“Avere la netta impressione di essere trattati alla stregua di pacchi postali, non è per niente piacevole”. Patrizia Saccà, pluripremiata ex atleta paralimpica, vittima di una brutta disavventura in aeroporto, non ci sta. “In realtà – spiega la torinese – i problemi che ho avuto sono stati duplici: il primo a Torino Caselle e poi a Monaco dove l’aereo ha fatto scalo prima di ripartire per Fuerteventura, la mia destinazione”.
"Al check-in – racconta Saccà – ho trovato una persona che, a causa della mia carrozzina con ruotino elettrico azionato da una batteria al litio, non dissimile da quella di un computer, ha cominciato a sollevare una serie infinita di difficoltà sulla possibilità di imbarco. Questo ha comportato un’enorme perdita di tempo, impedendomi di andare in bagno, con l’aereo pronto al decollo. Una volta arrivati a Monaco mi hanno fornito una carrozzina messa a disposizione da quell’aeroporto, incappando stavolta nella maldestrezza di un addetto che aveva dimenticato di togliere il freno alla ruote. Dovevo servirmi assolutamente della toilette dopo tante ore, perciò sono stata costretta a compiere sforzi enormi per guadagnare il bagno con il rischio, stavolta, di perdere l’aereo o costringerlo ad aspettarmi senza che ne avessi alcuna responsabilità. Ho pianto per la rabbia e l’umiliazione”.
Patrizia Saccà che, dopo un passato di atleta del tennis da tavolo, numerose vittorie e la conquista di titoli a livello internazionale, è oggi allenatrice e componente nazionale della giunta del CIP ma anche insegnante di discipline yoga, oltre che essere autrice di libri. In questa veste partecipa a convegni autorevoli come nel caso di quello che l’ha vista protagonista presso l’Associazione spirituale diretta da padre Guidalberto Bormolini, ‘Tutto è Vita’. I suoi impegni lavorativi uniti a una curiosità inesauribile la portano spesso a viaggiare anche in luoghi lontani del pianeta, senza che la sua condizione rappresenti un fattore realmente condizionante.
Le capitano spesso episodi come quello dei giorni scorsi?
“Per fortuna no. Forse quello che mi è successo potrebbe essere frutto di strane congiunzioni astrali, mettiamola così. In realtà so bene come l’aeroporto di Caselle disponga di un personale ben preparato ad accogliere e seguire persone con difficoltà, così quanto accaduto credo rappresenti davvero un’eccezione. È piuttosto a Monaco che le cose si sono molto complicate per me, a causa di una disattenzione che mi ha creato grande imbarazzo e vero e proprio disagio. È necessario rendersi conto che la questione dell’uso dei bagni per chi ha problemi di mobilità non è secondaria.
In aereo a causa dello spazio angusto non è possibile accedervi in carrozzina, a meno che non si viaggi in prima classe, che dispone di servizi un po’ più grandi. Quindi parlo a nome di tutti coloro che sono portatori e portatrici di disabilità: sarebbe l’ora che le compagnie aeree cedessero a prezzi ragionevoli i posti in prima a chi ne ha assolutamente bisogno. Se esistono agevolazioni sui treni o in bus non vedo per quale ragione non debba essere lo stesso per gli aerei, a bordo dei quali si passano anche tantissime ore”.
Lei viaggia spesso: usa anche la macchina?
“Certo, decisamente sì. Mi sposto con frequenza e in genere senza eccessive complicazioni, salvo quando mi imbatto nella assai diffusa inciviltà delle persone che ti fregano il posto riservato alle persone disabili. Ecco quello mi fa arrabbiare molto, pensando a quanti, ancora in condizioni più sfortunate delle mie e magari con un carattere meno battagliero, sono costretti a soccombere alla prepotenza altrui. Poi esistono anche i noti problemi legati all’accessibilità, che solo pochi comuni in Italia sono riusciti in qualche misura a risolvere.
Comunque viaggiare resta per me la cosa più gratificante e bella, e lo faccio anche per raggiungere posti lontani ed esotici laddove mi porta la mia ricerca spirituale, come nel caso dell’India o della Cina ad esempio. Quando prendo l’aereo imbarco sempre la mia carrozzina che è in fibra di carbonio ed è leggerissima, pesa meno di una bicicletta. Tengo molto alla mia autonomia e voglio sentirmi in ogni situazione a mio agio e quanto più possibile indipendente”.
Si è mai sentita discriminata a causa della sua condizione?
“No, mai. Non l’ho semplicemente permesso. La mia è una personalità decisa e l’atleta che è in me continua a vivere intera e competitiva, nonostante l’età. Dopo l’incidente che mi ha rotto la spina dorsale a 13 anni ho fatto il possibile per dimenticare di essere una persona costretta su una sedia a rotelle, ma soprattutto ho fatto sempre in modo che anche tutti gli altri se ne dimenticassero”.