibilità che l’anno prossimo sia un anno prolifico”.