La felicità è uno strumento di lotta politica, una necessità basilare di espressione, un folgorante canto di sirena. Porpora (Marcasciano) trae il suo nome da una folgorazione narrativa, quella per il personaggio di Porporino, soprano eunuco che narra una tenebrosa storia di alchimia e manie accaduta nella Napoli settecentesca, nel celebre romanzo omonimo di Dominique Fernandez (1974), su cui aleggia la cupa figura di Raimondo di Sangro, principe di Sansevero. La sua prosa ha ricostruito felicemente l’esperienza transessuale nella Storia italiana, così a lungo negata e disconosciuta, raccogliendo testimonianze oscurate, ricucendo memorie tralasciate, connettendo fili. La sua autobiografia (pubblicata in seconda edizione da Alegre nel 2014) ha come titolo Antologaia: vivere sognando e non sognare di vivere. Gli anni ’70 dal luogo natìo in una provincia campana, a Roma, in mille altri luoghi, in un puntuale on the road alla ricerca di incontri, scontri, di affermazioni, dichiarazioni, riconoscimenti. Nel frattempo, nella cronaca frenetica di decenni furibondi, tra persecuzioni e rivendicazioni, Porpora raccoglieva una cronaca segreta, quella di cui dava conto nel bel libro, edito una prima volta da Manifestolibri nel 2002 (da poco riproposto nel 2020 da Alegre), Tra le rose e le viole, in cui narrava per filo e per segno "la storia e le storie di transessuali e travestiti".
Come titolava un volume di larga fortuna qualche decennio fa la scrittura di Porpora indaga "le parole per dirlo", il modo in cui raccontare tutte le implicazioni della metamorfosi. L'introduzione alla recente ripubblicazione di questo volume, spiega la suggestione del titolo. “Tra le rose e le viole è il titolo di una filastrocca di quando andavo all’asilo. Le suore la insegnavano alle bambine che la cantavano facendo il girotondo. Mi piaceva molto. Essendo un maschietto non potevo entrare nel girotondo delle bambine e quando ci riuscivo ero davvero felice. L’incanto veniva rotto dal rimprovero delle suore e dalle urla di scherno degli altri bimbi. Quando tornavo a casa nella mia cameretta giravo in tondo, sognavo e cantavo: Tra le rose e le viole...". "Ho scelto il motivetto della mia infanzia per farlo diventare il filo conduttore di questo lavoro di ricerca che ricostruisce, attraverso il racconto e le testimonianze dirette, l’esperienza transessuale in Italia, dalla fine degli anni Cinquanta in cui è cominciata a essere visibile, fino a oggi". Una vicenda di conquiste e di rifiuti, che ora è possibile seguire anche nel film "Favolose" di Roberta Torre (2022), che utilizza un termine centrale nel titolo di un altro libro di Porpora: Favolose narranti, uscito da Manifestolibri nel 2008.
Ora il Museo Mambo di Bologna dedica a Porpora una mostra dal titolo "Non sono dove mi cercate", a cura di Michele Bertolino. Il collage è in primo luogo tecnica delle opere esposte, di materiali d’epoca (fanzine, fogli di discussione, tessere di appartenenza, lampi di club che non ci sono più), ma anche del sonoro di mille manifestazioni, dibattiti, colloqui, diatribe. Opere che hanno vissuto traslochi, cambiamenti e che spesso, come voleva una suggestione hippy, erano nate per essere vendute per strada, a chi ne apprezzasse la seduzione ruvida, tra sesso e mitologia. Compaiono suggestioni psichedeliche e lampi di notti metropolitane, è evidente una idea di produzione estetica come intervento militante. Già presidente del MIT (Movimento Identità Trans), in passato e nell’attualità deve affrontare una cronaca spesso pesante di discriminazione, ma sempre tenendo come basso continuo l’antica folgorazione di Magenta nel Rocky Horror: “non sono dove mi cercate ma da dove vi guardo ridendo”.
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