Milano, il neonato abbandonato a Pasqua ha trovato una famiglia

Il piccolo è stato lasciato nella Culla per la Vita all'ingresso della clinica Mangiagalli. Accanto a lui una lettera della madre: "Mi chiamo Enea e la mamma mi vuole bene ma non può occuparsi di me"

di MARIANNA GRAZI -
10 aprile 2023
Neonato culla per la vita policlinico milano

Neonato culla per la vita policlinico milano

Il piccolo Enea, neonato lasciato la mattina di Pasqua dalla madre alla Culla per la Vita del Policlinico di Milano, ha già trovato famiglia. "Il tribunale - scrive il Policlinico - affiderà il piccolo a una famiglia che si era già resa disponibile ed era stata valutata idonea per accogliere un bambino abbandonato". Insieme al bimbo nella Culla è stata trovata anche una lettera firmata dalla madre, piena di parole di grande affetto. Un dono di rinascita che la donna ha fatto al suo bambino, un gesto di solidarietà dolorosa, espressione di un amore per la vita tutt'altro che banale.

La lettera della mamma

Il nome, Enea, era scritto nella lettera firmata dalla sua mamma lasciata insieme a lui davanti all'ospedale milanese. E, come un piccolo eroe dei nostri giorni, ha iniziato la sua avventura ancora in fasce. Trovato in buona salute, pesa circa 2,6 chili e la madre, nel foglio, racconta che il bambino "è super sano, tutti gli esami fatti in ospedale sono ok", accompagnando queste considerazioni a parole di grande affetto.
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Il piccolo Enea è stato lasciato il giorno di Pasqua nella Culla per la Vita del Policlinico di Milano, con una lettera firmata dalla mamma

"Sono nato in ospedale perché la mia mamma voleva essere sicura che era tutto ok e stare insieme il più possibile", si legge ancora nella lettera, una sorta di doloroso e commosso addio da parte di chi gli ha dato la vita e spera che, lasciandolo alle cure di medici e infermieri e in futuro a un'altra famiglia, Enea possa avere un futuro migliore di quello che lei sapeva di non potergli garantire. "È una cosa che pochi sanno - commenta Ezio Belleri, direttore generale del Policlinico di Milano - ma in ospedale si può partorire in anonimato, per la sicurezza di mamma e bambino".

L'appello del primario di Neonatologia

Il neonato è stato lasciato all'ingresso della Clinica Mangiagalli dell'ospedale, nella cosiddetta "Culla per la Vita" che, come spiega ancora Belleri, "permette di accogliere in totale sicurezza un bimbo che i suoi genitori non possono purtroppo tenere con sé. È una decisione drammatica, ma la Culla consente di affidare il piccolo ad una struttura dove gli sono garantite cure immediate e che preserva l'assoluto anonimato per i genitori". Quando è scattato l'allarme, nella tarda mattinata di Pasqua, il neonato è stato immediatamente preso in carico dal personale di neonatologia del Policlinico. "Con due dottoresse e le infermiere siamo andati giù, abbiamo preso il bimbo, lo abbiamo visitato e stava bene - dice all'AdnKronos Salute Fabio Mosca, direttore della Neonatologia e della Terapia intensiva neonatale -. Lo abbiamo portato su in reparto. Era avvolto in una copertina verde. Adesso è diventato un nostro bambino, nostro figlio. La mia speranza, però, è ancora che la sua mamma ci ripensi". "Vivo questo evento anche come una sconfitta a livello sociale, perché in qualche modo non siamo stati in grado di intercettare una madre in grande difficoltà. Vorrei che mi sapesse - continua rivolto alla donna - che può ancora riprendersi il suo bambino, noi possiamo aiutarla a farglielo crescere e che nulla è perduto".

La Culla per la Vita

La Culla per la Vita del Policlinico di Milano è stata attivata nel 2007. Riparata in un cono d'ombra, in un angolo discreto all'ingresso della Clinica Mangiagalli, al riparo dall'occhio indiscreto delle telecamere, si tratta di sistema hi-tech che mette il bebè abbandonato subito al sicuro. È strutturata in modo da avvisare immediatamente il personale sanitario, lasciando al contempo al genitore il tempo di allontanarsi: dal momento in cui il  bimbo viene accolto al suo interno, passano circa 40 secondi prima che un allarme discreto avvisi medici e infermieri.
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La Culla per la Vita all'ingresso della Clinica Mangiagalli

"Non è una 'ruota degli esposti', è molto di più", sottolineano i dottori del reparto maternità. La mamma che sceglie di lasciare il suo bebè deve solo schiacciare un pulsante. La saracinesca si alza e c'è una moderna incubatrice dove riporre il neonato: la temperatura, al suo interno, è di 37 gradi. E qui, ieri, nel giorno di Pasqua, è stato posto anche Enea. "Occasioni simili sottolineano come il sistema della Culla per la Vita sia fondamentale - spiega ancora Fabio Mosca - perché ci permette di accogliere il bimbo e di aiutare la mamma nella sua drammatica scelta, in tutta sicurezza".

I precedenti bebè abbandonati

Il piccolo Enea è il terzo bambino che viene posto nella Culla per la Vita della Mangiagalli di Milano, in 16 anni dalla sua attivazione. Prima di lui erano stati lasciati Mario e Giovanni. Era luglio 2012 quando un bebè piccolissimo, di appena 1,7 chili, nato prematuro (i medici stimavano alla 35esima settimana) forse in casa, era stato trovato all'ingresso della clinica; secondo i medici aveva più di 6-7 giorni. "Lo chiameremo Mario perché oggi si festeggia Santa Maria Goretti (era il 6 luglio, ndr) e si chiamerebbe come due protagonisti di questi giorni, il calciatore Balotelli e Monti", aveva annunciato l'allora primario, Basilio Tiso. Vicino a lui era stato lasciato un biberon con del latte materno e un paio di tutine. Piccoli segni di attenzione, presenti in ognuna di queste storie: anche nell'ultima, con la lettera lasciata dalla mamma di Enea. Quattro anni dopo è stata la volta di Giovanni: aveva già due mesi e pesava circa 6 chili quando è stato lasciato nella culla per la vita, l'1 febbraio 2016. La sua data di nascita (un giorno di novembre) era nota perché insieme al bimbo, dai folti capelli scuri e dalla pelle olivastra, c'era un cartellino che riportava questa informazione insieme a note sui vaccini". Il direttore di neonatologia Mosca ripensa ai tre neonati, "Tutti maschi. Ma la cosa che hanno in comune è anche un'altra: in queste storie c'è la disperazione di una mamma, che è attenta per il proprio bimbo e cerca di preservarlo". "Questi bebè sono stati tutti lasciati in ottime di condizioni. Per il piccolo Enea la mamma ha scritto nella breve lettera delle parole dolci e questo deve farci riflettere, interrogare. Perché se non riusciamo a intercettare il disagio di mamma che si trova in condizione di abbandonare un bimbo, certo per sua scelta, ci deve far riflettere. Forse non siamo ancora tanto bravi a cogliere i segnali allarme".