Odio e minacce contro Valentina Petrillo: transfobia alle Paralimpiadi

L’atleta sta ricevendo insulti e minacce online, dopo che è stata ufficializzata la sua partecipazione alle paralimpiadi di Parigi 2024, prima donna transgender nella storia dei Giochi ad essere ammessa nella gare femminili

di AMBRA NARDI -
19 agosto 2024
Valentina

Valentina Petrillo (Instagram)

Valentina Petrillo, 50 anni, sarà la prima atleta transessuale a competere alle Paralimpiadi. L’azzurra gareggerà nei 200m e nei 400m classe T12 – riservata a chi ha una disabilità visiva – nella quale alcuni corrono con un accompagnatore e altri senza. Petrillo, napoletana, è una donna transgender (assegnata uomo alla nascita) e, a causa della sindrome di Stargardt, è ipovedente dall’età di 14 anni.  

Valentina Petrillo
Valentina Petrillo

Prima di affrontare il percorso di affermazione di genere era già una persona sportiva, tanto da aver vinto 11 titoli nazionali paralimpici maschili. Ha avuto relazioni, un matrimonio, figli. Nel 2019 ha deciso di iniziare la transizione di genere per affermare quella che da troppo tempo sentiva essere la sua vera identità, rimasta celata, tenuta nascosta. Nel 2020 ha cominciato a gareggiare nel settore femminile. Dopo il bronzo ai Mondiali dello scorso anno, esordirà all’appuntamento più importante, le Paralimpiadi di Parigi in programma dal 28 agosto all'8 settembre. 

L’odio sui social 

Dopo il caso di Imane Khelif, la pugile campionessa olimpica coperta di polemiche per il suo iperandroginismo e inondata d’odio ingiustificato “anti-gender” dopo l’incontro con l’italiana Angela Carini, la vicenda di Petrillo sta suscitando nuove polemiche. Omofobe. Di nuovo. 

“Tutti con limiti fisici, tu con limiti mentali, “Sei un uomo e vai a competere con le donne, che vergogna, fai schifo”, “È proprio scarso. Non riesce nemmeno a vincere contro le donne…”, “mezzo ibrido disabile”: questi sono solo alcuni dei commenti che Valentina Petrillo riceve quotidianamente sui suoi profili social da parte di hater, persone ignoranti e leoni da tastiera che credono così di difendere gli interessi delle atlete paralimpiche nate biologicamente donne. A causa delle minacce ricevute, l’anno scorso l’atleta ha rinunciato a partecipare ai Mondiali Master in Polonia.

La qualificazione contestata

La qualificazione di Petrillo per Parigi 2024 è stata contestata da un'atleta spagnola, rimasta fuori dai Giochi essendo arrivata quarta dietro l'italiana ai Mondiali. Melani Bergés Gàmez, 34 anni, non vedente al 90% come conseguenza dell’albinismo, ha protestato sostenendo che una transgender non possa confrontarsi con le donne, essendo avvantaggiata dal fisico.

“Sono alta un metro e 70 e Valentina mi supera con tutta la testa e oltre – dichiarò al quotidiano spagnolo El Mundo in quell’occasione –. Difendo i diritti delle donne cisgender (per le quali l'identità di genere coincide con il sesso assegnato alla nascita, ndr), ma non significa che odi le trans. Però non possiamo competere con persone geneticamente superiori”. Gàmez fu a sua volta minacciata di morte sul web.

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La World Athletics (ex Iaaf, Federazione internazionale di atletica leggera) non permette a chi è in transizione di genere (a meno che non sia avvenuta prima della pubertà) di gareggiare nelle gare femminili, mentre il Comitato paralimpico internazionale, che organizza i Giochi di Parigi, lo consente. Il sogno olimpico di Petrillo è stata osteggiato anche in Italia, quando ai campionati nazionali le altre atlete hanno chiesto di non farla entrare negli spogliatoi femminili in quanto ancora dotata di organi genitali maschili.

Odiare non è uno sport 

Sui profili social di Valentina Petrillo compare un manifesto online con scritto “Odiare non è uno sport: Insieme contro ogni forma di hate speech e discriminazione nello sport”. Perché il dialogo tra punti di vista differenti è fondamentale, ma l’ostilità e il disprezzo non portano a nessun tipo di condivisone costruttiva. 

Instagram
La campagna "Odiare non è uno sport" sui social di Valentina Petrillo (Instagram)

Nelle ultime dichiarazioni la cinquantenne originaria di Napoli – città dalla quale ha detto di essere andata via molti anni fa per paura – ha affermato: "La mia presenza è un importante momento di riflessione per tutti, può essere d'aiuto anche sul fronte del linguaggio. C'è un modo corretto di parlare con le persone disabili, con le persone del mondo Lgbt, con tutte le persone per così dire “diverse”. Spesso il linguaggio lascia molto a desiderare, certe convenzioni fanno male alle nostre vite, come ad esempio usare il nome della nostra precedente vita (comunemente detto “dead name”, ndr). C'è discriminazione dal punto di vista linguistico verso le persone trans e disabili”.