Quello di Giulia Tramontano non è stato ‘solo’ un femminicidio. Non è stata un episodio nato e concluso sul momento, quello che spesso erroneamente viene definito ‘un raptus’, né il gesto violento di un uomo che all’improvviso diventa un assassino della donna che diceva di amare. “Oggi percorreremo brevemente le tappe fondamentali di un viaggio nell'orrore”. Ad assistere, in aula, i familiari della vittima tra cui la madre Loredana Femiano, il padre Franco e il fratello Mario.
Così che lo definisce la pm Alessia Menegazzo all'inizio della sua requisitoria nel processo a carico di Alessandro Impagnatiello per l'omicidio pluriaggravato della fidanzata incinta di sette mesi. Un delitto compiuto quando era lucido e consapevole delle sue azioni, con crudeltà e premeditazione: a dieci mesi dall’inizio del processo l’accusa, ha chiesto la condanna all’ergastolo con 18 mesi di isolamento diurno.
Per la procura quel percorso a tappe nelle profondità del male più assoluto, quello senza scampo né via di uscita, non è stato influenzato dai tratti narcisistici, psicopatici e manipolatori della personalità dell’ex barman dell’Armani caffè. “Un orrore che ha portato all'omicidio di Giulia Tramontano e del suo bambino – aggiunge la procuratrice – trucidati con 37 coltellate con inaudita violenza il 27 maggio del 2023”. Una data simbolo, che è rimasta impressa nella coscienza pubblica italiana, incisa col fuoco e il sangue della vittima. Ma quella data “è solo l'epilogo drammatico di un piano omicidiario iniziato molti mesi prima”.
Menegazzo, in uno dei passaggi della requisitoria l’ha definito un “progetto mortale a lungo premeditato” per uccidere la compagna, la cui sorte sarebbe stata decisa al momento in cui ha annunciato di essere incinta. Quell’annuncio di nuova vita, quella notizia di gioia, felice, diventa infatti una “condanna a morte” per Tramontano. I motivi, quelli veri che hanno spinto Impagnatiello a quel piano
“È un bugiardo. È uno psicopatico e senza scrupoli. Non c'è nessun segno di difesa nella povera Giulia, nessuno. Questo perché lui, quando è tornato a casa, ha organizzato un vero e proprio agguato. Qui davanti a voi ha raccontato una storia che non ha senso. La scena del crimine è stata preparata con estrema cura”. Tra le menzogne menzionate dal pubblico ministero, anche quella sul veleno per topi, che Impagnatiello aveva detto in aula di aver somministrato alla compagna per due volte allo scopo di indurle un aborto.
“Ha provato a manipolare tutti i dati processuali: c'è stato un avvelenamento sistematico. Ha provato a farci credere che il topicida era diretto all'interruzione della gravidanza e, smentendo tutti i risultati scientifici dell'autopsia, ha detto che le avrebbe somministrato veleno solo due volte. Peraltro - ha aggiunto la pm - in una scena raccapricciante da film dell'orrore, cioè mentre Giulia dormiva. Non è andata così. La quantità di veleno purtroppo era tale da aver superato la placenta. Non sono state due somministrazioni".